— *Giooo…* — singhiozzava al telefono Giulia.
— *Cosa succede? Pelo pelo, spiegami cos’è successo! Con Luca? Giuli, perché non parli?* — urlava Martina.
— *Marcello… oh Dio…* — scoppiò di nuovo in lacrime Giulia.
— *Marcello? Ma che è successo? Un incidente?* — Martina immaginò già l’amica scuotere la testa, come se potesse vederla attraverso il telefono.
— *Basta, non ne posso più. Chiudo, capito? Arrivo tra dieci minuti, aspetta!* — sospirò Martina, aspettando ancora qualche secondo, ascoltando i singhiozzi dell’amica. Ma quando capì che non avrebbe avuto risposte, riagganciò.
Si cambiò in fretta, afferrò la borsa, controllò di non aver dimenticato nulla e uscì di casa chiudendo la porta a doppia mandata. Giulia abitava a due passi, così Martina si mise a camminare di buon passo, ogni tanto scattando in una corsa, brontolando tra sé: *«Sempre così, non sa mai spiegarsi bene. Se ha lasciato acceso il forno e mi ha fatto correre per niente…»*
Cinque minuti dopo era davanti al citofono. Premette il pulsante, e dall’altoparlante uscì un rumore gracchiante.
— *Giuli, aprimi! Sono io!* — gridò Martina.
Un altro scricchiolio, poi il segnale di sblocco e il clic del portone. Martina si infilò dentro. La porta si richiuse alle sue spalle, e il buio totale dell’andito, dopo la luce del giorno, le tolse il fiato. Non aveva tempo di aspettare che i suoi occhi si abituassero. Fece un passo verso le scale prima dell’ascensore e subito inciampò, aggrappandosi di stretta alla ringhiera.
— *Porca miseria, qui ci si ammazza! Ma non possono mettere una lampadina decente?* — borbottò.
In piedi davanti all’ascensore, Martina tamburellava impaziente col piede, ripensando a tutte le possibili tragedie che potevano aver colpito Giulia e ripetendosi: *«Purché siano tutti vivi e sani…»* Alla porta dell’appartamento si fermò un attimo, tendendo l’orecchio. Non si sentivano urla né pianti, e già questo era un sollievo. Trattenne il fiato e suonò con decisione.
La porta si aprì su Giulia, il viso gonfio e stravolto dal pianto. Come un automa, si girò e avanzò lentamente verso la cucina, le gambe rigide. Martina sospirò, scrollò la testa, si tolse le scarpe e la seguì.
Giulia crollò su una sedia, la testa bassa, le spalle curve, le braccia inerti abbandonate sulle ginocchia. Tutto di lei gridava rassegnazione.
— *Giuli, che è successo? Mi hai spaventata* — Martina le mise una mano sulla schiena. — *Parla, perché io non capisco niente! Sono corsa come una pazza.*
— *Marcello mi ha lasciata* — disse Giulia con una voce piatta, senza vita.
— *Ti ha lasciato? Per un’altra?*
Giulia annuì.
— *Ma come? Te l’ha detto lui o te lo sei immaginato?* — chiese Martina, senza sorpresa. Marcello era un uomo attraente, e glielo aveva ripetuto mille volte: con quel fisico, le donne gli sarebbero sempre piovute addosso. Giulia doveva starci dietro, tenersi in forma, non dargli mai un motivo per guardarsi intorno.
— *Ha detto che ama un’altra, ha preso le sue cose ed è andato via. Marti, dimmi tu perché! Ho fatto di tutto, cucinavo, pulivo, gli ho partorito un figlio, sono stata a dieta per non ingrassare dopo il parto… e lui se ne va lo stesso.*
Martina sbuffò. — *Tutti vivi e sani, e tu urli come a un funerale. Gli passerà e tornerà* — si sedette accanto a lei.
— *Tornerà? Davvero?* — Giulia sollevò lo sguardo, improvvisamente speranzosa.
— *Non lo so. Può succedere di tutto. E lei chi è? Bella? Giovane?*
— *Ha la mia età. Grassa, pel di carota e con gli occhi strabici* — Giulia fece una smorfia. — *Marti, ma cosa gli mancava? Io sono mille volte meglio, e lui…* Ricominciò a singhiozzare, la testa di nuovo china.
— *Non è colpa tua. Sarà una crisi, gli ormoni, la mezza età… Gli passerà.*
Giulia scosse la testa, le spalle che tremavano per il pianto.
— *Smettila, riprenditi. Se entra ora e ti vede così, scappa davvero* — alle parole di Martina, Giulia ululò di nuovo, come al telefono.
— *Giuli, piangere non serve. Pensi che torni e tutto sarà come prima? Illusa* — Martina cambiò tattica, invece di compatirla, le diede una scrollata. — *Tu credi che, se tornasse, perdoneresti tutto. Ma sei scema. Non lo faresti. Lo tormenteresti per ogni minuto di ritardo, ti roderebbe il fegato, rovineresti la vita a te, a lui e a tuo figlio. A proposito, dov’è?*
— *Dalla vicina.*
— *Giusto così. Non deve vedersi la madre in questo stato. È pur sempre un uomo, anche se piccolo. Lacrime e capricci non fanno per lui* — Martina sospirò.
— *E smettila di piangere! Così finisci al manicomio. Hai Matteo. È dura, ma non è la fine del mondo. E poi, come sai che è strabica? L’hai vista?*
— *L’ho trovata su Facebook. Marcello era sotto la doccia e lei ha chiamato… Dimmi tu cosa vogliono gli uomini! Crediamo che impazziscano per quelle modelle tutte gambe e tette al silicone? Macché. Io mangiavo aria per paura di ingrassare mentre allattavo, e lui se ne va lo stesso. Lei è il triplo di me, e le tette come…* — Giulia cercò un paragone, poi lasciò perdere.
— *Non credo sia la fisicità. Sarà qualcos’altro, qualcosa che l’ha colpito* — mormorò Martina pensierosa.
— *Non dirmi l’anima. Quella lì ha l’anima di un’arpia. Pazienza, piangerà anche lei* — si asciugò le lacrime col dorso della mano.
— *Dai, Giuli, reagisci. Sei bella, in forma, giovane. Quanti hai, trentadue? Cristo, hai tutta la vita davanti* — la incoraggiò Martina.
— *Non voglio vivere senza di lui. Lo amo* — disse Giulia, la voce rotta dai singhiozzi. — *Fa troppo male. È meglio morire.*
— *Ehi, folle, cosa dici? Non pensarci nemmeno! Hai qualcosa da bere?* — Martina si alzò e frugò nel frigo. — *Dai, beviamo. Ti farà bene* — tirò fuori una bottiglia di vino già aperta e riempì due bicchieri fino all’orlo. Ne allungò uno a Giulia.
— *Bevi, tutto. È la migliore medicina.*
Giulia lo vuotò d’un fiato, come fosse acqua, e restituì il bicchiere vuoto.
— *Sognavamo di trasferirci in un bilocale. Hanno costruito un condominio per i dipendenti della sua azienda. Mezza proprietà, la venderanno, l’altra la assegnano. E quelli che cedono il vecchio appartamento avranno uno sconto enorme. LuiMartina la strinse forte e sussurrò: “Andrà tutto bene, vedrai”, mentre fuori il sole tramontava, tingendo il cielo di rosa come un nuovo inizio.