Tra di noi c’era un abisso…
Alessia, dopo il divorzio dal marito, impiegò mesi per riprendersi. Aveva sospettato dei suoi tradimenti, ma scoprire la verità l’aveva spezzata. Avevano costruito una famiglia, una vita piena di sogni e progetti… E ora? Niente. Riccardo se n’era andato così, senza voltarsi.
L’estate stava finendo, ma Alessia non vedeva né il sole, né i rumori della città, né l’arcobaleno dopo la pioggia. Una notte, soffocando per il caldo e incapace di dormire, capì che non poteva continuare così. Lui era felice, mentre lei si trascinava come un’ombra.
“Qui tutto mi parla di lui, di noi. Ma noi non esistiamo più. Devo andarmene, almeno per un po’. Non al mare, non all’estero, dove c’è solo caos. Ho bisogno di silenzio, di campagna. C’è la casa della nonna! Tutti abbiamo le nostre radici là. È il nostro posto sicuro. Perché non ci ho pensato prima?” Alessia si sedette sul letto, la camicia da notte appiccicata alla schiena.
La nonna era morta tre anni prima. Era malata da tempo, ma Riccardo l’aveva convinta a partire per la Francia. “In dieci giorni non succederà nulla,” diceva. La notizia della morte li raggiunse a Parigi. “Ormai non possiamo più far nulla. Cambiare i biglietti è complicato. Torneremo, visiteremo la tomba…” E lei, come sempre, aveva ceduto.
La casa della nonna, vicino a Firenze, era ancora lì. La madre avrebbe voluto venderla, ma rimandava sempre.
Da bambina, Alessia passava tutte le estati dalla nonna. Poi, all’università, smise di andarci. E da allora non aveva mai visitato la tomba.
Improvvisamente sentì un’urgenza travolgente. Prese il telefono per chiamare la madre e chiedere delle chiavi, ma vide che era notte fonda. Lo ripose e si lasciò cadere sul cuscino. Ora sapeva cosa fare. Immaginò come avrebbe preparato le valigie, come l’avrebbe accolta quella vecchia casa… E si addormentò.
La mattina si svegliò presto e chiamò la madre.
“Finalmente pensi a qualcosa oltre a quel Riccardo. Il mondo non gira attorno a lui…”
“Mamma, basta. Le parole non servono. Dov’è la chiave?”
“Nella cassettiera nell’ingresso. Vieni a prenderla, almeno ti vedo. La casa è in ordine. A maggio ho incontrato zia Maria. L’avrò detto? No? Beh, il genero vuole comprarla… Magari potremmo andare insieme?”
“No. Da sola. Per favore.”
Tutto il giorno Alessia pensò alla campagna. La sua direttrice, anche lei divorziata, ascoltò le sue ragioni e, seppur contrariata, le concesse una pausa.
Quella sera prese le chiavi e fece la valigia. Non portò molto, nel caso avesse voluto tornare. Eppure, quella notte dormì profondamente.
La mattina dopo partì all’alba, mentre il sole sorgeva sulle colline toscane. Il viaggio fu tranquillo, e la strada la ricordava ancora.
La casa era lì, intatta. Il cortile era pulito. Uscì dalla macchina e respirò il silenzio. C’erano suoni, certo: grilli, uccelli, galli lontani. Ma rispetto alla città, era pace assoluta.
Dentro, l’aria era umida e polverosa. Alessia si rimboccò le maniche: attinse acqua dal pozzo, lavò i pavimenti, accese il camino. Quando le fiamme presero vita, sorrise.
I vicini passavano, curiosi, ma nessuno entrò senza invito.
Il calore del camino riempì la casa. Alessia stese le coperte e andò al fiume, poco distante. L’acqua era scura e immobile. Si spogliò e si tuffò, sollevando spruzzi dorati.
“Chi è questo pesce grosso?” una voce la fece sobbalzare.
Si voltò e vide Lorenzo. Invecchiato, più robusto, ma riconoscibile. Il suo primo amore. Nella mano teneva una canna da pesca e qualche trota.
Il cuore di Alessia si bloccò. I ricordi tornarono come un fiume in piena.
Ecco perché non era più tornata. Per lui. Un tempo voleva addirittura trasferirsi qui, ma la madre la fermò. Poi lui sposò un’altra, e Alessia incontrò Riccardo più per rabbia che per amore…
“Sei sola? Senza marito?” chiese Lorenzo.
“Sì. Come lo sai?”
“Ti ho vista. Con lui.”
Alessia ricordò. Una sera, mentre uscivano per un matrimonio, lei aveva creduto di riconoscerlo.
“Volevo spiegarti tutto. Con Clara… Fu una volta sola, ma rimase incinta. Cosa potevo fare? E poi è nata Giulia. Ma tra noi non è mai andata bene. Tu sei di città, io no. Tra noi c’è un abisso.”
Alessia si coprì con il vestito, bagnato e aderente.
Camminarono verso il paese, ma si separarono prima di arrivare.
“Domani andiamo a funghi?” propose lui.
Alessia promise di pensarci.
La notte fu lunga. La casa scricchiolava, e i rumori la tenevano sveglia. All’alba uscì nel bosco. Paura di perdersi, si fermò. Poi udì uno schianto. Un cinghiale? Scappò, ma si perse.
“Ti sei persa?” Lorenzo apparve tra gli alberi. Le riempì il cestino dei suoi funghi. “Clara si lamenta, ne abbiamo troppi.”
Tornarono verso casa, ma si divisero prima del villaggio.
I pettegolezzi volarono. Zia Maria la avvertì: Clara l’aveva vista con Lorenzo e aveva fatto una scenata.
“Stai attenta,” sussurrò. “Quella donna è pericolosa.”
Due giorni dopo, di notte, Alessia si svegliò col fumo. La casa bruciava.
Qualcuno la portò in salvo. Fuori, vide Clara tra la folla, gli occhi illuminati dalle fiamme.
“È stata lei,” disse Lorenzo. “Ma non puoi provarlo.”
La mattina dopo, Alessia partì. Sulla strada, Lorenzo la aspettava.
“Vai al prossimo villaggio,” le disse, salendo in macchina.
“Vieni con me,” propose lei.
“Non posso. I bambini… Ma adesso so che posso vivere. Ti ho rivista.”
Scese, e Alessia lo guardò svanire nello specchietto.
A Firenze, riprese la vita. Ma tre anni dopo, la direttrice le affidò un lavoro in campagna.
Era una villa in costruzione. E lì, davanti a lei, c’era Lorenzo.
“Tu? È tua?”
“Sì. Dopo che te ne andasti, lasciai Clara. Ho lavorato senza sosta.”
Nella stanza dei bambini, una sola culletta.
“Ti sposerai?” chiese Alessia, la voce tremula.
“Spero di sì. Tu mi vuoi?”
Alessia sorrise.
“No, non è troppo tardi.”
Si abbracciarono. La sua camicia puzzava di sudore e vernice, ma per lei era il profumo più dolce. Sotto la pelle, sentì il cuore di Lorenzo battere forte.