Trasloco in una nuova casa: un’impresa impegnativa, come sanno tutti.

Traslocare in un nuovo appartamento è una gran rogna. Lo sanno tutti.

E così anche Beatrice e suo marito, finalmente, dopo aver comprato una casa più grande, si preparavano a traslocare subito dopo Capodanno.

Avevano già iniziato a mettere le cose in grandi scatole, selezionando con cura. Alcune finivano direttamente nella spazzatura, altre erano impacchettate con premura…

Poi toccò all’armadio con la soffitta. Il marito, prima di uscire per lavoro, aveva tirato giù una scatola con le decorazioni natalizie, e insieme a quelle aveva svuotato tutto il resto, ammucchiandolo ordinatamente. Ora toccava a lei sistemare quel caos.

Ovviamente, nella soffitta finisce tutto ciò che non serve più, ma che non si ha il coraggio di buttare, almeno finché non si è certi che non tornerà mai più utile.

Beatrice aveva preso due settimane di vacanza proprio per questo: imballare, riordinare, scegliere. E soprattutto decidere: cosa portare nella nuova casa e cosa no. Non era semplice. E i suoi quaderni delle elementari? I diari? I diplomi di merito? Quando i suoi genitori erano vivi, li avevano conservati religiosamente, e ora erano passati a lei, come un’eredità preziosa.

Seduta accanto alla pila di ricordi, Beatrice iniziava a rovistare tra quei tesori d’archivio, una parte dei quali finiva dritta nel sacco nero della spazzatura, mentre il resto veniva messo da parte. Alla fine, le mani le caddero su una piccola scatoletta, ricoperta di conchiglie e sassolini colorati, avvolta in un sacchetto di tela.

Era un regalo del nonno adorato. Gliel’aveva portata da una vacanza al mare quando lei, Bice, aveva dieci anni. E quella graziosa scatoletta era diventata il suo piccolo segreto. Ci riponeva tutti i tesori più cari, quelli che custodivano i ricordi dei momenti più belli.

“Chissà se Alice ne ha una così,” pensò Beatrice, parlando della figlia, ma poi concluse che era improbabile.

I ragazzi oggi sono troppo razionali, privi di romanticismo. A dieci anni sanno già cosa vogliono fare da grandi, dove andranno a studiare.

Ai loro tempi, invece, mica ci pensavano.

Lei aveva frequentato una scuola normale, si era diplomata in chimica alimentare e lavorava in una fabbrica di dolci locale.

Suo marito, Massimo, era stato più fortunato.

Lui sognava di diventare architetto, e ci era riuscito.

Si era laureato ed era tornato nella sua città natale, diventando un professionista affermato. I suoi progetti erano molto richiesti.

Anche Alice era così determinata. Anche se, a dodici anni, ancora non aveva deciso la professione.

Beatrice teneva in mano la scatola e, per qualche ragione, temeva di aprirla. Cosa avrebbe trovato dentro? Quali ricordi d’infanzia?

Finalmente sollevò il coperchio e… beh, che cosa poteva esserci di così prezioso? Un ciondolo da due soldi con la catenina rotta, comprato in un negozio di souvenir dalla mamma.

Ecco una spilla della nonna a forma di farfalla con pietruzze, due delle quali mancavano.

Un grosso bottone di madreperla, bellissimo, ma non ricordava più a cosa fosse appartenuto.

Un rossetto in un portatubo dorato, regalatole da un’amica alle medie, ma la mamma non le permetteva di usarlo. Così, era rimasto lì, intonso.

E poi, tra le dita, sentì qualcosa di vellutato: un papillon! Blu notte, fatto a mano e davvero elegante.

I ricordi la riportarono a quegli anni lontani, quando a una festa di fine anno erano arrivati dei ragazzi di un’altra scuola.

Non ricordava più perché. Forse la loro palestra era in ristrutturazione, o magari era una bizzarria del preside.

Gli ospiti avevano tenuto un piccolo concerto e poi, finalmente, c’erano stati i balli. I primi della sua vita. Che classe faceva? Quinta elementare? Prima media? E proprio quella sera, Bice si era “innamorata” per la prima volta. Certo, detto così sembrava eccessivo.

Ma quel ragazzo le era piaciuto tantissimo, soprattutto quando era salito sul palco a recitare quelle poesie che, ai suoi occhi di bambina, sembravano così mature.

Ecco anche il foglietto a quadretti dove le aveva copiate. Lui indossava un completo blu scuro e quel papillon. E con quanta intensità parlava!

Bice sognava che la invitasse a ballare. Se ne stava in un angolo, in un bel vestito bianco con il fiocco dietro, e le scarpette di raso. Per la prima volta aveva i capelli sciolti, non in codini come al solito. Quanti anni aveva? Undici? Dodici? Non lo rammentava più. Ma quell’emozione, quel primo turbamento, erano rimasti impressi nella memoria.

No, lui non l’aveva invitata. E dopo il ballo se n’era andato in fretta.

Lei e un’amica lo avevano seguito nello spogliatoio. Lui si era rivestito in un lampo, si era tolto il papillon, si era calato il cappello sugli occhi ed era sparito. Le ragazzine lo avevano osservato da lontano. E quando erano tornate indietro, Bice aveva trovato il papillon per terra. Forse aveva cercato di metterlo in tasca, ma… L’aveva perso.

Lo aveva raccolto e corsa fuori dal portone della scuola, sperando di restituirlo. Ma ormai lui era già salito in macchina, la portiera si era chiusa, e il ragazzo era sparito. Probabilmente i genitori erano venuti a prenderlo. Così non si erano mai conosciuti e non si erano più rivisti. Non sapeva neanche da quale scuola venisse.

Quanti anni erano passati! Eppure quella scatoletta segreta aveva conservato quel piccolo, apparentemente insignificante episodio. Tutti i tesori dell’infanzia tornarono al loro posto, e Beatrice la mise sul davanzale, decisa a non nascondere più quella bellezza.

Era parte della sua storia. Che restasse lì, come una reliquia di famiglia. E magari un giorno avrebbe potuto raccontarlo ad Alice. Come avrebbe reagito? Avrebbe detto, probabilmente: «Mamma, l’infanzia è finita, e questi tesori non valgono niente. Bisogna vivere nel presente e pensare al futuro!» O qualcosa del genere…

Ma si sbagliava. Quando Alice tornò da scuola, notò subito la scatoletta, ne esaminò il contenuto e chiese:

«È il tuo archivio segreto? Da dove viene questa meraviglia?»

Tirò fuori prima la farfalla della nonna, poi il papillon. A pranzo, Beatrice le raccontò anche del ragazzo.

«E non hai mai provato a cercarlo? Saresti potuta andare alla sua scuola.»

«Ma figurati! Ai tempi mica c’erano i social! E poi, dove sarei andata, se non sapevo neanche da che scuola veniva o come si chiamava. Su, mangia e poi fai i compiti. Io ho un sacco di cose da fare.»

Quella sera, Massimo tornò dal lavoro e, dopo cena, si mise ad aiutare la moglie con i preparativi. Alice arrivò e annunciò:

«Papà, sai che alla mamma piaceva un ragazzo a scuola? E lo ricorda ancora!»

«Alice!» sbottò Beatrice, ma il marito disse:

«Non si rivelano i segreti degli altri, lo sai, vero?» le rimproverò con un sorriso.

«A proposito, la mamma ha anche la farfalla della nonna e quest’altra roba!»

E senza cerimonie, la ragazzina prese il papillon blu dalla scatola.Massimo strinse il papillon tra le dita, ridacchiò e sussurrò: «Figurati se non l’avrei riconosciuto… era il mio preferito, e cercai quella cravatta per mesi prima di arrendermi all’idea che qualcuno l’avesse rubata».

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