Tutto era perfetto finché non è tornata
– Cosa ci fai qui? – Laura quasi rovesciò il caffè dalla tazzina, vedendo sull’ingresso del suo appartamento la sagoma familiare che non aveva mai dimenticato.
– Ciao, sorellina – sorrise Giulia, scrollando via i capelli neri che le ricadevano sulla fronte. – Mi sei mancata?
– Tu… tu sei a New York – balbettò Laura. Le mani le tremavano. – Otto anni fa sei sparita e hai detto che non avresti mai…
– I piani cambiano – alzò le spalle Giulia, avanzando lentamente dentro l’appartamento. – Posso entrare, o devo rimanere qui in mezzo ai miei ricordi?
Laura si scostò, come spinta da una forza invisibile. Otto anni di pace, di abitudini rassicuranti. Giulia osservò la stanza dove una volta avevano danzato tra le lenzuola mentre i profumi di basilico inviavano l’aria.
– Bella sistemazione – commentò, guardando la foto appesa al muro, quella in cui Laura sorrideva dietro il bancone di un bar. – Ti ricordi quando sognavamo di trasformare questi muri in una galleria d’arte?
– Me lo ricordo – rispose Laura a voce bassa. – Giulia, perché sei qui?
– Non si può visitare una sorella? – si sedette con grazia sulla sua poltrona. – Tanto, fuori è sempre la stessa piazza di sempre…
Laura posò la tazzina sul tavolo. Le mani non smettevano di tremare. Giulia sembrava più anziana, con un’ombra negli occhi che ricordava la sera in cui avevano visto il mercato del pesce bruciare durante l’esodo di una vecchia famiglia.
– Sei sposata? – chiese Giulia, notando l’anello al dito di Laura.
– Sì – Laura nascose la mano. – Con Marco. Lo conosci? Il ragazzo che voleva essere chitarrista quando avevamo quindici anni.
– Marco De Luca? – alzò un sopracciglio. – Quello che ti cantava le canzoni della sua amata in cambio di un gelato?
– Proprio lui.
– Che commozione – fece una risatina bassa. – E avete figli?
– Una bambina. Sofia. Ha sei anni.
Giulia annuì, ma qualcosa nei suoi occhi cambiò. Laura lo conosceva bene, quel bagliore: segnava sempre l’inizio della pioggia.
– Dove ci gioca?
– Al parco giocano – disse Laura, cercando di mantenere la calma. – Marco la porterà lì oggi per l’aperitivo estivo.
– Che bell’immagine – sussurrò Giulia, la voce carica di una malinconia strana. – Una famiglia, una figlia, una vita… Tutto quel che sognavamo insieme.
– Giulia – Laura si avvicinò – raccontami, perché sei ritornata?
Lo sguardo di Giulia si posò su di lei, ma c’era qualcosa di diverso. Non era più la ragazza che rideva con lo sguardo. Era come uno specchio rotto rifratto nella luce di una notte senza stelle.
– Lì non c’era nulla – disse lentamente – Ho perso il negozio di antiquariato, i permessi si sono scaduti. Sono tornata.
– Per sempre?
– Forse no.
All’interno, Laura si sentì inondare da un senso di sfinimento. Ricordava, con precisione orribile, che la presenza di Giulia significava sempre caos. Ma lei era sua sorella, l’ultima traccia della loro famiglia…
– Dove stai? – chiese finalmente.
– Per ora… da nessuna parte – sorrise. – Pensavo… mi ospiteresti? Solo per pochi giorni.
Laura trattenne il respiro.
– Non abbiamo molti spazi – rispose, guardando fuori dalla finestra dove il tramonto colorava il Tevere. – Sofia…
– Starò sul divano – disse Giulia, la voce dolce come un ricordo. – Non vi disturberò.
Laura sapeva che avrebbe dovuto dire no. Ma non riuscì a pronunciarlo.
Quella sera, Marco tornò con Sofia, che chiese subito chi fosse la donna con i capelli neri. Giulia le mostrò un trucco con le monetine e la ragazza rise forte, battendo le mani. Ma durante la cena, il silenzio cresceva come un vortice.
– Allora, Sofia – chiese Giulia dopo un momento – vai spesso al cinema con papà?
– Sì! – disse la bambina con gli occhi luminosi. – Mi piace tanto quando mi prendi le ciliegie candite!
– Sarà felice anche domani – disse Marco, cercando di sorridere. Giovane, ma con la barba leggera che evidenziava la sua età.
Dopo cena, Marco lavò i piatti in silenzio. Laura gli chiese a voce bassa:
– Per quanto tempo rimarrà?
– Dice per pochi giorni – lui posò le mani sulla spalla di Laura. – Ricordo perché è partita…
– Non posso abbandonarla – sussurrò lei. – È mia sorella…
– Lo so. Ma pensa a Sofia. I bambini sentono queste cose…
– Non c’entra.
– Lo sento, Laura. Giulia ha qualcosa… la sua mancanza di paura.
Ma mentre lo diceva, i loro sguardi si fissarono sulla stanza. Giulia stava insegnando a Sofia a Fare la pizzica, la loro vecchia canzone di quando si rincorrevano tra le stelle romane.
Il giorno seguente, andarono insieme al parco. Giulia portò le cassette di frutta e verdura come donne che vendevano nei mercati, e Sofia si divertì ad aiutarla. Marco riaffiorò il suo lato caldo, ruggendo di nuove emozioni.
– Ricordi? – disse Giulia a cena – Quando sognavamo di salvare le persone? Tu avresti fatto la cuoca di strada, io…
– No – interruppe Laura. Non voleva ricordare quella sera in cui Giulia aveva detto alle donne del mercato che Marco non era abbastanza forte.
Ma la battaglia non era finita.
Nei giorni successivi, Giulia sembrò integrarsi. Aiutava con i fornelli, insegnò a Sofia a preparare i supplì, ma Laura percepì sempre di più i segnali. Chiamate troppo lunghe per lavoro, sguardi troppo lunghi durante le passeggiate a Villa Borghese.
– Marco ti tiene su – disse una sera Giulia, osservando la pianta di ortensie nel vaso. – Ma ti rendi conto che vive solo per essere affidabile?
– Stai esagerando – rispose Laura, il cuore che batteva forte. – Tu hai fatto sfracelli…
– Non capisci – Giulia la fissò. – Lui ha bisogno di qualcuno che lo metta a terra. Senza paura.
Laura non replicò. La sua voce era sparita tra quelle nuvole nere che si riversavano dal balcone.
La guerra ebbe inizio a mezzanotte. Giulia apparve improvvisamente con un foglio strappato dal suo libro di poesie.
– Scegli – sussurrò. – Lui o queste foto che conserviamo di noi.
Laura guardò quelle foto: erano felici, ma non erano reali. Era qualcosa che Giulia aveva creato… perché lei era fatta di ricordi e rimpianti.
Allora Laura capì: la casa non era mai appartenuta a lei. Era solo un sogno di Giulia, una stanza costruita da sogni.
Insieme, si trasformarono in ombre. Una danza eterna tra Roma e il passato.