Te ne sei andato per farla nascere

**15 ottobre**

Alessia aveva apparecchiato la tavola, messo sul fuoco una minestra di verdure e dorato al forno le focaccine ripiene di patate e cavolo. Fin da piccola credeva che la via per il cuore di un uomo passasse dalla cucina. Si sforzava, sperava, credeva ancora. Cinque anni di matrimonio, e nulla. Nessun rumore di piccoli passi, né pianti nelle notti. I medici annuivano: “C’è speranza”, ma suo marito rifiutava di fare i controlli. Matteo si allontanava sempre di più, diventava irritabile, freddo, impulsivo. E la suocera non perdeva occasione per accusarla.

“Non mi dai nipoti perché non sei capace!” urlava Lucia. “Mio figlio è sano, sei tu che in gioventù hai fatto chi sa cosa!”

Alessia piangeva di nascosto. Aveva visitato decine di medici, fatto esami, provato cure. Tutto inutile, senza la collaborazione di Matteo. Lui, però, non la sosteneva: se ne andava sbattendo la porta, gridando che tra loro non c’era più nulla, se non il mutuo.

Eppure, lei sperava ancora.

Quella sera, come sempre, aspettò il suo ritorno dal lavoro. L’odore del cibo riempiva la casa, ma invece di un saluto, sentì:

“Che casino hai combinato in cucina?” borbottò Matteo, fissando i piatti nel lavandino.

“Stavo preparando da mangiare…” iniziò lei, ma lui la interruppe.

“Non importa. Siediti. Devo dirti una cosa.”

Il cuore di Alessia accelerò.

“Tutto questo…” fece un gesto vago. “Quello che c’è tra noi… non ha senso. C’è un’altra. Ci amiamo. Chiederò il divorzio.”

Restò pietrificata. Un attimo prima c’erano focaccine fumanti sul tavolo, ora la sua vita crollava.

“E i nostri sogni?” sussurrò.

“Ho progetti diversi ora. Voglio ancora un figlio. Ma con un’altra.”

Se ne andò. Per sempre.

Poi, fu un incubo: tribunali, divisione dei beni, rimproveri, umiliazioni. Lucia pretese la casa—dopo tutto, il suo “figlio d’oro” non aveva avuto eredi. Nessuno compatì Alessia. Nemmeno sua madre riusciva a consolarla.

“Sei ancora giovane,” ripeteva Isabella. “La vita ricomincia.”

“Non voglio più amore, né uomini,” singhiozzava Alessia. “Sono spezzata.”

Ma Isabella non si arrese. Accompagnò la figlia da altri medici, la tirò fuori dalla depressione, insisté perché non si desse per vinta.

Alla fine, Alessia cedette—solo per la mamma. Nuovi esami, cure, lavoro, rare uscite con le amiche. Cercava di non pensare al passato, viveva come poteva. Credeva che il suo cuore fosse chiuso per sempre.

Fino all’arrivo di Davide.

“Non chiedo del tuo passato,” disse lui. “Voglio costruire un futuro con te.”

“Ma potrei non darti figli,” confessò.

“Allora prenderemo un gatto. O un cane, se vorrai. Basta che tu resti con me.”

Insieme, comprarono un appartamento a Roma, si sposarono, adottarono un gattino. Alessia tornò a ridere. Imparò di nuovo a essere felice.

Cinque anni dopo, nacquero Sofia e Tommaso. Alessia stentava a crederci. Era amata e viveva nella serenità. Cercava di non ripensare a prima.

Ma un giorno, in città, incrociò Lucia.

“Stai bene,” disse la suocera con sarcasmo. “Trovato un altro riccone?”

“Sono solo felice,” rispose tranquilla. “E voi?”

“Maledizione, con Matteo,” sospirò l’altra. “È al terzo matrimonio. Nessuna va bene. Tu, a quanto pare, eri la migliore.”

Alessia sorrise senza rispondere. Non voleva gioire.

“Hai figli?” domandò Lucia.

“Non siamo così intimi.”

“Matteo non ne ha ancora… forse dovreste riprovare!” gridò dietro di lei.

“No, grazie,” replicò Alessia allontanandosi.

Solo girato l’angolo, capì davvero: tutto era accaduto per una ragione. Se ne era andato chi non meritava di restare, per far posto a chi l’aspettava da sempre.

E a chi, ora, dava un senso alla sua vita.

**Lezione:** A volte il dolore è solo un passaggio verso la luce. Chi non ti vuole ti libera, per chi sa amarti davvero.

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