Qualche giorno fa, mia sorella maggiore, Giovanna, mi ha invitata a casa sua. Mi ha proposto di vederci per un caffè, due chiacchiere e un po’ di complicità, come ai vecchi tempi.
La mia famiglia è numerosa: un fratello maggiore e diverse sorelle. Giovanna ha 38 anni ed è mamma di quattro bambini. Poi c’è Raffaella, la sorella di mezzo, che ha 34 anni. Mio fratello Luca ne ha 32, mentre io, la più piccola, a 27 anni sto ancora cercando di costruirmi una vita. Dopo di me ci sono due gemelle, che ne hanno 25, e ognuna di loro ha già tre figli. Insomma, siamo una famiglia chiassosa, piena di impegni e responsabilità, e per questo le occasioni per ritrovarci sono rare. Perciò quando ho ricevuto l’invito, sono stata davvero felice.
Giovanna mi ha detto di presentarmi per pranzo, senza lasciare spazio a obiezioni. Subito mi sono chiesta cosa portare ai nipoti. Di solito li vizio con dolci, giochini o libri, ma ultimamente i soldi scarseggiano. Sto mettendo da parte qualcosa per l’anticipo di un appartamento, e ogni euro conta. Alla fine ho pensato che della frutta sarebbe stata una scetta salutare e gradita, così ho comprato alcuni chili di pere mature. Con questo piccolo dono sono partita per il paesino fuori Roma dove vive mia sorella.
Giovanna mi ha accolta con affetto. Appena varcata la porta, però, i suoi bambini si sono avventati su di me urlanti di gioia. Lei intanto è sparita in cucina a preparare il caffè. Sulla tavola, già apparecchiata, c’erano piattini da dolce e una paletta per la torta. Tutti sembravano aspettarsi che, come al solito, portassi qualcosa di goloso e abbondante. Invece, ho tirato fuori il sacchetto con le pere.
In un attimo, l’atmosfera è cambiata. I bambini, che poco prima ridevano, sono rimasti in silenzio. Hanno guardato le pere, poi me, e come se fossero d’accordo, hanno spinto via il sacchetto. Senza una parola, se ne sono andati in camera loro. Io ero sconcertata. Giovanna, sulla soglia della cucina, mi ha fissata con un’espressione che sembrava quasi d’accusa. E poi è cominciato tutto.
“Davvero, Sofia? Pere?” – la sua voce tremava di irritazione. – “Hai deciso di risparmiare sui miei figli? Se non vuoi spendere, potevi anche non venire.”
Ho provato a spiegarle che in questo momento ho qualche difficoltà economica, che sto cercando di mettere da parte per il futuro. Ma le parole mi si strozzavano in gola. Mi sentivo umiliata, come se quel piccolo gesto fosse diventato un pretesto per giudicarmi su tutto.
“Sai una cosa, Giovanna? Se per te contano solo i dolci e non la mia presenza, allora a che serve parlare?” le ho detto, cercando di non alzare la voce.
Il caffè è rimasto lì, intatto. Ho preso la giacca e sono uscita sbattendo la porta. Nel petto mi ribolliva un mix di rabbia, dolore e delusione. Sono passati giorni, ma ancora non riesco a smaltire la cosa. Non so se potrò guardare mia sorella senza sentire quell’amarezza.
Ogni volta che ripenso a quel giorno, mi chiedo: è davvero colpa delle pere? O è qualcosa di più profondo, che si è accumulato negli anni? Forse è il fatto che, ormai così diverse, abbiamo smesso di capirci. Non ho risposte, ma una cosa la so: quella giornata ha creato una crepa tra noi, e non sono sicura che si possa riparare.