**Tempesta in Famiglia**
Qualche giorno fa, la mia sorella maggiore, Beatrice, mi invitò a casa sua. Mi propose di incontrarci per un caffè, chiacchierare della vita, come ai vecchi tempi.
La mia famiglia è numerosa: un fratello maggiore e diverse sorelle. Beatrice ha 38 anni ed è madre di quattro figli. La sorella di mezzo, Claudia, ha quattro anni meno di lei, 34. Mio fratello Luca ne ha 32, mentre io, la più piccola, a 27 anni sto ancora costruendo la mia vita. Dopo di me ci sono due gemelle, entrambe di 25 anni, e ognuna ha gia tre figli. La nostra famiglia è rumorosa, piena di vita, e ognuno ha le proprie preoccupazioni. Per questo, incontri come quello erano rari, e fui davvero felice dell’invito.
Beatrice mi disse di aspettarmi per pranzo, senza lasciare spazio a obiezioni. Subito pensai a cosa portare ai suoi bambini. Di solito, li viziavo: giocattoli, pasticcini, caramelle, a volte persino libri. Ma stavolta i soldi scarseggiavano. Stavo risparmiando per l’anticipo di un appartamento, e ogni centesimo contava. Decisi allora che la frutta sarebbe stata un regalo semplice ma gradito, e comprai qualche chilo di pere mature. Con questo dono modesto, partii per il paesino fuori Milano dove vive mia sorella.
Beatrice mi accolse con calore. Appena varcai la soglia, i suoi figli mi corsero incontro, allegri e chiassosi. Lei si affrettò in cucina per preparare il caffè. Nell’aria si percepiva l’attesa: sul tavolo c’erano già i piattini da dessert, e accanto una paletta per la torta. Sembrava che tutti si aspettassero, come al solito, qualcosa di dolce e sontuoso. Invece, porsi la borsa con le pere.
E l’atmosfera cambiò all’istante. I bambini, che ridevano poco prima, ammutolirono. Guardarono le pere, poi me, e quasi d’accordo, allontanarono la borsa. Senza dire una parola, se ne andarono in camera loro. Rimasi sconcertata. Beatrice, sulla soglia della cucina, mi fissò con un’espressione che sembrava accusarmi di chissà quale colpa. E poi iniziò.
— *Davvero, Sofia? Pere?* — La sua voce tremava di irritazione repressa. — *Hai deciso di risparmiare sui miei figli? Se non vuoi spendere, potevi anche non venire.*
Provai a spiegare che in quel momento le cose andavano male, che stavo mettendo da parte soldi per il futuro. Ma le parole mi si bloccarono in gola. L’amarezza mi travolse. Mi sentii umiliata, come se quel modesto gesto fosse diventato un pretesto per giudicare la mia intera esistenza.
— *Sai cosa, Beatrice? Se per te contano solo i dolci e non io, allora che senso ha parlare?* — dissi, trattenendo a stento la rabbia.
Il caffè rimase intatto. Afferrai il cappotto e uscii, sbattendo la porta. Dentro di me ribolliva una miscela di collera, dolore e delusione. Sono passati giorni, ma ancora non riesco a riprendermi. Non so se potrò guardare mia sorella senza sentire quell’amarezza.
Ogni volta che ripenso a quel giorno, mi chiedo: era davvero solo una questione di pere? O era qualcosa di più profondo, accumulato negli anni? Forse è semplicemente che, diventate così diverse, abbiamo smesso di capirci. Non ho risposte, ma una cosa è certa: quel giorno ha lasciato una crepa tra noi, e non so se si potrà mai riparare.