Ti sceglierò…

**Ti scelgo ancora…**

Al primo giorno di università, due ragazze si notarono subito. Erano entrambe carine, con qualcosa di simile nell’aspetto. Da quel momento, non le si vedeva mai separate.

Lucia era convinta di meritare meglio che passare la vita in un paesino di provincia, come i suoi genitori. La madre lavorava in un negozio, il padre faceva il muratore e, naturalmente, beveva. Dopo il diploma, annunciò che partiva per Milano.

I genitori sospirarono, ma non la trattennero. Pensarono che forse avrebbe avuto più fortuna della sorella maggiore, sposatasi male e ora alle prese con due figli da crescere sola. Non potevano mandarle molti soldi, ma le avrebbero fatto arrivare verdure dell’orto e conserve con qualche conoscente. Una vicina, per fortuna, faceva la controllrice sui treni proprio sulla linea per Milano.

Arrivata in città, Lucia decise che avrebbe fatto di tutto per non tornare indietro. Con Elena si era amicata proprio perché era milanese doc. Il padre medico, la madre economista: una famiglia perbene, colta.

Elena si inteneriva per Lucia, e questa ne approfittava. Se si lamentava che gli stivali erano rotti e non aveva soldi per comprarne di nuovi, Elena le prestava subito un paio dei suoi. Niente da mettere per una serata? Elena le regalava un vestito nuovo, tanto avevano la stessa taglia. E poi, Lucia spesso dormiva da lei, soprattutto durante le sessioni d’esame. In studentato non si poteva studiare.

Lucia odiava lo studio, ma si spaccava la testa sui libri, anche se avrebbe preferito divertirsi in discoteca. Pazienza, una volta laureata e sistemata a Milano, avrebbe recuperato.

A Elena, invece, tutto veniva facile, senza sforzo. Lucia ne era invidiosa, anche se non lo mostrava. Come spesso accade, si innamorarono dello stesso ragazzo: bello, atletico, figlio di un militare di stanza in una piccola base del Nord. Presto formarono un trio inseparabile.

“Luca, ma con loro come fai, a turno o insieme? Cedine una a noi,” scherzavano gli amici.

Persino i professori chiedevano scherzosamente di chi fosse innamorato.

Luca ignorava le battute. Preferiva Elena, dolce e tranquilla, ma temeva che scegliendola lo avrebbero accusato di farlo solo per via della sua residenza milanese.

A lezione, sfiorava il suo ginocchio con il suo, si avvicinava come per dirle qualcosa. Quello che nessuno notava, Lucia lo capiva al volo dal modo in cui i loro volti si irrigidivano. E allora la rabbia per l’ingiustizia la travolgeva. Non bastava che Elena fosse nata a Milano, in una famiglia perbene? Adesso si era pure presa il ragazzo più bello.

A Luca venne a noia nascondere i sentimenti: confessò il suo amore a Elena, e a Lucia iniziò a far capire che era di troppo. Il trio si sfaldava. A Lucia non andava bene. Non voleva perdere Elena, né cederle Luca.

Così iniziò a pensare a un piano per ristabilire la giustizia, per ostacolare la loro relazione. Agire di petto era rischioso: doveva farli litigare e lasciarsi. E non c’era tempo da perdere: il terzo anno volgeva al termine, mancava solo la sessione. E se si fossero sposati prima della laurea?

“Magari si rompesse una gamba e restasse a casa. No, Luca la porterebbe in braccio. Meglio che le venga un’eruzione cutanea… le comprerò delle fragole,” pensava Lucia.

Ma il destino proteggeva Elena. La gamba rimase intatta, e furono le guance di Lucia a riempirsi di brufoli.

Poco prima degli esami, la madre di Luca si ammalò gravemente. Lui concordò con la segreteria di sostenere gli esami ad agosto e partì. Fuori splendeva un sole estivo, raro per Milano. Sarebbe stato meglio stare in spiaggia anziché sui libri. Dopo il primo esame, le amiche passeggiavano per la città. Lucia si fermò davanti a una vetrina di abiti da sposa.

“Quale vestito sceglieresti per il matrimonio?” chiese a Elena.

“Non ci ho mai pensato.”

“Non ci credo. Tutte le ragazze sognano l’abito bianco. Io vorrei questo,” indicò un modello con una gonna voluminosa. “Mi starebbe bene, no? Dai, entriamo a provarlo, tanto non costa niente.”

“Ma no, con questo caldo soffocheresti nel tulle. Meglio un gelato,” Elena cercò di trascinarla via.

“Oh, Elena, dai! Facciamo finta che sono la sposa e tu la damigella,” insisté Lucia.

“Provare un abito senza essere promesse porta sfortuna,” cercò di dissuaderla Elena.

“Sono superstizioni da vecchie. Tutte lo fanno e poi si sposano lo stesso. Provo solo questo, ti prego.”

Alla fine, Elena cedette.

Nel negozio, le accolse una commessa annoiata dal caldo.

Lucia si immerse nel ruolo della sposa e iniziò a esaminare i modelli con aria critica. Ne scelse uno e andò a provarlo. Elena ammise che le stava bene, sembrava già pronta per il municipio. Se solo avesse avuto qualcuno con cui andarci.

“Abbiamo un vestito magnifico, ma sta bene a poche. Lei è magra, le calzerebbe a pennello. Le farei un buon sconto,” disse la commessa a Elena.

“Ma io non mi sposo, è la mia amica!”

“Si rimedia facilmente. Lo provi e vedrà.”

Elena entrò nel camerino. Quando uscì, a Lucia mancò il fiato. Il vestito le aderiva perfettamente, sobrio ed elegante. Niente pizzi, eppure splendido.

“Manca solo il velo,” commentò Lucia.

“Qui serve di più un diadema,” suggerì la commessa.

“Portalo,” disse Lucia, cercando di nascondere l’invidia.

Tutto le riusciva bene, a questa Elena. Lucia si guardò allo specchio e il suo vestito le sembrò di cattivo gusto. La commessa portò un rametto di pietre e lo sistemò tra i capelli di Elena.

Lucia la fissava, digrignando i denti.

“Posso farvi una foto? Le sta divinamente,” chiese la commessa.

“Anch’io,” tirò fuori il telefono Lucia. “Sorridi. Ora girati e guardami. Così. E adesso…” si lasciò prendere la mano.

“Basta così,” disse Elena, tornando a cambiarsi.

“La aiuto io,” la commessa la seguì.

Lucia rimase sola. E allora le venne l’idea perfetta per far litigare Elena e Luca. Non serviva neanche tanto sforzo. Sfogliò le foto sul telefono: Elena sembrava una vera sposa. “Un po’ di ritocco e via,” pensò. “Gliela mando con la scusa che lei è qui a organizzare il matrimonio.” In una foto, si intravedeva allo specchio un ragazzo fuori dal negozio, al telefono. Poteva sembrare lo sposo in attesa. Lucia trattenne un grido di gioia: tutto andava secondo i piani.

Intanto, Elena uscì dal camerino.

“Andiamo,” chiamò l’amica.

“Mi piace questo vestito, se non trovo di meglio, lo prendo,” disse Lucia alla commessa, continuando la recita.

Dopo la sessione, Lucia non tornò a casa. Nella sua stanza ora abitava la sorella con i bambini. Telefonò per dire che aveva trovato lavoro e che non sarebbe rientrata. La madre fu felice: se la figlia lavorava, poteva smettere di mandarle soldi.

“I bambini di Olivia crescono, servono tante cose,” si lamentò.

“Davvero? Appena dico che lavoro, ecco cheE quella sera, sotto le stelle della campagna toscana, Luca finalmente le sussurrò: “Ti ho aspettato tutta la vita,” e lei capì che non era mai stata sola, nemmeno un giorno.

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