**Tempesta in Casa: Il Dramma di Beatrice**
Stanotte mi sono svegliato di soprassalto, pensando a quanto la vita possa essere complicata. Mia moglie, Beatrice, aveva appena salutato mio figlio Luca, partito per il lavoro, e sognava un attimo di pace nella nostra accogliente casa a Firenze. Ma il campanello suonò con insistenza, rompendo il silenzio.
— Apri, svelta! — la voce acre di mia suocera, Rosa Maria, risuonò oltre la porta.
Beatrice, turbata, aprì. Rosa Maria era lì, gli occhi carichi di determinazione.
— Rosa Maria, è successo qualcosa? — chiese con cautela, sentendo il cuore stringersi per un brutto presentimento.
— Dormivi ancora? Su, prepara la stanza! Mi trasferisco qui! — annunciò come se fosse una sfida.
— Cosa? Perché? — Beatrice rimase paralizzata, incapace di credere alle sue orecchie.
Nostra famiglia stava vivendo un periodo di felicità: Beatrice era al quinto mese di gravidanza. Ma quella gioia era offuscata da Rosa Maria. Da quando aveva scoperto del nipote, aveva soffocato Beatrice con una “cura” opprimente, dalla quale mia moglie avrebbe voluto fuggire.
Rosa Maria adorava Luca, ma la sua attenzione verso Beatrice era fastidiosa. Ogni sua parola era un miscuglio di veleno e falsi complimenti.
— Ti guardo e mi preoccupo — disse una volta, apparendo senza invito.
— Per quale motivo? — chiese Beatrice, sorpresa.
— Hai mai guardato il tuo riflesso? — fece l’occhiolino. — Sei magra come un chiodo! Hai il bacino stretto, come farai a partorire? Solo gli occhi sono belli… forse è per quelli che mio figlio ti ha sposata.
Beatrice era scioccata. Complimento? Offesa? Non sapeva come reagire.
— Da piccola sarai stata malaticcia — continuò Rosa Maria. — Dove avevano la testa i tuoi genitori?
— Non sono mai stata malata! — sbottò Beatrice. — I miei mi portavano al mare ogni estate!
— Proprio perché eri delicata! Hai solo dimenticato! — concluse, come se chiudesse la questione.
Era il suo stile: mai un elogio senza una pugnalata. Faceva eccezione solo per Luca e sua sorella Giulia, che viveva a Milano. Per loro, era solo amore incondizionato.
Al settimo mese, Beatrice non temeva il parto, ma la prossima visita di Rosa Maria. Addirittura voleva cancellare il suo compleanno, pur di non vederla. Ma io insistetti:
— Voglio farti felice, Bea. Una festa in famiglia è una gioia!
Abituale ai modi di mia madre, non notavo quanto quelle parole ferissero Beatrice.
— Perché non festeggiamo a casa? — proposi una settimana prima. — Al ristorante c’è troppa gente, e con la gravidanza è rischioso.
— Perché proprio a casa? — chiese senza entusiasmo.
— Tra poco partorirai, meglio evitare malattie.
— Va bene — sospirò. — Ma niente banchetti, non ho energia per cucinare.
— Mamma verrà prima, ci aiuterà! — annunciai felice.
Beatrice impallidì.
— È stata lei a suggerire di festeggiare qui?
— Ma che c’entra? L’ho deciso io!
— Certo, come sempre! — scattò lei.
— Bea, mamma vuole solo il nostro bene!
— Basta! Festeggiamo qui, ma sarà mia madre ad aiutarmi!
— I tuoi vengono da lontano, mamma abita qui vicino.
— Arriveranno la sera prima e resteranno a dormire! — tagliò corto.
— Perché questa ostilità?
— Un’altra parola e chiederò a mio padre di portare il cane! — gridò.
— Lo sai che odio i cani.
— Esatto! — E sbatté la porta.
La vigilia del compleanno, i genitori di Beatrice, Anna e Marco, arrivarono con regali e vestiti per il bambino. Anna non era superstiziosa, comprava tutto in anticipo. Noi avevamo già comprato culletta e passeggino, ma lo nascondevamo a Rosa Maria.
— Mamma, non dirle nulla delle cose per il bambino — pregò Beatrice.
— È ancora fissata con le sue superstizioni?
— Non mi lascia respirare. Da quando sono in maternità, tremo ogni volta che squilla il citofono.
— Con Luca come va?
— Lui è un angelo. Ma lei…
— Non è giusto — disse Anna decisa. — Domani gliene parlerò io.
— No, mamma!
— Sono tua madre da trent’anni, non permetterò che ti tormenti!
La mattina del compleanno, Anna e Marco erano già in cucina.
— Figlia mia, buon compleanno! — Marco abbracciò Beatrice.
— La nostra stellina, sii felice! — aggiunse Anna.
Beatrice mostrò il mio regalo: un anello e i biglietti per una mostra che sognava di vedere.
— Hai un marito fortunato! — rise Marco. — Io non ricordo mai cosa piace a tua madre.
Dopo colazione, squillò il citofono. Era Rosa Maria.
— Oh, i suoceri! Finalmente vi degnate di venire? Non vedevo la mia nuora incinta da mesi.
Anna rispose a tono:
— Noi, cara Rosa Maria, rispettiamo la privacy dei giovani, a differenza di chi si presenta senza invito. Però i soldi glieli mandiamo sempre puntuali.
Rosa Maria tacque, colpita. La festa fu tesa, io e Beatrice cercammo di evitare litigi.
Il giorno dopo, i suoi genitori partirono. Io andai al lavoro, e Beatrice cercò di riposare. Ma il citofono suonò di nuovo.
— Apri! — ringhiò Rosa Maria.
Beatrice la fece entrare, nervosa.
— Che succede?
— Ancora a letto? Alzati, prepara la stanza! Mi trasferisco qui, il parto è vicino!
Beatrice rimase senza parole. Vivere con lei? Un incubo.
— Non è necessario, io e Luca ce la caviamo. Dove vorresti stare? In soggiorno?
— Ma figurati! Comprerete un divano e lo metterete nella cameretta. Starò con mio nipote, mi occuperò di lui!
Beatrice tremò. Chiamò me al telefono. Tornai di corsa e dissi a mia madre:
— Mamma, torna a casa. Basta, sono adulto.
Rosa Maria esplose:
— Ingrati! Non mi vedrete più!
Fino al parto, nessun disturbo. Il giorno della dimissione, però, si presentò all’ospedale. Ci facemmo le foto, poi tornammo a casa. Anna e Marco, vedendo Beatrice stanca, se ne andarono presto.
Ma Rosa Maria annunciò:
— Io resto. I giovani hanno bisogno di aiuto!
Beatrice stava per piangere. Anna intervenne:
— Aiuta Giulia quando avrà figli. Qui ci sono io.
— Con che diritto mi cacciate? Voi non vi curate di mio nipote!
La lite si infiammò. Dovetti portare via mia madre. Le dissi chiaro:
— Senza invito, non entrerai più qui.
Lei provò a discutere, ma fui irremovibile. Ora non ci parla, aspetta le nostre scuse. Ma noi non ci sentiamo in colpa.
**Lezione:** A volte, il confine tra amore e controllo è sottile. E proteggere la propria famiglia non è mai un errore.