Tutto sembrava perfetto, finché non è tornata.

Tutto procedeva bene finché non tornò
– Che ci fai qui? – Elena quasi rovesciò la tazza di espresso, fermandosi davanti alla porta di casa sua, sorpresa nel rivedere la figura familiare sull’uscio.

– Ciao sorellina – sorrise Antonia, sfiorandosi i capelli lunghi e ricci. – Mi sei mancata?
– Tu… Tu sei negli Stati Uniti – Elena balbettò, le mani tremanti. – Sei andata via otto anni fa dicendo che non sarebbe mai tornata…
– I piani cambiano – disse Antonia, entrando senza aspettare invito. – Posso? Oppure devo stare lì fuori a ringraziarti per essere una persona educata?
Elena si spostò in silenzio. Otto anni. Otto anni di vita regolare, di case acquistate, di lavoro stabile. Antonia osservò la stanza, un tempo divisa con lei.

– Non ti sei dimenticata – disse, notando il camino e i mobili nuovi. – Ricordi quand’eravamo piccole e volevamo costruire un castello con i mattoncini?
– Sì – sussurrò Elena. – Antonia, cosa succede? Perché sei tornata?
– Per visitare mia sorella? – Antonia si tolse il cappotto, posandolo sul divano. – Lo skyline di Roma è immutato. Quei palazzi rosso fuoco, l’aria di primavera che sembra non finire mai.
Elena posò la tazza. Antonia sembrava la stessa, ma negli occhi c’era una stanchezza diversa.

– Sei sposata? – chiese Antonia, guardando il anello al dito.
– Sì – Elena coprì il dito. – Con Luca. Lo conosci? Era il mio compagno di classe.
– Luca Marchetti? – Antonia alzò un sopracciglio. – Quello che ti scriveva poesie d’amore clandestine?
– Proprio lui.
– Avrei giurato fosse tuo marito allora.
Ma non lo è – Elena non disse, trattenendosi.
– Hai figli?
– Una bambina. Giada. Ha sei anni.
Antonia annuì, ma Elena notò lo sguardo corrucciato.

– Dov’è?
– Alla scuola materna. Luca andrà a prenderla.
– Che vita agiata – disse Antonia, con un velo di sarcasmo. – Una famiglia, un figlio, una carriera. Tutto ciò di cui abbiamo sognato quand’eravamo nervi e ossa.
– Antonia – Elena si avvicinò. – Perché sei tornata?
Antonia si voltò, gli occhi in quelli di sua sorella. Per un istante parve fragile, ma sparì.

– Il business negli States non ha funzionato. La visto è scaduta. Sono tornata.
– Per sempre?
– Non lo so.
Elena capì che stava per tornare l’altra Antonia – quella che seminava caos con una sola parola.

– Dove vivi?
– Per ora da nessuna parte – sorrise, occhi di miele. – Forse potrei dormire qui? Solo per qualche giorno.
– Antonia, la casa non è grande… Giada…
– Starò sul divano. Non vi disturberò.
Elena sapeva di dover dire no. Ma era sua sorella, l’unica dopo la morte dei loro genitori.

– Va bene – sospirò. – Per poco tempo.
– Grazie, sorellina – Antonia l’abbracciò, e per un momento tornarono le bambine che si appoggiavano l’una all’altra.

La sera, Luca tornò con Giada. Elena lo aveva avvisato, ma lo vide irrigidirsi vedendo Antonia.

– Ciao Luca – disse Antonia, seduta sul divano.
– Antonia – rispose lui, freddo. – Che notizie dagli Stati Uniti?
– Che dire… – sorrise, misteriosa. – Tu invece non sei cambiato: sempre serio come un libro di contabilità.
Giada si strinse a lui, curiosa davanti a questa donna strana.

– Chi è? – chiese la bambina.
– È zia Antonia – disse Elena, accoccolandosi avanti. – Mia sorella.
– Hai una sorella?! – esclamò Giada. – Perché non l’ho mai vista?
– Zia Antonia è andata lontano – spiegò Elena. – Adesso viene a trovarci.
Antonia si inginocchiò davanti alla piccola.

– Ciao Giada. Sei così carina.
– Davvero? – la bimba arrossì.
– Sembri tutta tua madre.
Durante la cena non fu facile. Luca parlò poco, rispondeva con monosillabi. Elena cercò di alleggerire l’atmosfera, ma il clima era teso.

– Papà, domani andiamo al circo? – chiese Giada, dopo il minestrone.
– Sì, tesoro – disse Luca, e il suo tono si addolcì.
– Anche zia Antonia verrà? –
– Se vorrà – intervenne Elena, guardando la sorella.
– C’andrò senz’altro – Antonia annuì. – È tanto che non ci vado.

Dopo cena, Luca aiutò Elena a sparecchiare.

– Per quanto tempo rimane? – sussurrò.
– Dice solo un paio di giorni.
– Elena – lui le mise una mano sulla spalla – ricordi che fu quando…
– So. Ma è mia sorella. Non la posso buttare in strada.
– Lo capisco. Ma pensa a Giada.
– Giada non c’entra.
– I bambini sentono le cose, Elena.
Si udì la risata di Giada. Elena la vide inseguire Antonia che le mostrava trucchi con monetine.

Il giorno successivo seguirono il piano: al circo. Giada era estasiata, Antonia le regalò caramelle e palloncini. Luca, lentamente, si rilassò.

– Ricordi – disse Antonia a cena – quando da bambine sognavamo di essere acrobati? Tu la ginnastica, io la addestratrice di leoni.
– Certo – sorrise Elena. – Tu dicevi che i leoni ti obbedivano perché eri coraggiosa.
– Lo sono – le occhiolinevetterono.
– Che vuol dire coraggiosa? – chiese Giada.
– Fare ciò che vuoi, anche se gli altri dicono che è pericoloso – rispose Antonia.
Elena sentì una scarica di allarme, ma Luca intervenne:

– La correttezza è importante, ma anche considerare le conseguenze.
Dopo cena, con Giada addormentata, le sorelle rimasero sole.

– Hai una vita perfetta – disse Antonia, fissando le foto di famiglia. – Tranquila, prevedibile. Ma non è noioso?
– A me non è noioso.
– Davvero? E ricordi che viaggiavamo per il mondo? Tu il tuo Parigi, io New York.
– I sogni possono cambiare. Oppure dài, forse non permetti a te stessa di cambiare? – disse Antonia. – Elena, sei felice?
– Certo.
– Non ti chiedi qualcosa? Se fossi uscita di casa quel giorno… se Giada non fosse nata a 25 anni?
– Antonia…
– Niente. Curiosity.

Nei giorni seguenti, Antonia si sistemò in famiglia. Giocava con Giada, aiutava Elena in cucina, faceva colazione. Luca iniziò a parlare. Ma Elena notò i dettagli: Antonia osservava la routine, chiedeva di lavoro, del loro budget.

– Luca guadagna bene? – chiese un mattino.
– Circa 3.500 euro al mese – Elena versò dell’acqua. – Per noi va bene.
– Che fa esattamente?
– È a capo di un marketing bureau. Perché ti interessa?
– Solo curiosa. Lavora tanto con clienti?
– Sì. Perché?
– Sempre gentile. Probabilmente ha molti fan.

La sera, Luca tornò tardi.

– Mi spiace – disse, baciando Elena. – Una riunione.
Mangiarono insieme. Antonia era vivace, ascoltava Luca, si interessava. Elena lo osservava, ricordando quel ragazzo che Antonia aveva rubato anni prima.

– Luca, potresti darmi un passaggio al centro? – chiese Antonia. – Devo depositare documenti e non è comodo in metropolitana.
– Certo – disse lui, gentile. – Verso le undici?
– Perfetto. Sei un tesoro.
Elena serrò i denti. Ricordava quando Antonia parlova così con il fidanzato tradito anni prima.

La notte non riuscì a dormire. Antonia era in cucina con un caffè.

– Non dormi? – chiese.
– Sono abituata a svegliarmi presto – rispose Elena, bevendo dell’acqua.
– Elena – Antonia la guardò – stai male? Dalli ultimi giorni mi sembri tesa.
– Sto bene.
– Davvero? Perché sembra che mi odii. Forse per il ritardo? Oppure per l’impreparazione?
Elena taceva.
– Elena – Antonia si avvicinò – ricordo cosa feci anni fa con Massimo. Sai, il tuo fidanzato…
– No – interruppe Elena. – È acqua passata.
– Ma non la pensi davvero.
– Sto cercando di dimenticarlo.
– Allora perché mi guardi come se fossi l’antagonista?
Elena la fissò.
– Cosa posso fare? – chiese Antonia. – Lo sai.
– Io ho una vita, una figlia…
– Pensi davvero che voglia rubarti tuo marito? – sorrise amaramente. – Ho 42 anni. C’è finito di inseguire uomini. Voglio un posto mio.
– Allora trovalo. Ma non qui.
– Dove? Sei l’unica.
Luca entrò in assonno.
– Buongiorno ragazze – disse, stiracchiandosi.
– Parlavamo della vita – rispose Antonia, leggera. – Luca, non dimenticarti del pick-up?
– Mi ricordo. Alle undici.

Elena osservò la sorella sorridere a suo marito. Quel sorriso identico a quando rubò il fidanzato anni fa.

Trascorse una giornata agitata, in attesa. Luca chiamò dicendo che si trattenesse.

– La aiutavo a portare delle spese – spiegò, blando.
– Va bene. Torno in tempo.

La sera tornarono allegri. Antonia era brillante, Luca interessato.

– Grazie per il tuo aiuto – disse lei. – Senza di te non ce l’avrei mai fatta.
– Favori – disse lui, ma il calore dietro la frase era evidente.
– Conosce perfettamente i cellulari – aggiunse. – Mi ha suggerito il nuovo modello.
Elena lo guardò. Antonia stava giocando a combattersi con il suo lavoro.

Per la notte, Elena seppe che il gioco iniziava.

– Antonia – disse, svegliandola – dobbiamo parlare.
– Di? – fece finta di non capire.
– Lo sai. Basta fingere.
– Non capisco.
– Ti ho visto guardarlo. Quello sguardo… ricordi?
– Hai le paure, sorellina – disse Antonia, serena. – Credi che Luca non sia tuo?
– È mio!
– Il tuo? – sorrise. – lui lo sa?
– Non è questo il punto.
– Forse non sei tu a decidere. Forse lui rimpiange di esserti sposato.
– Non è vero!
– Allora, spiegami perché hai paura? Se vi amiate tanto, perché hai il cuore in gola?
Elena rimase immobile.
– Ho capito, sai? Luca non è felice. Lui è bravo, responsabile… ma non felice. Vivi per lui, non per voi.
– Non mentire!
– E va bene, torna a dormire. Io non vado via. Ho posto qui. E sono stanca di correre.
– Allora lo dirò a Luca.
– Fai pure. Solo, chiediti una cosa: cosa succederebbe se lui scegliesse me?
Elena lo capì: la guerra era iniziata. E la vinceva chi era più forte.

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Tutto sembrava perfetto, finché non è tornata.