**Torno subito…**
Alluscita della metropolitana si era formato un ingorgo. Fuori pioveva forte. Chi aveva lombrello rallentava per estrarlo dalla borsa, mentre chi ne era sprovvisto esitava a uscire al riparo. Ma la folla dietro spingeva, costringendo tutti fuori, sotto la pioggia.
Prendi lombrello disse Luca alluscita.
Non ce lho rispose confusa Alessandra, travolta dalla calca.
Ti avevo avvisato stamattina che avrebbe piovuto sbuffò Luca, già bagnato, voltandosi verso la metropolitana con aria stizzita.
Ero di fretta, mi sono distratta Potevi prenderlo tu. Tra laltro, il tuo è grande, ci stavamo sotto entrambi replicò lei.
Va bene, non siamo di zucchero, non ci sciogliamo. E Luca si allontanò deciso, mentre Alessandra cercava di stargli dietro.
Appunto, è enorme. Ieri lho portato in giro tutto il giorno e non è piovuto. Il tuo è pieghevole, perché lhai tirato fuori dalla borsa? brontolò Luca lungo la strada.
Lo stavo asciugando
Camminavano litigando, alzando la voce per coprire il rumore della pioggia.
Trovi sempre scuse per te, mentre io ho sempre torto si infuriò Alessandra, stanca della discussione.
Non ti sto dando della colpevole, ho solo detto
Lhai detto in modo che mi sentissi di nuovo in colpa. Non potevi dirlo diversamente, senza rimproveri? O tacere, almeno. Sono stanca delle tue critiche. Sai trasformare un niente in un dramma universale.
Chiami un temporale un niente? chiese lui senza girarsi. Ho solo detto
Oh, non ricominciare. Basta! Sono stanca lo interruppe lei, il fiato corto per il passo veloce, la voce tremante.
Luca continuò a borbottare, ma lei non rispose più e presto anche lui tacque. Alessandra sapeva di aver torto, e poi quella pioggia I vestiti erano già zuppi, attaccati alla pelle. I capelli gocciolavano.
Da quando era iniziato tutto questo? Piccole liti, rimproveri. O era sempre stato così? Probabilmente sì. Solo che prima lei cercava di cedere, spegnere le scintille prima che diventassero un incendio.
Un uomo avanzava verso di loro. Anche lui senza ombrello, ma camminava come se godesse della pioggia. A mani in tasca, senza fretta. Il cuore di Alessandra accelerò, superando occhi e ragione. Marco!
Non riuscì a staccare gli occhi dal suo viso. Anche lui la fissava, ma, passandole accanto, distolse lo sguardo. Cosa significava? Era lui! Non poteva sbagliarsi. Eppure era passato oltre, senza salutare. O forse si era sbagliata? Tante persone si assomigliano. Alessandra inspirò con un sussulto. Si rese conto di aver trattenuto il respiro tutto quel tempo. Gli occhi le si riempirono di lacrime, ma almeno il viso era già bagnato dalla pioggia.
Lo conosci? Perché ti fissava così? Luca si chinò per guardarla in faccia.
No. Mi sarò confusa rispose lei dopo un attimo.
«Ma perché ha fatto finta di non riconoscermi?» La domanda le lacerava lanima.
Stai mentendo. Vi siete guardati in quel modo Sembravi aver visto un fantasma.
«È proprio così» pensò Alessandra, ma disse:
Somiglia a un mio compagno di università. Mi sono sbagliata. Hai visto, non ha nemmeno salutato. Cercava di parlare con calma, ma dentro ribolliva. Sei geloso? Provò a sdrammatizzare.
Sembri turbata insistette Luca.
Basta interrogarmi. Non. Lo. Conosco! sbottò lei, senza trattenersi.
«Ha ragione, ho visto un fantasma. Cercavo di dimenticarlo! Ma se ha fatto finta di non conoscermi, farò lo stesso. Mi ha tradito»
Ammetti che cè stato qualcosa tra voi, visto come reagisci disse Luca con tono indifferente.
Cosa vuoi ottenere? Smettila supplicò Alessandra.
Finalmente arrivarono a casa.
Io prima sotto la doccia annunciò lei appena entrati, scomparendo in bagno.
Luca borbottò qualcosa, ma lei aprì lacqua per non sentirlo. «Che figura! E lui mi ha vista così. Non mi riconosce neanche. Tutta colpa di questa pioggia» Si osservò allo specchio.
Si tolse i vestiti bagnati, li gettò nella lavatrice e si guardò di nuovo. La linea era ancora snella, il seno piccolo ma fermo, il viso senza rughe. Si rallegrò delle ciglia folte e scure che la natura le aveva regalato. Usava poco trucco. «Meno male che non ho mascara sparso in faccia come un serpente. Non male, tutto sommato.» Poi ripensò a lui: «Lui è cambiato, più maturo, i lineamenti più duri»
Entrò nella doccia e si lasciò avvolgere dallacqua calda. I getti vigorosi scioglievano la tensione. Ma i ricordi non svanivano
***
Alessandra si avvicinò alla bacheca. Davanti agli elenchi degli ammessi, una fitta folla di studenti. Tra i ragazzi alti, non riusciva a vedere nulla.
Fatemi passare! Persa la pazienza, iniziò a farsi strada a gomitate.
Prego un ragazzo le fece spazio.
Trovò il suo nome, ma la spinta della folla la costrinse a ricominciare più volte. Nessun errore, cera. Riuscì a liberarsi dalla calca.
Congratulazioni una voce vicino a lei.
Era un ragazzo sconosciuto.
Grazie. Anche tu sei stato ammesso? chiese contenta.
Sì. Studieremo insieme.
Fantastico sorrise Alessandra.
Si rincontrarono a settembre come vecchi amici. Lui in unaltra classe, ma si incrociavano a lezione e in mensa. Marco la guardava, sorrideva, ma non faceva mai il primo passo. «Ciao. Come va? Ci vediamo.» Tutto lì.
Alla fine del primo anno, vicini agli esami, Alessandra uscì dalluniversità incerta. Una nuvola nera minacciava la città, e lei non aveva lombrello. «Aspettare? O posso farcela a casa?»
Ops! Marco uscì dietro di lei.
Hai lombrello? chiese.
No. Ma corriamo.
A trecento metri dalluniversità, iniziarono le prime gocce.
Sbrighiamoci, sta per scoppiare. Ecco casa mia. Marco le prese la mano e corsero sotto la pioggia battente.
Una volta nel palazzo, erano fradici.
Cè qualcuno a casa tua? chiese lei salendo le scale.
Mia madre rispose lui infilando la chiave, ma vedendo la sua espressione, rise. Entra. Scherzavo. È al lavoro. Vai in bagno, ti porto qualcosa di asciutto.
Poco dopo le passò una maglietta e un asciugamano. Quando uscì, Marco aveva già cambiato i vestiti e versava tè fumante. Sul tavolo, panini impilati.
Ti sta bene commentò vedendola. La sua maglia le arrivava alle cosce.
Bevvero il tè chiacchierando. Alessandra scoprì che suo padre era morto tre anni prima, viveva solo con la madre.
Avete molti libri. Leggi?