Torta e altre delusioni

La Torta e le Altre Delusioni

Elena montava la crema per il pan di spagna, i suoi movimenti erano precisi come quelli di un orologiaio. La torta per sua figlia, Caterina, doveva essere un capolavoro: tre strati con mousse alla vaniglia, lamponi freschi e delicate decorazioni di cioccolato. Oggi Caterina compiva diciotto anni, ed Elena sperava che questa torta—la migliore dei suoi vent’anni di pasticcera—potesse sciogliere il muro cresciuto tra loro nell’ultimo anno.

“Mamma, non hai ancora finito?” Caterina irruppe in cucina, le sue scarpe da ginnastica scricchiolavano sul linoleum. “Vittoria sta arrivando e qui è un disastro!”

“È quasi pronta,” sorrise Elena, asciugandosi le mani sul grembiule. “Che ne pensi?”

Caterina diede un’occhiata veloce alla torta, il suo volto rimase impassibile.

“Be’… carina. Solo che Vittoria dice che queste torte non vanno più di moda. Adesso fanno tutti dolci minimalisti, senza questi… riccioli.”

Elena sentì il cucchiaio diventare improvvisamente pesante tra le mani.

“Non sono riccioli, Caterina. Sono i tuoi motivi preferiti, come sulla torta del tuo decimo compleanno. Ti ricordi?”

“Mamma, avevo dieci anni,” Caterina alzò gli occhi al cielo. “Vabbè, vado a sistemare il salotto. Papà ha di nuovo riempito tutto con le sue carte.”

Se ne andò, lasciandosi dietro una lieve scia di profumo e la sensazione che Elena stesse parlando al vuoto.

Alle sei di sera, il salotto era trasformato: palloncini, luci colorate, un tavolo pieno di stuzzichini. Elena posò la torta al centro, le sue fragole brillavano sotto il lampadario come piccoli rubini. Si ricordò dell’anno prima, quando Caterina aveva rifiutato la festa di famiglia per uscire con gli amici al bar. “Sono grande, mamma,” aveva detto allora. Elena aveva risparmiato per mesi rinunciando a scarpe nuove e a un corso di pasticceria, perché oggi tutto fosse perfetto.

Il campanello interruppe i suoi pensieri. Caterina corse ad aprire e Vittoria entrò—alta, con unghie rosa acceso e uno sguardo che valutava tutto come uno scanner.

“Wow, ma cos’è questa torta?” Vittoria si fermò davanti al capolavoro di Elena, piegando la testa. “Catè, ma davvero? È roba da bambini!”

“È la specialità di mamma,” rise nervosamente Caterina, ma le guance le si arrossarono. “A lei piacciono queste cose… retrò.”

“Retrò?” Vittoria ridacchiò, la sua voce acuta come vetro rotto. “Sembra uscita dagli anni Novanta! Ora vanno i naked cake, con frutta e niente panna. Vero, Catè?”

Elena strinse il grembiule, sentendo la cucina rimpicciolirsi.

“Ciao, Vittoria,” tentò di sorridere. “Questa torta è fatta coi gusti di Caterina. Le è sempre piaciuta la vaniglia con i lamponi.”

“Piaceva,” sottolineò Vittoria, fissando Caterina. “Ma i gusti cambiano, no? Ora sei tutta vegana, eh?”

Caterina si tormentò un braccialetto.

“Non proprio… ma Vittoria ha ragione, mamma. Forse l’anno prossimo fai qualcosa più moderno?”

Elena sentì il cuore stringersi, ma annuì.

“D’accordo, Caterina. Intanto accogliamo gli ospiti.”

Gli amici di scuola e università di Caterina riempirono il salotto di risate e musica. Elena serviva gli antipasti, ignorando i sussurri di Vittoria che indicava la torta. Suo marito, Luca, era in un angolo, assorto nel laptop. Il suo “progetto urgente” era sempre più importante della famiglia.

“Elena, tutto bene?” Luca sollevò appena gli occhi. “La torta è splendida, come sempre.”

“Grazie,” forzò un sorriso. “Puoi aiutare con le bibite?”

“Un attimo, finisco questa email,” riabbassò lo sguardo.

Elena tornò al tavolo, dove Vittoria declamava sui “party di tendenza”.

“A Milano c’era un evento ieri,” annunciava, “con torta gluten-free, senza zucchero, al matcha. Questo sì che è stile! Qui invece…” accennò alla torta di Elena, “sembra fatta dalla nonna.”

Qualcuno rise. Caterina arrossì ma tacque, torcendo un angolo della tovaglia.

“Vittoria, è la torta di mamma,” mormorò. “Ci ha messo impegno.”

“Impegno?” Vittoria alzò le sopracciglia. “Catè, l’impegno è una cosa, seguire le mode un’altra. Non vuoi che i tuoi diciotto sembrino una festa di prima comunione?”

Elena sentì le guance ardere. Voleva rispondere, ma lo sguardo cadde su Caterina, che abbassò gli occhi, come in accordo.

Il momento delle candele arrivò. Elena spinse la torta su un carrello, le mani le tremavano. Gli ospiti tacquero, i cellulari puntati su Caterina. Le candele si accesero, la loro luce si rifletteva negli occhi della figlia, come quando era piccola.

“Catè, esprimi un desiderio,” sorrise Elena, con un nodo in gola.

“Aspetta,” Vittoria fece un passo avanti, voce tagliente. “Ma sono candele normali? Catè, volevi i fuochi d’artificio! È il tuo giorno!”

“Fuochi d’artificio?” Elena si confuse. “Non me l’hai detto…”

“Perché tanto fai come vuoi tu!” Caterina esplose, la voce tremante. “Mamma, ho chiesto qualcosa di semplice, moderno, e tu torni con queste torte da matrimonio! Ho diciotto anni, non sono più una bambina!”

I sussurri si alzarono. Elena sentì il pavimento mancarle.

“Volevo solo farti piacere,” la sua voce era un filo. “Sono i tuoi gusti…”

“I miei gusti?” Caterina rise, ma gli occhi le luccicavano. “Non sai neanche che non mangio i lamponi da un anno! Vittoria ha ragione, vivi nel tuo mondo!”

“Dai, rilassati,” Vittoria le mise una mano sulla spalla, come un direttore d’orchestra. “Spegni le candele e via. Tanto la torta non la mangerà nessuno.”

Elena guardò Luca, cercando sostegno, ma lui scrollò le spalle.

“Elena, lascia perdere. Lascia che si divertano.”

“Divertano?” Elena avanzò, la voce rotta. “Ho pianificato per mesi. Ho risparmiato, studiato di notte perché Caterina sorridesse. E tu, Vittoria, chi sei per decidere?”

Vittoria sollevò il mento, il sorriso gelido.

“Io sono l’amica di Caterina. Tu… solo una mamma che non capisce di essere fuori tempo.”

Silenzio. Caterina fissava il pavimento, tormentando il braccialetto.

“Dimmi tu, allora,” Elena la guardò. “Cosa vuoi?”

Caterina esitò. Vittoria tossì, spingendola.

“Mamma,” sussurrò infine, “voglio che sia come dico io. Senza le tue torte. Senza le tue… aspettative.”

Qualcosa dentro Elena si spezzò. Ricordò quando, anni prima, Caterina si era ammalata e lei aveva preparato una torta solo per vederla sorridere. Allora l’aveva abbracciata, dicendo: “Sei la mamma migliore.” Di quella bambina non restava nulla.

“Bene,” si sfilò lentamente il grembiule. “Allora non servElena uscì nel vento della sera, sentendo per la prima volta il peso di un amore che non bastava più, mentre dietro di lei, nella casa illuminata, la torta intatta continuava a sciogliersi lentamente, come i loro ricordati.

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