Un sabato dottobre, una giornata limpida e soleggiata nonostante laria fresca, Ginevra Rossi decise di fare un salto alla sua casa di campagna per controllare come fosse rimasta dopo linverno. Si svegliò presto, bevve un caffè, preparò una borsa con gli attrezzi e un thermos di tè. La proprietà si trovava a quaranta chilometri dalla città, nel piccolo borgo di Monteloro. Ginevra aveva acquistato quel terreno cinque anni prima, ancora prima di sposarsi, con i risparmi accumulati lavorando come programmatrice. Allepoca i prezzi erano accessibili, e riuscì a comprare un appezzamento di dodici pertiche con una casetta rustica. Tutti i documenti erano a suo nome.
In cinque anni, Ginevra aveva sistemato la casa: piantato meli e ciliegi, creato un orto, riparato la recinzione e ridipinto la casetta. In estate ci veniva quasi ogni weekend, lavorando nellorto e godendosi la tranquillità lontana dalla città. Suo marito, Luca, invece, non amava quel posto: diceva che lorto lo annoiava, che le zanzare lo tormentavano e preferiva restare in città con gli amici a guardare la partita. Ginevra non insisteva: quella casa era il suo rifugio, il posto dove stava con se stessa.
Lultima volta che ci era stata era stata a fine agosto. Poi il lavoro laveva sommersa, progetto dopo progetto, e quel sabato dottobre era il primo giorno libero. Voleva controllare che tutto fosse a posto: finestre chiuse, tetto intatto, nessun animale randagio. Doveva anche raccogliere le foglie secche e preparare il terreno per linverno.
Salì in macchina, accese la radio e si diresse verso la campagna. La strada le prese meno di unora. Fuori dal finestrino scorrevano campi, boschetti e paesini con recinzioni di legno. Lautunno aveva dipinto gli alberi di giallo e arancione, e le foglie coprivano i bordi della strada. Ginevra amava quella stagione: laria fresca, il silenzio, lodore dei camini.
Mentre si avvicinava al cancello, notò unauto parcheggiata accanto: un fuoristrada grigio, fermo proprio davanti al suo ingresso. Aggrottò le sopracciglia. Chi poteva essere? I vicini avevano macchine vecchie, e quellauto sembrava troppo elegante per la zona. Rallentò, scese e si avvicinò.
Attraverso le sbarre del cancello, vide Luca e sua madre, Giuliana, che mostravano il terreno a un uomo in completo. Ginevra si bloccò. Cosa ci facevano lì? Luca le aveva detto che sarebbe andato da un amico a aiutarlo con dei lavori. E sua suocera non era mai venuta alla casa in campagna, lamentando sempre problemi di salute. Eppure, eccoli lì, con quellestraneo che osservava ogni angolo e prendeva appunti.
Ginevra si avvicinò senza fare rumore. Luca indicava il fondo del terreno, dove crescevano i meli più vecchi. Giuliana annuiva, gesticolava e parlava con entusiasmo.
“Qui si può costruire senza problemi, cè spazio e tutto è già sistemato,” diceva Giuliana. “I vicini sono tranquilli, il bosco è vicino e il fiume a due chilometri. Cè la luce, lacqua dal pozzo è buona, e il terreno è piano: nessun problema con le fondamenta.”
Ginevra ascoltò, incredula. Sua suocera stava promuovendo la sua proprietà come unagente immobiliare, vantandosi di un terreno che non le apparteneva e che non aveva mai visto prima.
Luca aggiunse: “I documenti sono in regola, la vendita sarà veloce. Il prezzo è ragionevole, ma siamo aperti a trattare.”
Ginevra serrò i pugni. Il sangue le salì al viso. Luca e sua madre stavano cercando di vendere la sua casa alle sue spalle, come se fosse roba loro.
Sei mesi prima, Luca le aveva chiesto se volesse vendere. Aveva detto che avrebbero potuto comprare un appartamento più grande, uscire dal monolocale dove vivevano. Lei si era rifiutata: quella casa le era cara. Lui aveva fatto spallucce e non ne aveva più parlato. Ginevra aveva pensato che avesse accettato. Invece no: aveva solo cambiato strategia.
Apri il cancello con un cigolio metallico. I tre si voltarono di scatto. Luca impallidì. Giuliana rimase a bocca aperta. Lestraneo alzò un sopracciglio.
“La proprietà è intestata solo a me,” disse Ginevra con voce gelida. “Non ci sarà nessuna vendita.”
Luomo si scusò in fretta e se ne andò, lasciandosi alle spalle una nuvola di polvere.
Ginevra si voltò verso Luca e Giuliana. Entrambi sembravano incapaci di parlare.
“Spiegatemi cosa sta succedendo,” chiese.
Luca abbassò lo sguardo. “Ginevra, non è quello che credi.”
“Allora cosè?”
“Volevo solo mostrarla a un conoscente. Era interessato a un terreno…”
“Interessato a comprare la mia proprietà senza il mio permesso?”
“No! Non volevo venderla! Solo mostrarla!”
“Mostrarla? Eppure parlavi di documenti e prezzi. Ho sentito bene?”
Luca esitò. “Era per convincerlo…”
“Convincerlo a comprare qualcosa che non è tuo?”
“Ma siamo marito e moglie!”
“La casa è mia. Lho comprata prima del matrimonio. Non hai alcun diritto su di essa.”
Giuliana intervenne: “Ginevra, non capisci. Volevamo il meglio per voi. Questo posto resta vuoto, non ci vieni quasi mai. Perché tenerlo? Meglio vendere e investire in qualcosa di utile.”
“Non è affar vostro. La decisione è mia.”
“Ma Luca è tuo marito! La sua opinione conta!”
“Conta. E sei mesi fa gli ho detto di no. Lui ha accettato. O no?”
Luca tacque.
“Voi due, uscite,” disse Ginevra. “Ora.”
Dopo un altro scambio di accuse, Luca e Giuliana se ne andarono. Ginevra rimase lì, guardando i suoi meli, lorto, la casetta. Tutto quello che aveva costruito con le sue mani. E Luca aveva pensato di poterlo gestire alle sue spalle, come se lei fosse solo un ostacolo da aggirare.
Quella sera, tornata in città, affrontò Luca nellappartamento. Lui provò a giustificarsi, sua madre la insultò chiamandola egoista. Alla fine, Ginevra li cacciò entrambi.
Tre mesi dopo, chiese il divorzio.
In primavera, tornò alla sua casa di campagna. Il terreno aveva superato bene linverno. Sistemò lorto, piantò nuovi semi e bevve un tè seduta sulla veranda. Guardò la sua proprietà con orgoglio. Era sua, solo sua. E nessuno avrebbe più osato toccarla senza il suo permesso.




