Un altro bambino in arrivo

Ricordavo ancora quel periodo difficile, quando tornavo a casa dopo il lavoro, in quelle stanze vuote che mi accoglievano con il loro silenzio. Accendevo subito la televisione, alzando il volume, quasi a fingere che ci fosse qualcuno ad aspettarmi. Mia figlia Giulia si era ormai sposata, e mio marito… mio marito Elio mi aveva lasciato per una donna più giovane.

Non riuscivo ancora a credere che Elio mi avesse tradito. Ventiquattro anni vissuti insieme, senza litigi, senza incomprensioni già sognavamo di festeggiare le nozze dargento in un bel ristorante. Ma il destino aveva deciso altrimenti, e tutti i nostri sogni erano svaniti.

“Mamma, non avrei mai pensato che papà potesse fare una cosa del genere,” piangeva Giulia. “Sono furiosa con lui e non voglio più parlargli.”

“Figlia mia, no,” la rimproveravo dolcemente. “Tuo padre ha lasciato me, non te. Tu sei sua figlia, e lui ti ama ancora. Non interrompere i rapporti con lui.”

Non volevo metterla contro suo padre, e in fondo, forse, mi sentivo in colpa io stessa.

“Forse non gli ho dato abbastanza amore, forse non ho prestato abbastanza attenzione. Avrei dovuto dedicarmi di più alla famiglia e meno alla carriera.”

Elio si era invaghito di una ragazza incontrata in un bar, mentre sorseggiava una birra con gli amici dopo il lavoro. I loro occhi si erano incrociati, e quello sguardo, quegli occhi scuri pieni di luce, gli erano rimasti nel cuore. Si era avvicinato, avevano parlato, e poi… tutto era successo in fretta. Alina non aveva opposto resistenza, e in poco tempo Elio si era ritrovato nel suo appartamento in affitto. Poi, come un turbine, era scoppiata la passione. Si era innamorato.

Non era riuscito a mentirmi a lungo. Io già sospettavo, e quando alla fine ci fu quellamara conversazione, Elio fu sincero.

“Franca, mi sono innamorato. So di averti ferita, ma non voglio mentirti.”

Era stato doloroso, ma cercai di tenere la testa alta.

Una sera, tornata a casa e appena cambiata, sentii squillare il telefono. Era mia sorella Marina.

“Ciao, Franca, sei a casa? Devo parlarti. Arrivo subito.”

“Sì, vieni pure,” risposi, felice di non dover passare la serata da sola.

Marina arrivò rumorosa come sempre, con due buste piene di cose. Ci abbracciammo, e lei cominciò a svuotare i sacchetti: salumi, formaggi, una bottiglia di vino. La guardai perplessa.

“Marina, ma che festa è? Cosè successo?”

“Ah, Franca, festa… piuttosto disgrazia! La mia Lorena è incinta. Quella stupida, non ha neanche diciotto anni!”

“Davvero?” rimasi sorpresa. “Ma fra tre mesi li compie, no?”

“Appunto! Fra tre mesi, e invece è già al quarto mese. Non può nemmeno interrompere la gravidanza. Lho cresciuta, lho protetta, e ora? Non può nemmeno sposarsi decentemente. Quel ragazzo con cui usciva lha piantata, si è rifiutato di riconoscerlo. E a lei non interessa nulla di questo bambino, figurati a me!” sbottò Marina, versandosi un bicchiere di vino.

Lascoltai con un senso di sgomento.

“Dai, Franca, beviamo, dobbiamo scaricare un po di tensione. Sono esausta. Lorena non sa nemmeno di chi sia, passava le notti in discoteca, tornava allalba. Figurati se quel ragazzo avrebbe accettato!”

Marina tracannò quasi tutto il bicchiere, io mi limitai a un paio di sorsi.

“Sai cosa abbiamo deciso, io e Lorena?” riprese lei. “Ecco perché sono venuta, per chiederti un consiglio. Quando nascerà, lo lasceremo allospedale. Ma ho paura… e se poi, da grande, vorrà cercare sua madre? E se pretenderà qualcosa?”

La fissai a bocca aperta, senza fiato.

“Marina, ma sei impazzita? Come ti viene in mente una cosa del genere? Tua figlia è giovane, ma tu? Quello è sangue del tuo sangue!”

“Oh, Franca, non farmi prediche! Sai bene che non sono una santa come te. Non ci serve questo bambino. Lorena deve finire il liceo, non fare la mamma. E poi, tu la conosci… me lo butterebbe addosso e via. E io? Io ho una vita mia da vivere!”

Rimasi in silenzio, riflettendo.

“Quanti mesi ha fatto lecografia?”

“Lha fatta, sarà una femmina. Probabilmente una scioperata come sua madre!” sbuffò Marina, accendendosi una sigaretta.

“Marina… dammela, questa bambina. Te la prego, non abbandonatela. Ho una casa, un buon lavoro, uno stipendio dignitoso.”

“Ma che dici!” fece lei, scrollando le spalle. “E quando crescerà, glielo dirai?”

“No, Marinella, te lo giuro. Sarà mia figlia. Non saprà mai niente, a meno che non siate voi a parlare.”

Ci volle tempo, ma alla fine riuscii a convincerla. Poi sorse un altro problema: per ladozione serviva una famiglia completa, e Elio era andato via. Tecnicamente, però, non eravamo ancora divorziati. Mentre aspettavamo che Lorena partorisse, cercai una soluzione. Non volevo chiedere a Elio, e dubitavo che avrebbe accettato: lui aveva unaltra famiglia, ormai.

Lorena partorì una bambina sana. Firmò subito i documenti per labbandono, senza nemmeno guardarla. Io, invece, iniziai le pratiche per laffidamento. Mi aiutò unamica di lunga data che lavorava in tribunale, e riuscimmo a ottenere la custodia della piccola, che chiamai Aurora.

Finalmente a casa con Aurora, presi una pausa dal lavoro, ma non potevo permettermi di lasciarlo: lo stipendio era troppo buono. Chiamai mia madre, Anna, che viveva non lontano, sola da quando era morto papà due anni prima. Era stata infermiera.

“Mamma, ciao, ho bisogno di parlarti urgentemente.”

“Certo, figlia mia, arrivo subito…”

Quando Anna entrò in casa e vide la culla con la neonata, rimase senza parole.

“Figlia… chi è questa? Quando… ma che sorpresa è?”

Marina non le aveva detto nulla della gravidanza di Lorena, e nemmeno io avevo parlato. Pensavo che lavrebbe fatto lei, ma mia sorella evitava persino di chiamare nostra madre.

“Mamma, siediti, ti prego,” le versai una tazza di tè alla menta. “Bevi, calmati, ti racconto tutto.”

Anna era sconvolta dallegoismo di Marina e della sua irresponsabile Lorena.

“Ma come è possibile, Franca? Io e tuo padre vi abbiamo cresciute allo stesso modo, vi abbiamo amate, forse anche di più Marina, essendo la più piccola… e ora questa?”

Quando si riprese, le spiegai il mio piano.

“Mamma, aiutami. Aurora è comunque tua pronipote,” sorrisi. “So che stai bene, per ora. Non voglio lasciare il lavoro, non voglio perdere lo stipendio e la mia posizione. Potresti occupartene tu? Potrei assumere una tata, ma preferirei affidarla a te.”

“Figlia mia, non serve che mi convinca,” sospirò. “Come potrei rifiutarmi? Sarà una gioia per me. So che sarà dura, ma sarai una brava mamma, e con te sarà più facile.”

“Mamma, grazie, lo sapevo che mi avresti aiutata.”

Ev

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