Ti prego, figlia mia, abbi pietà di me, sono tre giorni che non mangio un tozzo di pane e non ho più un soldo,” supplicava la nonna alla venditrice…

“Ti prego, figlia mia, abbi pietà di me, sono tre giorni che non mangio un pezzo di pane, non ho più un soldo…” implorava la nonna alla commessa.

Un vento gelido di gennaio tagliava l’aria, avvolgendo le vecchie strade della città come un monito dei tempi in cui la gente aveva ancora cuori caldi e sguardi sinceri. Tra muri grigi e insegne sbiadite, c’era una donna anziana, il viso solcato da rughe che sembravano raccontare storie di dolore, resistenza e speranze perdute. Stringeva tra le mani una borsa logora piena di bottiglie vuote, gli ultimi frammenti di una vita che non c’era più. Le lacrime le rigavano il viso, incapaci di asciugarsi nel freddo pungente.

“Per favore, tesoro, abbi pietà…” sussurrò con una voce tremula come una foglia al vento. “È il terzo giorno che non mangio. Non ho nemmeno un centesimo…”

Le sue parole rimasero sospese nell’aria, ma dietro il vetro del panificio, la commessa scosse la testa con indifferenza. Il suo sguardo era freddo come il ghiaccio.

“Ma che dici?” rispose seccata. “Questo è un panificio, non un centro di raccolta vetro. Non sai leggere? Sull’insegna c’è scritto chiaro: le bottiglie si portano al centro di riciclo, e poi ti danno i soldi—per il pane, per il cibo, per vivere. Cosa vuoi da me?”

La vecchietta si confuse. Non sapeva che il centro di riciclo chiudeva a mezzogiorno. Era arrivata tardi. Troppo tardi per quell’unica possibilità di sfamarsi. Una volta non le sarebbe mai passato per la mente raccogliere bottiglie. Era stata un’insegnante, una donna istruita, con dignità e orgoglio, che non aveva perso nemmeno nei momenti più duri. Ma ora… ora era lì, davanti a quel bancone, come una mendicante, con la vergogna che le bruciava dentro.

“Beh,” disse la commessa, ammorbidendosi un attimo, “domani mattina vai al centro di riciclo e poi torna qui, ti darò qualcosa.”

“Figlia mia,” supplicò la donna, “dammi almeno un pezzo di pane… te lo restituirò domani. Ho la testa che gira… non ce la faccio più.”

Ma negli occhi della commessa non c’era traccia di compassione.

“No,” tagliò corto. “Non faccio beneficenza. A malapena arrivo a fine mese anch’io. Ogni giorno viene gente a chiedere, non posso sfamare tutti. Fatti da parte, c’è la fila.”

Accanto a lei c’era un uomo in un cappotto scuro, perso nei suoi pensieri. Sembrava distante, come se vivesse in un altro mondo—un mondo di preoccupazioni, decisioni, futuro. La commessa cambiò tono all’istante, come se avesse davanti non un semplice cliente, ma un ospite importante.

“Buongiorno, signor Marco De Luca!” esclamò con un sorriso. “Oggi c’è il suo pane preferito—quello con noci e frutta secca. E i cornetti sono freschi, quelli all’albicocca. Quelli alla ciliegia, purtroppo, sono di ieri, ma sono comunque buoni.”

“Buongiorno,” rispose distratto. “Un pane con noci e sei cornetti… alla ciliegia.”

“All’albicocca?” insistette la commessa.

“Non importa,” borbottò lui. “All’albicocca, se preferite.”

Tirò fuori un portafoglio spesso, prese una banconota da cinquanta euro e gliela passò in silenzio. In quel momento, il suo sguardo cadde sulla vecchietta che stava nell’ombra. Quel viso gli sembrava familiare. Molto familiare. Ma la memoria si rifiutava di tornare indietro. Solo un dettaglio gli balenò nella mente—una spilla antica a forma di fiore, appuntata sul suo cappotto logoro. C’era qualcosa in quel gioiello… qualcosa di familiare.

Marco salì sulla sua macchina nera, posò il sacchetto sul sedile e partì. Il suo ufficio era lì vicino, alla periferia della città, in un edificio moderno ma sobrio. Non amava gli sprechi. Marco De Luca, proprietario di una grande catena di elettrodomestici, aveva iniziato dal nulla—negli anni ’90, quando l’Italia era in crisi e ogni soldo si guadagnava col sudore. Con determinazione e lavoro, aveva costruito un impero senza aiuti né raccomandazioni.

A casa lo aspettava la sua famiglia—una bella villa in campagna con sua moglie Laura, i due figli, Luca e Matteo, e presto sarebbe arrivata anche la terza, una bimba tanto attesa. Fu proprio la telefonata di Laura a scuoterlo.

“Marco,” gli disse con voce preoccupata, “ci hanno chiamato dalla scuola. Luca ha litigato di nuovo.”

“Amore, non so se posso…” sospirò. “Ho una riunione fondamentale con il fornitore. Senza quel contratto, potremmo perdere milioni.”

“Ma non ce la faccio da sola,” sussurrò lei. “Sono incinta, sono stanca. Non voglio andarci da sola.”

“Non andare,” rispose subito. “Prometto che troverò il tempo. E Luca… prenderà una bella ramanzina se non impara a comportarsi.”

“Non sei mai a casa,” disse Laura, triste. “Esci quando i bambini dormono, torni quando sono ancora a letto. Mi preoccupo per te. Non ti riposi mai.”

“È il lavoro,” rispose, sentendosi in colpa. “Ma è tutto per voi. Per te, per i bambini, per la piccola che sta per arrivare.”

“Scusami,” sussurrò lei. “Mi manchi soltanto.”

Marco restò in ufficio tutto il giorno, e poi anche la sera. Quando tornò, i bambini dormivano e Laura lo aspettava in salotto. Si scusò per le sue parole, ma lui scosse la testa.

“Hai ragione,” disse piano. “Lavoro troppo.”

Gli propose di scaldare la cena, ma lui rifiutò.

“Ho mangiato in ufficio. Ti ho portato dei cornetti all’albicocca—da quel panificio. Sono ottimi. E anche il pane con le noci…”

“Il pane non ci è piaciuto,” osservò Laura. “I bambini non l’hanno nemmeno finito.”

Marco rimase in silenzio. Nella sua memoria riaffiorò l’immagine di quella nonna. C’era qualcosa in lei… qualcosa di profondamente familiare. Non solo il volto—il modo di portarsi, lo sguardo, quella spilla… E all’improvviso, come un lampo, ricordò.

“Possibile che… sia lei?” sussurrò. “Maria Grazia Rossi?!”

Il cuore gli si strinse. Ricordò tutto. La scuola, la sua classe, i suoi occhi severi ma buoni. Ricordò come gli spiegava pazientemente ogni problema. Lui, un ragazzino di una famiglia povera, viveva con la nonna in un piccolo appartamento dove a volte non c’era nemmeno il pane. E lei… lei se ne accorgeva. Senza farlo sentire umiliato, gli dava dei “lavoretti”—aiutare in giardino, piantare fiori, sistemare la staccionata. E poi, inevitabilmente, a tavola appariva il pranzo. E il pane… il suo pane, fatto nel forno a legna, croccante e profumato come l’infanzia.

“Devo trovarla,” decise.

Il giorno dopo, chiamò un vecchio compagno di scuola che lavorava in polizia. In un’ora, aveva l’indirizzo.

Solo la domenica, quando il lavoro rallentò, poté andare da lei. Sulla strada comprò un bel mazzo di fiori—t

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