Trasferirsi in una nuova casa è sempre un’impresa faticosa. Lo sanno tutti.
Anche Ginevra e suo marito, dopo aver finalmente acquistato un appartamento più grande, si preparavano al trasloco subito dopo Capodanno.
Avevano già iniziato a riempire grandi scatoloni, separando ciò che poteva essere buttato da ciò che invece meritava di essere imballato con cura.
Quando arrivò il turno dell’armadio con la soffitta, il marito, prima di uscire per lavoro, tirò giù una scatola piena di decorazioni natalizie, portando con sé tutto il resto e sistemandolo in un piccolo mucchio ordinato. Toccherà a lei riordinare tutto.
Era chiaro che nella soffitta finiva ciò che nella vita quotidiana non serviva, ma che non si aveva il coraggio di buttare via, almeno finché non si era certi che quell’oggetto non sarebbe mai più servito.
Ginevra aveva preso due settimane di ferie proprio per questo: sistemare, ordinare, scegliere. E, alla fine, decidere cosa portare nella nuova casa e cosa lasciarsi alle spalle. Non era un compito semplice. Cosa fare con i suoi vecchi quaderni di scuola, i diari, gli attestati di merito? Quando i suoi genitori erano vivi, avevano conservato tutto, e ora toccava a lei, come un’eredità.
Ginevra si sedette accanto a quella pila e iniziò a esaminare meticolosamente i tesori d’archivio, alcuni dei quali finirono subito in un grande sacco nero della spazzatura, altri invece furono messi da parte. Poi, finalmente, le capitò tra le mani una piccola scatolina, ricoperta di conchiglie e sassolini, avvolta in un sacchetto di lino.
Era un regalo del suo amato nonno. Gliel’aveva portata da una vacanza al mare quando lei, Ginevra, aveva dieci anni. E quella meravigliosa scatolina era diventata il suo piccolo segreto. Ci riponeva ogni sorta di tesoro, cose preziose solo per i ricordi che custodivano.
“Chissà se Angelica ne ha una così,” pensò Ginevra parlando della figlia, ma poi concluse di no.
I ragazzi di oggi erano troppo razionali, poco romantici. A dieci anni sapevano già cosa volevano fare da grandi e dove sarebbero andati a studiare.
Ai loro tempi, neanche ci pensavano.
Lei aveva frequentato una scuola normale, si era diplomata in tecnologie alimentari e lavorava in una pasticceria locale.
Suo marito, Ottavio, era stato più fortunato.
Lui aveva sempre sognato di diventare architetto, e alla fine c’era riuscito.
Si era laureato ed era tornato nella sua città natale, dove ora era un professionista affermato. I suoi progetti erano molto richiesti.
Anche Angelica era così determinata. Anche se, a undici anni, ancora non aveva le idee chiare sul futuro.
Ginevra teneva in mano la scatolina e, per qualche ragione, aveva paura di aprirla. Cosa avrebbe trovato dentro? Quali ricordi d’infanzia?
Alla fine sollevò il coperchio e… Be’, cosa poteva esserci di così prezioso? Un ciondolo economico con la catenina rotta, che la mamma le aveva comprato in un negozio di souvenir.
Ecco una spilla della nonna a forma di farfalla, con qualche pietrina mancante.
Un grande bottone di madreperla, bellissimo, ma di quale vestito fosse non lo ricordava più.
Un rossetto in un astuccio dorato, regalato da un’amica in terza media, che la mamma non le aveva mai permesso di usare.
Era rimasto lì, intatto.
Poi, tra le sue dita, finì una cravatta a farfalla di velluto blu scuro, fatta con grande maestria.
E i ricordi la riportarono indietro negli anni, a una serata di Capodanno in cui erano venuti dei ragazzi di un’altra scuola.
Non ricordava più perché. Forse la loro palestra era in ristrutturazione, o forse era stata un’idea del preside.
Gli ospiti avevano fatto uno spettacolo, e poi c’erano stati i balli, i primi della sua vita. In che classe era? Quarta o quinta elementare? Fu allora che Ginevra si “innamorò” per la prima volta. Certo, era un modo di dire esagerato.
Ma quel ragazzo le era piaciuto tantissimo mentre stava sul palco a recitare poesie che, a quei tempi, le erano sembrate così mature.
Ed ecco un foglietto a quadretti con quei versi scritti. Quel ragazzo indossava un completo blu scuro e quella cravatta a farfalla. Quanto era profonda la sua voce mentre parlava!
Ginevra aveva sognato che la invitasse a ballare. Lei era rimasta in un angolo, con un bel vestito bianco e un fiocco sulla schiena, scarpe di raso, i capelli sciolti per la prima volta invece delle solite trecce. Quanti anni aveva? Undici, dodici? Ormai non lo ricordava. Ma quell’emozione, quel primo turbamento, era rimasto impresso nella sua memoria.
No, lui non l’aveva invitata. E se ne era andato in fretta dopo il ballo.
Lei e un’amica l’avevano seguito nello spogliatoio. Lui si era vestito in fretta, togliendosi la farfalla, aveva calato il cappello sugli occhi ed era uscito. Le ragazze l’avevano osservato di nascosto. Quando tornarono indietro, Ginevra trovò quella cravatta per terra. Probabilmente lui aveva cercato di metterla in tasca, ma… L’aveva persa.
L’aveva raccolta ed era corsa fuori, voleva restituirgliela, ma lo vide già salire in macchina: la portiera si chiuse e lui sparì. Forse i genitori erano venuti a prenderlo. Non si erano mai conosciuti, e non si erano più rivisti. Non sapeva neanche da quale scuola venisse.
Quanti anni erano passati! Eppure la sua scatolina segreta aveva conservato quel piccolo, apparentemente insignificante episodio. Rimise tutti i tesori d’infanzia al loro posto e lasciò la scatola sul davanzale, decisa a non nascondere più quella bellezza.
Era parte della sua infanzia, poteva rimanere lì, come una reliquia di famiglia. E magari un giorno avrebbe potuto raccontare qualcosa ad Angelica. Chissà cosa avrebbe detto? “Mamma, l’infanzia è passata, questi oggetti non valgono niente. Bisogna vivere il presente e il futuro!” O qualcosa del genere…
Ma si sbagliava. Quando Angelica tornò da scuola, notò subito la scatola, ne esaminò il contenuto e chiese:
“Questo è il tuo archivio? Da dove viene tutta questa bellezza?”
Tirò fuori prima la spilla a farfalla, poi la cravatta. A cena, Ginevra raccontò alla figlia anche di quel ragazzo.
“Non hai mai provato a trovarlo? Sarevi potuta andare alla sua scuola.”
“Ma parli dei social network, Angelica! Dove sarei andata, se non sapevo neanche da quale scuola venisse o come si chiamasse? Mangia e poi vai a fare i compiti. Io ho un sacco di cose da fare.”
Quella sera, Ottavio tornò dal lavoro e, dopo cena, aiutò la moglie con i preparativi. Angelica si avvicinò e annunciò:
“Papà, a mamma piaceva un ragazzo a scuola. Te lo immagini? Conserva ancora un ricordo di lui!”
“Angelica!” sbottò Ginevra, ma il marito sorrise:
“Non si rivelano i segreti degli altri, lo sai?”
“A proposito, mamma conserva anche la spilla della nonna e questa roba qui!”
La figlia si avvicinò alla scatola e tirò fuori senza cerimonieLa cravatta a farfalla scivolò tra le dita di Ottavio, che la fissò a lungo prima di sussurrare con un sorriso: “E pensare che per tutti questi anni ho creduto di averla persa per sempre”.