Tempesta nella famiglia

**Tempesta in Famiglia**

Qualche giorno fa, mia sorella maggiore Elisabetta mi ha invitata a casa sua. Voleva che ci vedessimo per un caffè, per parlare della vita, come ai vecchi tempidi.

La mia famiglia è numerosa: un fratello maggiore e diverse sorelle. Elisabetta ha 38 anni ed è madre di quattro bambini. La sorella di mezzo, Beatrice, ha quattro anni in meno, 34. Mio fratello, Matteo, ne ha 32, mentre io, la più piccola, a 27 anni sto ancora cercando la mia strada. Dopo di me ci sono due sorelle gemelle, Sofia e Chiara, di 25 anni, e ognuna di loro ha già tre figli. La nostra è una famiglia chiassosa, piena di impegni, e raramente ci ritroviamo tutti insieme. Per questo, l’invito di Elisabetta mi ha riempito di gioia.

Mi ha detto di presentarmi a pranzo, senza possibilità di rifiuto. Ho pensato subito a cosa portare ai nipoti. Di solito li vizio: giocattoli, dolci, caramelle, a volte persino libri. Ma stavolta i soldi scarseggiavano. Sto risparmiando per l’anticipo di un appartamento, e ogni euro conta. Alla fine, ho optato per la frutta, sana e gradita, e ho comprato due chili di pere mature. Con questo semplice regalo, sono partita per il paesino fuori Bologna dove vive mia sorella.

Elisabetta mi ha accolta con affetto. Appena varcata la soglia, i suoi bambini mi sono corsi incontro, ridendo e gridando. Lei è subito sparita in cucina per mettere sul fuoco la moka. Nell’aria c’era un’attesa palpabile: sul tavolo erano già apparecchiati i piattini da dolce, e accanto giaceva la paletta per tagliare la torta. Tutti sembravano aspettarsi che, come al solito, avrei portato qualcosa di dolce e speciale. Invece, ho posato sul tavolo la busta con le pere.

E l’atmosfera è cambiata all’istante. I bambini, che ridevano poco prima, sono rimasti in silenzio. Hanno guardato le pere, poi me, e come d’accordo hanno spinto via la busta. Senza una parola, sono scappati in camera loro. Sono rimasta senza parole. Elisabetta, ferma sulla soglia della cucina, mi ha fissata con un’espressione che sembrava accusarmi di un crimine. Poi è iniziato tutto.

— Davvero, Carla? Pere? — La sua voce tremava di irritazione repressa. — Hai deciso di risparmiare sui miei figli? Se non vuoi spendere, potevi anche non venire!

Ho provato a spiegare che sono in difficoltà economica, che sto cercando di mettere da parte qualcosa per il futuro. Ma le parole mi si sono incastrate in gola. L’amarezza mi ha invasa. Mi sono sentita umiliata, come se quel piccolo gesto fosse diventato un pretesto per giudicarmi.

— Sai, Elisabetta, se per te contano solo i dolci e non io, allora che senso ha parlare? — ho detto, trattenendo le lacrime.

Il caffè è rimasto intatto. Ho afferrato il cappotto e sono uscita, sbattendo la porta. Nel petto ribollivano rabbia, dolore e delusione. Sono passati giorni, ma ancora non riesco a riprendermi. Non so se potrò guardare mia sorella senza sentire questo rancore.

Ogni volta che ripenso a quel pomeriggio, mi chiedo: era solo per le pere? O c’è qualcosa di più profondo, che covava da anni? Forse è perché siamo diventate così diverse da non capirci più. Non ho risposte, ma una cosa è certa: quel giorno ha lasciato una crepa tra noi, e non so se si potrà mai riparare.

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