Tutta colpa della tua vita

Questo è tutto il tuo modo di educare

Ludovica Marchetti si affacciò alla finestra della sua cucina e osservò come suo nipote Massimiliano lanciava sassi al gatto del vicino. Il ragazzino aveva solo sette anni, ma nei suoi gesti si leggeva già una certa cattiveria che spaventava la nonna.

— Massì, smettila subito! — gridò lei, spalancando la finestra.

Il nipote neanche si voltò. Prese un sasso più grosso e lo scagliò di nuovo contro l’animale. Il gatto miagolò dolorosamente e sparì dietro i garage.

Ludovica sospirò e andò a vestirsi. Doveva scendere e parlare con il bambino. Ma sapeva che non sarebbe servito a molto. Massimiliano non la ascoltava mai, rispondeva male e a volte scappava perfino a casa a lamentarsi con sua madre.

Nell’androne incontrò la vicina, Giovanna Rossi.

— Ludo, hai visto tuo nipote? — domandò quella, indignata. — Sta di nuovo tormentando la mia Micia!

— Sì, Gio. Ora parlo con lui.

— Ma a che serve parlare! Dovresti parlare con Alessia. È tutta colpa della sua educazione, o meglio, della mancanza totale di educazione!

Ludovica tacque. Non voleva discutere con la vicina, ma non poteva neanche darle ragione. Alessia era sua figlia, e per quanto fossero tesi i loro rapporti, doveva sempre difenderla.

Nel cortile, Massimiliano si era già dedicato a un nuovo passatempo: strappava le ali alle mosche intrappolate in un barattolo.

— Massì, che stai facendo? — Ludovica si sedette accanto a lui sulla panchina.

— Studio — borbottò il bambino, senza alzare lo sguardo.

— Cosa studi?

— Come faranno a vivere senza ali.

— E a te perché interessa?

Massimiliano scrollò le spalle.

— Mi incuriosisce.

Ludovica prese delicatamente il barattolo dalle sue mani.

— Sai, anche le mosche sono esseri viventi. Soffrono, quando gli strappi le ali.

— E allora? Sono schifose.

— Massimiliano, non si fa del male agli altri, anche se non ci piacciono.

Il bambino guardò la nonna con un’espressione che sembrava non capire una parola di quello che diceva.

— Mia mamma dice che se qualcuno è più debole, non c’è bisogno di averne paura.

Ludovica sentì il cuore stringersi. Davvero Alessia insegnava queste cose a suo figlio?

— Tua mamma dice tante cose, ma non tutte sono giuste. I forti devono proteggere i deboli, non tormentarli.

— Che stupidaggini — replicò Massimiliano, poi corse verso l’altalena.

Quella sera, Ludovica decise di parlare con sua figlia. Alessia arrivò per prendere il figlio verso le otto, come al solito stanca dopo il lavoro e di pessimo umore.

— Mamma, almeno l’hai fatto mangiare? — chiese, senza neanche salutare.

— Certo che l’ho fatto mangiare. Ale, dobbiamo parlare.

— Di cosa? — la figlia giocherellava nervosamente con la cinghia della borsetta.

— Di Massimiliano. Del suo comportamento.

Alessia alzò gli occhi al cielo.

— Altre lamentele? Mamma, ha sette anni! Tutti i bambini a quell’età combinano guai.

— Non sono guai, Ale. Tortura gli animali, risponde male agli adulti, non ascolta nessuno.

— E cosa suggerisci? Rinchiuderlo in casa?

— Suggerisco di occuparti della sua educazione. Spiegargli cosa è giusto e cosa è sbagliato.

Alessia sbuffò.

— Mamma, i tempi sono cambiati. Oggi bisogna essere duri per sopravvivere. Non voglio che mio figlio cresca un fifone che tutti possono prendere in giro.

— Ma c’è differenza tra essere forti ed essere crudeli!

— Che differenza c’è? L’importante è non farsi mettere i piedi in testa.

Ludovica guardò sua figlia e non la riconobbe. Dov’era finita quella bambina dolce e sensibile che aveva cresciuto? Quando era diventata così cinica?

— Massì, andiamo a casa! — gridò Alessia verso la zona giochi.

Il bambino si avvicinò a rilento.

— Nonna, domani ci torno? — chiese.

— Certo, tesoro.

Alessia prese il figlio per mano e si avviò verso l’uscita del cortile. All’uscita si voltò.

— Mamma, non riempirgli la testa di stupidaggini su bontà e giustizia. La vita è una cosa dura.

Dopo che se ne furono andati, Ludovica rimase a lungo seduta sulla panchina, domandandosi dove avesse sbagliato con l’educazione di sua figlia. Alessia era cresciuta come una bambina normale, né migliore né peggiore delle altre. Aveva studiato senza brillare, ma si impegnava. Aiutava in casa, non rispondeva male. Cosa era successo dopo?

Il giorno dopo, Massimiliano arrivò dalla nonna di cattivo umore.

— Che è successo? — chiese Ludovica, notando un graffio sulla guancia del nipote.

— È stato Vito, quello stupido — borbottò il bambino.

— E perché ti ha graffiato?

— Per niente. Così, per caso.

Ludovica non ci credette. Vito era un bambino tranquillo, abitava nella casa accanto. Conosceva lui e i suoi genitori.

— Massì, dimmi la verità. Che gli hai fatto?

— Niente di che — il nipote evitava di incrociare lo sguardo della nonna. — Gli ho solo preso una caramella.

— Preso o strappato?

— Be’… strappato. Ma non l’ho picchiato!

— E lui non voleva condividerla?

— No. È un avaro.

Ludovica sospirò.

— Massimiliano, non si prendono le cose degli altri. Se vuoi una caramella, chiedila o comprane una tua.

— E perché? Lui è più debole di me, quindi io sono più forte. Mamma dice che il più forte ha sempre ragione.

— Mamma sbaglia.

Massimiliano la guardò stupito.

— Mamma non può sbagliare. È grande.

— Anche i

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

1 × 1 =

Tutta colpa della tua vita