Trasferirsi per sopravvivere: come mia madre ha quasi distrutto il nostro matrimonio

**Scappati per salvarci: come mia madre ha quasi rovinato il mio matrimonio**

Una storia di una figlia messa all’angolo dall’ingerenza e dai rimproveri della propria madre

Mia madre mi ha ridotta a un punto tale che ho dovuto fare una scelta drastica: o rompevo con lei, o con mio marito. Nessuna delle due opzioni mi andava bene, e l’unica via d’uscita è stata traslocare. Solo così abbiamo salvato la nostra famiglia e quel che restava della mia sanità mentale.

Un tempo, avevo comprato con gioia un bilocale in una zona tranquilla di Bologna, nello stesso palazzo dove viveva mia mamma. Sembrava un colpo di fortuna: aiuto a portata di mano, le pareti familiari, il quartiere di sempre. Tutto sembrava perfetto… finché non è arrivato il momento in cui non lo era più.

Poi è entrato nella mia vita Matteo. Ci siamo conosciuti, innamorati e sposati. Lui era fuorisede, senza casa di proprietà, e ovviamente dopo il matrimonio si è trasferito da me. All’inizio andava tutto alla grande: premuroso, laborioso, onesto. Sentivo che era la persona con cui volevo passare la vita.

Ma mia madre… lei lo odiava dal primo istante.

«Ma questo da dove l’hai pescato? Né un euro né un aspetto decente. Sei impazzita, figlia mia?» commentava acidula non appena lui usciva dalla porta.

Cercavo di difenderlo, spiegavo che casa e bellezza non erano tutto. Contano il carattere, la gentilezza, la serietà. Ma le mie parole rimbalzavano su di lei come piselli sul muro. Scuoteva la testa e sussurrava sarcastica: «Vedrai quando sarai in maternità, te ne pentirai».

E anche se la maternità era lontana, mia madre ha reso la nostra vita un inferno. Veniva quasi ogni sera. Diceva che ero «sfortunata», accusava Matteo di essere incapace, criticava ogni suo gesto. E lui, tra l’altro, faceva di tutto per compiacerla: l’accompagnava, le faceva favori, la assecondava in ogni richiesta.

Ma questo non faceva che alimentare il suo astio.

«La figlia della signora Lucia ha un marito perfetto: casa, macchina, adora la suocera! E il tuo cos’è? Un grissino senza sapore! Né fiori né regali, ti tratta come una domestica!»

Se per caso rammendavo una maglia strappata, montava un dramma:

«Ecco in che stato ti ha ridotto! Ti vesti di stracci perché tuo marito è un pezzente pigro!»

Ogni sua visita era uno spettacolo. I vicini sbirciavano in corridoio—lei poteva scatenare un litigio persino sulle scale se non aprivamo subito. Il telefono squillava senza sosta, e noi temevamo di perdere una chiamata—chissà, magari un’emergenza!

Ma un giorno, dopo una scenata particolarmente pesante, io e Matteo ci siamo seduti e abbiamo parlato. Era chiaro: non potevamo continuare così. Abbiamo deciso di affittare il mio bilocale e trasferirci temporaneamente da sua madre. La suocera ha un trilocale e per giú dorme spesso dal suo compagno. Zero contatti forzati, quasi come vivere da soli. Così avremmo risparmiato per un mutuo e ricominciato lontano dal tormento quotidiano.

A mia madre non lo abbiamo detto. Sapevamo come sarebbe finita. Ma purtroppo, non è durato a lungo. Le vicine di casa hanno spifferato tutto: «Li abbiamo visti caricare valigie in macchina!». Mia madre è arrivata furibonda.

«È stata una sua idea, vero? Ha paura che io ti faccia aprire gli occhi?» ha urlato, gli occhi che scintillavano di rabbia. «E tu? Una piagnona senza spina dorsale! Preferisci una sconosciuta a tua madre!»

Matteo continuava a caricare le borse in silenzio, mentre io cercavo di spiegare che era una mia decisione. Una scelta mia. Perché ero stanca. Stanca di vivere nella paura, stanca di essere tirata da due parti. E se mia madre non si fosse intromessa, non saremmo mai andati via.

La sua risposta? «Tornerai da me piangendo!» e uno sbattere di porta.

Sono passati sei mesi. Viviamo dalla suocera, e finalmente—pace. Nessuno bussa alla porta all’improvviso. Nessuno umilia mio marito. Gli inquilini pagano l’affitto, noi lavoriamo e risparmiamo. Tutto secondo i piani.

Mia madre? Negli ultimi tre mesi, neanche un messaggio. Se chiamo io, risponde fredda, come se fossi un’estranea. Fa male. Non volevo arrivare a questo. Ma non potevo permetterle di distruggere la mia famiglia.

Se un giorno capirà, potremo ricominciare. Se no… pazienza. Non lascerò che nessuno, mai più, rovini la mia vita. Mai più.

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