Tesoro nel giardino: dramma familiare in una città verde

Il Tesoro nell’Orto: Un Dramma Familiare a Monteluce

Gina Rossi aveva appena finito di pulire la casa. Era ora di apparecchiare la tavola. Il giorno prima aveva preparato un profumato minestrone – da leccarsi i baffi! All’improvviso, un grido risuonò dal cortile. La donna quasi lasciò cadere il mestolo di legno, il cuore le balzò in gola per lo spavento.

“Nonna! Nonno! Venite subito, ho trovato una cosa!” gridava il nipote, Luca.

Gina e Giovanni si precipitarono in giardino.

“Nonno, guarda!” Luca stringeva qualcosa tra le mani, gli occhi pieni di meraviglia.

Ma a lasciare Gina senza fiato fu altro.

“Luchino, quando hai avuto il tempo di zappare l’orto?” esclamò, fissando la terra smossa con precisione.

“Mi sono impegnato,” rispose il bambino, orgoglioso. “Ma guardate cosa ho trovato!”

Giovanni sbirciò l’oggetto nella mano del nipote e rimase immobile, incredulo.

Quella mattina, Gina aveva parlato al telefono con sua figlia. Appena riattaccò, chiamò il marito:

“Gianni, ci portano il nipote!”

Giovanni alzò gli occhi dal computer, dove stava giocando a solitario, e chiese sorpreso:

“Quale nipote?”

Avevano tre nipoti. Il maggiore, Marco, aveva vent’anni e aveva appena finito l’istituto tecnico. La nipote Elena aveva appena finito il liceo e si preparava per l’università di psicologia. I suoi genitori non facevano che lodarla – determinata, sempre sui libri. Di certo non sarebbe venuta da loro.

“Ma quale, Gianni, non fare il tonto!” sbuffò Gina. “Chi è il pigro di turno? I primi due li abbiamo cresciuti bene quando avevamo le forze, ma il piccolo Luchino… un disastro! Ha finito la quinta elementare con tre insufficienze, che vergogna! E tu sempre a giocare a carte, gran nonno esemplare!”

“Che ci posso fare? Ognuno è artefice del proprio destino!” borbottò Giovanni, ripetendo il suo motto preferito.

“Questa è bella! Vedremo che artefice sarà quando arriverà,” dichiarò decisa Gina.

“Hai sbagliato ad accettare,” brontolò il nonno. “È viziato e indisciplinato. Il più piccolo, ecco il risultato. Che farà qui? Starà attaccato al telefono mentre tu gli cucini? Sai che appetito hanno a quell’età?”

Giovanni chiuse il computer con un sospiro di rammarico.

“Vado a zappare il tuo orto, ecco cosa faccio!”

“Ma sì, l’orto!” rise Gina. “Tre strisce di terra per le erbe aromatiche e le carote. E perché solo *mio*? Il nipote è di entrambi, e le preoccupazioni pure!”

“Non ho dimenticato nulla!” si rabbuiò Giovanni. “Sei tu che non ricordi com’eri alla sua età. Nemmeno i genitori riescono a gestirlo, figuriamoci noi!”

“Ah, gli hanno anche confiscato il telefono,” aggiunse Gina.

“Ma allora è la fine!” sbuffò il nonno, uscendo in cortile.

Gina si mise a preparare il pranzo. D’un tratto, la porta si aprì con un tonfo – era tornato il marito.

“Cos’è, così presto?” si stupì lei, versando le verdure tagliate nel brodo di pollo.

“Piove a catinelle, Gina! Guarda un po’ fuori!” Giovanni era quasi contento che gli facesse male la schiena e non dovesse zappare sotto la pioggia. “Compriamo tutto al supermercato.”

“Come diceva tua madre: ‘La pioggia è la benedizione dei pigri’,” sorrise Gina.

“Chi sarebbe il pigro ora?” si indignò Giovanni. “Mi hai dato del fannullone? Ma dai, Gina!”

“Su, su, smettila! Prendi una coperta e un cuscino dalla cantina, Luca arriverà presto!”

“Meglio che restasse a casa con i suoi genitori, che idea!” borbottò Giovanni per tutta la serata. “Addio pace, ci hanno inflitto una prova sulla vecchiaia! Noi abbiamo già fatto la nostra parte!”

L’indomani, un’auto si fermò davanti alla loro casa a Monteluce. Ne scese Luca, imbronciato e scontento. Tuttavia, sorrise ai nonni quando li salutò, ma subito si rabbuiò di nuovo:

“E adesso cosa faccio qui?”

“Appunto, non c’è niente da fare, sono d’accordo con te,” bofonchiò Giovanni tra sé.

Ma Luca sentì:

“Nonno, non sei contento di vedermi?”

“E di che? Hai la faccia storta, non servi a nulla, solo problemi!”

“Mamma, hai sentito cosa ha detto il nonno?” Luca si voltò verso sua madre, Francesca, ma lei lo fermò:

“Papà, mamma, non badateci, lui brontola sempre, è l’età. Io vado, passo a prendere Luca più tardi e ci faremo due chiacchiere. Mamma, ecco il suo telefono, se diventa insopportabile, daglielo. Inoltre, non preoccuparti, con loro bisogna ripetere tutto cento volte. Sono strani, questa generazione,” sussurrò Francesca prima di andarsene.

“A nessuno importa di noi!” brontolò Giovanni. “Si è sbarazzata del ragazzo ed è filata via.”

“Fanno sempre così, non hanno mai tempo,” sospirò Luca, si gettò lo zaino in spalla e si trascinò dentro.

“Gianni, magari oggi potresti zappare l’orto?” chiese Gina.

“Basta con quest’orto, Gina! Ho mal di schiena, vuoi che mi ammali? Un altro tesoro non lo trovi. Chiedi al ragazzo, lui è giovane, pieno di energie!” grugnì Giovanni.

“Che tesoro, nonno?” Luca sbucò dalla stanza.

“Dicono che non senti mai niente?” lo rimproverò Gina. “Una volta il nonno zappò e trovò un vecchio scrigno.”

“E cosa c’era dentro?”

“Ti interessa? Te lo mostrerò dopo.”

“Nonna, dove devo zappare? Tanto non ho niente da fare,” propose all’improvviso Luca.

“Oltre la casa, ci sono tre strisce di terra. Prendi quella che vuoi,” annuì Gina.

Luca sparì come un fulmine.

“È andato a caccia di tesori,” sorrise Gina. “Magari possiamo piantargli qualcosa?”

“Io non ho niente da fare! Darà due colpi di zappa e smetterà, è un pigro nato!” sbuffò Giovanni.

“Eh già, parla proprio chi se ne intende,” scrollò la testa Gina.

Luca lavorò nell’orto per più di un’ora. Offeso per essere stato etichettato come pigro, Giovanni andò in soffitta a riordinare. Gina pulì la casa e iniziò a cucinare. Il minestrone del giorno prima profumava da far venire l’acquolina in bocca.

Poi chiamò Francesca:

“Mamma, dimenticavo di dirti, Luca è diventato schizzinoso. Non mangia minestre, solo pizze e panini. Vi ho portato della roba, lascia che mangi quello, non sforzarti!”

“Non preoccuparti, Francesca, ci pensiamo noi,” la rassicurò Gina.

Appena riattaccò, un grido esplose dal ro”Il nonno e la nonna si scambiarono un’occhiata piena d’orgoglio mentre Luca, con le mani sporche di terra e gli occhi pieni di luce, stringeva al petto un vecchio baule di legno ricoperto di fango.”

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