**Il treno verso una nuova vita**
Giulia si svegliò e tese l’orecchio. Dal silenzio dell’appartamento capì che Nicola non c’era. Si alzò, si stirò e andò in cucina. Sul tavolo c’era un biglietto: *Scusa, ho dimenticato di avvisarti ieri. Sarò al lavoro fino a pranzo.*
Fece una smorfia, accartocciò il foglietto e lo gettò nel cestino. Da tempo sospettava che Nicola avesse un’altra. Era sempre fuori casa, non parlavano più di nulla, e ormai gli scambi erano rari. La figlia si era sposata e se n’era andata con il marito, trasferendosi nella caserma per il suo servizio militare. Una famiglia solo per finta.
Nella stanza suonò il cellulare. Francesca.
“Che fai?” chiese l’unica amica vera che aveva fin dai tempi del liceo.
“Nulla. Mi sono appena alzata.”
“Senti, c’è un tempo meraviglioso, primavera, sole. Facciamo un giro per negozi? Ho voglia di qualcosa di bello e colorato. Spero tu non abbia impegni?”
“Nessuno. Nicola è al lavoro.”
“Di domenica? Su, metti a posto, vestiti come si deve, tra un’ora passo a prenderti.” E Francesca chiuse la chiamata.
Giulia mise il bollitore sul fuoco e andò in bagno. Le piaceva fare shopping con Francesca. Aveva occhio. Sapeva sempre trovare tra mille cose quella giusta: il vestito perfetto, della taglia esatta, di qualità.
Le aveva insegnato che per fare acquisti bisogna presentarsi al meglio: non sembrare una provinciale, ma una signora benestante. Solo così le commesse avrebbero proposto cose di qualità. E stranamente funzionava. Senza pacchetti, non uscivano mai dai negozi.
Giulia si truccò, si vestì, si guardò allo specchio e rimase soddisfatta. Lo shopping era un ottimo modo per tirarsi su. E ne aveva bisogno.
Dieci minuti dopo, Francesca chiamò per avvisare di essere arrivata.
“Ciao. Cerchi qualcosa in particolare?” chiese Giulia salendo sulla Fiat della sua amica.
“No. Dovrebbero aver portato la nuova collezione, e quella dell’anno scorso la svendono. È primavera, lo senti, amica mia?” disse Francesca allegra.
“Nicola mi ucciderà. Stiamo risparmiando per le vacanze…”
“Non ti ucciderà. Taglia le etichette, butta gli scontrini, digli che hai speso la metà.”
“Sì, e io spenderò il doppio.”
“Ho un trucco infallibile per addormentare la diffidenza di un marito.”
“Quale?” chiese Giulia incuriosita.
“Lo scoprirai.”
Francesca era una donna imponente. Non grassa, ma robusta, con un seno generoso, fianchi larghi e vita stretta. Aveva occhi scuri espressivi, labbra carnose e capelli folti fino alle spalle. Gli uomini si voltavano a guardarla.
Giulia era l’opposto: bassa, slanciata, con capelli biondi ricci e occhi verdi. Di spalle, poteva sembrare una ragazzina. Accanto a Francesca si sentiva piccola, insicura.
Quando Francesca si avvicinava alle commesse, queste si affrettavano a servirla, offrendole il meglio. E lei le ricambiava con un sorriso regale. Giulia non ci riusciva. Le parlavano con sufficienza, lei si intimoriva, rifiutava aiuto e scappava dal negozio.
Dopo due ore, cariche di buste firmate, uscirono dall’ennesimo negozio.
“Basta, mio marito mi ammazza per questo,” supplicò Giulia.
“Andiamo,” Francesca la trascinò nel reparto lingerie.
“No, no. Per queste cose Nicola non mi parlerà per una settimana, se non di più,” gemette Giulia.
“Guarda che belli questi pizzi! Prendi il set color vinaccia. Sta perfetto con i tuoi capelli.” Francesca teneva in mano un reggiseno di una bellezza celestiale. “Potremmo abbinarlo a una vestaglia… No, sarebbe troppo.”
“Chi vedrà questa bellezza sotto i vestiti? E poi costa troppo. No, non lo prendo, non tentarmi,” replicò Giulia con fermezza.
“Ti ho insegnato tutto per niente… Non è per metterlo sotto gli abiti, è per la notte, perché tuo marito apprezzi i tuoi pregi. Con la tua figura, solo così va indossato. Persino un ceppo fiorirebbe, figuriamoci un uomo. Non avrà voglia di discutere. Lo prendiamo.” E si avviò alla cassa.
“Basta, mi cadono le gambe. Andiamocene. Sediamo da qualche parte. Stamattina ho solo bevuto un caffè,” propose Giulia. “Sai, credo che Nicola mi tradisce.”
“Lo dici perché è andato a lavorare di domenica?” chiese Francesca, scettica, mentre camminavano verso un bar.
“Sospetto da tempo…”
“Ecco il bar, entriamo,” la interruppe Francesca.
Si sedettero vicino alla finestra. Mentre aspettavano il camerere, Giulia osservava gli altri avventori. Due tavoli più in là, un uomo le voltava le spalle, molto simile a Nicola. Stessa pettinatura, stesso maglione bianco. Glielo aveva regalato lei a Natale. Ma non poteva averlo messo per lavoro. E come faceva a essere lì? Il suo ufficio era dall’altra parte della città.
Pensò di essersi sbagliata, ma il suo sguardo tornava sempre a quell’uomo. Come se l’avesse sentito, lui si voltò. Giulia vide il suo profilo e non ebbe più dubbi. Era Nicola.
Si spaventò come una ragazzina colta in flagrante, ma Nicola non poteva vederla, e si calmò.
“Hai visto un fantasma?” chiese Francesca.
“Zitta. C’è Nicola là. Andiamocene prima che ci veda,” sussurrò Giulia.
“E allora? Di cosa hai paura? Dovrebbe preoccuparsi lui. Cosa ci fa qui? Hai detto che era al lavoro, e l’ufficio è dall’altra parte della città, no?” incalzò Francesca. “Si è vestito per un appuntamento. Chiaramente aspetta qualcuno. Guarda che controlla l’orologio. Cos’era che dicevi dei tuoi sospetti?”
Giulia si alzò.
“Dove vai?” Francesca la trattenne per un braccio.
“Vado da lui. Prima o poi ci vedrà, e sarà peggio.”
Si avvicinò al tavolo di Nicola e si sedette di fronte a lui.
“Ciao.”
Nicola non si aspettava di vederla lì e la fissò smarrito.
“Che ci fai qui?” chiese Giulia. “Hai scritto che eri al lavoro. O così ora lo chiamano?”
“E tu?”
“Io e Francesca abbiamo fatto shopping, siamo stanche, siamo entrate a riposarci. È seduta dietro di te. Francesca!” Giulia sorrise e fece un cenno all’amica.
Nicola non si voltò.
“Aspetti qualcuno? Controlli sempre l’orologio. Ti disturbo?”
Nicola riprese il controllo e attaccò:
“Quanto hai speso? Avevamo detto di non comprare niente prima delle vacanze.”
“Tranquillo. Ho speso con moderazione. Anche per le vacanze ci serve qualcosa da indossare.” Giulia si sentiva stranamente calma. Meglio sapere la verità che tormentarsi con i dubbi.
In quel momento, il telefono di Nicola suonò per un messaggio. Non lo guardò, ma lo girò con lo schermo verso il basso.
“Perché lo fai sempre quando sono qui? Anche a casa, quando entro, lo giri. E lo porti persino in bagno. Mi nascondi qualcosaGiulia lo guardò negli occhi e, con una calma che non sentiva da anni, disse: “Prendi le tue cose e vattene, perché questa storia è finita,” poi si alzò e uscì dal bar, lasciandosi alle spalle un passato che non le apparteneva più.