Tu devi rispettare i miei diritti!” – ribadì il figlio, ignaro di quanto fosse semplice ferire il cuore di una madre

**30 Ottobre**

“Devi rispettare i miei diritti!” mi disse mio figlio, senza sapere quanto sia facile ferire il cuore di una madre.

Quella sera umida d’ottobre, Maria, avvolta nel suo accappatoio, posò sul tavolo un piatto di caldi panzerotti. La stanza si riempì del profumo della pasta appena sfornata, mentre dal finestrone entrava un freddo tagliente. Tutti si affrettarono a sedersi, desiderosi di scaldarsi con una tazza di tè e dimenticare l’umidità autunnale.

Il mio figlio di dieci anni, Matteo, sedette in silenzio, prese un panzerotto, ma quasi non lo mangiò—si limitò a smuoverne il ripieno con la forchetta, accigliato. Aveva lo sguardo pesante, come se avesse imparato qualcosa di serio a scuola.

“Che hai, Matteuccio?” chiese Maria, sedendosi accanto a lui. “Sei così pensieroso. È successo qualcosa?”

Il bambino posò il panzerotto e rispose:

“Oggi è venuto un poliziotto a parlarci in classe. Ci ha detto che noi bambini abbiamo dei diritti. E che spesso i genitori li violano.”

Maria alzò un sopracciglio, sorpresa:

“Davvero? E cosa ha detto di preciso?”

“Un sacco di cose,” cominciò Matteo con tono adulto. “Per esempio, che non potete obbligarmi a fare quello che non voglio. Che tu e papà dovete rispettare la mia personalità. E poi ho la mia vita privata. E posso decidere io come passare il mio tempo.”

“Vita privata?” replicò Maria, trattenendo a fatica una risata.

“Sì!” annuì convinto. “Per esempio, io voglio giocare al computer dopo scuola, ma tu mi fai fare i compiti. È una violazione della mia libertà! E poi urli quando non mangio i broccoli—il poliziotto ha detto che è pressione psicologica! E le sculacciate? Sai che è un reato, vero? Posso anche essere allontanato da casa se voglio!”

Maria tacque. Appoggiata al bordo del tavolo, ascoltava suo figlio senza riconoscerlo. Ricordava quando era piccolo, quando piangeva di notte e si stringeva a lei disperato, mentre lei vegliava sul suo letto, controllando ogni suo respiro. E ora aveva davanti “un cittadino con diritti”.

“E la maestra? Non hai paura di lei?” chiese più piano. “Se ti trattiene dopo lezione, chiamerai anche la polizia?”

“Certo! È trattenimento illegale. Posso denunciarla. Anche lei deve rispettare i miei diritti.”

“E se la mettono in prigione? Non ti dispiacerà?”

“Be’… forse un po’,” ammise con un attimo di esitazione. “Ma non deve infrangere la legge!”

Maria sospirò, voltandosi verso il lavandino per lavare i piatti. Matteo intanto prese un foglio e cominciò a scrivere velocemente. Poi le corse incontro e glielo porgè.

Sul foglio, con la sua grafia infantile ma decisa, c’era scritto:

“Pagamento servizi: pulire la camera—50 euro, portare a spasso il cane—30, fare la spesa—20. Totale: 100 euro a settimana. Più 130 del debito della scorsa.”

Maria abbassò lo sguardo sul foglietto. Sentì una fitta al petto. Le sembrò che tra lei e suo figlio si fosse alzato un muro. Sedette, prese un altro foglio e cominciò a scrivere. La sua mano tremava. A un certo punto rise, ma un attimo dopo gli occhi le si riempirono di lacrime. Quando finì, piegò il foglio con cura e lo passò a Matteo.

Lui lo prese e lesse:

“Servizi resi: notti insonni—migliaia, lavare, pulire, cucinare—ogni giorno, preoccupazioni—senza fine. Riunioni a scuola, ospedali, cadute, pianti, paure, gioie, primi passi, prime parole. Preghiere quando eri malato. Il cuore, tutto per te. Gratis. Perché ti amo.”

Il bambino rimase in silenzio. Poi, all’improvviso, si gettò tra le braccia di sua madre, stringendola forte, e sussurrò:

“Scusami, mamma… Volevo solo sembrare grande. Non credevo di farti così male…”

Maria lo strinse a sé, gli baciò la testa e mormorò:

“Ricorda, piccolino… i diritti sono importanti. Ma l’amore e il rispetto lo sono ancora di più. E una famiglia significa prendersi cura l’uno dell’altro… non per soldi, ma perché il cuore lo chiede.”

Quella sera restarono seduti insieme, in silenzio, stretti l’uno all’altro. Fuori il vento freddo soffiava, ma in casa faceva caldo. Perché erano di nuovo—davvero—uniti.

*Oggi ho capito che non basta insegnare ai nostri figli a pretendere i loro diritti. Dobbiamo insegnargli anche il valore del cuore che li ama.*

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