Un altro ostacolo da superare…

Oggi nel mio diario scrivo di una storia che mi ha fatto riflettere molto.

“Un’altra giornata complicata…”

— Gio, andiamo, ti prego — supplicava Simona, stringendosi nelle spalle.

— No, non mi va. Non conosco nessuno lì. Vai da sola o chiama Martina o Elena — rispose Giovanna, senza alzare lo sguardo dai libri. — Gli esami sono alle porte, devo studiare.

— Martina sta studiando come una pazza, Elena senza il suo Luca non si muove, e da sola è imbarazzante, sembrerebbe che sto cercando Marco!

— E non è così? — ribatté Giovanna con un sorriso sarcastico.

— Gio, ti prego… — Simona incrociò le mani come in preghiera.

— Va bene. Ma se mi pianti lì sola, ti giuro che… — minacciò Giovanna, alzandosi dal divano.

Uno degli studenti più anziani aveva i genitori in Africa per lavoro, e l’appartamento era libero. Il sabato sera lo usavano per feste informali. Si radunavano studenti degli anni avanzati, qualche matricola, e anche alcuni già laureati che si atteggiavano come veterani, guardando dall’alto in basso i più giovani.

Simona ci era capitata per caso, grazie a un ragazzo più grande che frequentava. Poi si erano lasciati, ma lei si era invaghita di Marco. Ecco perché insisteva con Giovanna: sperava di incontrarlo di nuovo. Con la sessione in corso, all’università era impossibile.

Giovanna indossò jeans e una camicia bianca larga, parzialmente infilata nella cintura. Sulla sua figura sottile e alta, stava bene. Si truccò gli occhi, sciolse i capelli e si voltò verso Simona, che aspettava impaziente.

— Allora? Andiamo o no?

— Senti, quel trucco ti sta benissimo. Sembri una regina orientale — commentò Simona.

— Ma se Marco non c’è, ce ne andiamo subito — impose Giovanna.

— D’accordo — rispose lei, troppo velocemente.

Ad aprire fu una ragazza con jeans, camicia da uomo, sigaretta tra le labbra e una chioma riccia e spettinata. Li squadrò senza parlare, poi fece un cenno con la testa verso il salotto. La musica era bassa, si sentivano voci.

— Non toglierti le scarpe, qui non si usa — sussurrò Simona, comportandosi come se fosse di casa, anche se era chiaro che era nervosa quanto Giovanna.

In salotto, un tavolo con avanzi di cibo e bottiglie mezze vuote di vino economico. Su un divano, un ragazzo tra due ragazze; altri due discutevano animatamente. Una coppia ballava vicino alla finestra, o meglio, ondeggiava senza spazio per muoversi. Nessuno notò le nuove arrivate.

Si sedettero lungo il muro in silenzio, finché non suonò il campanello. Entrarono due ragazzi accolti con entusiasmo da tutti.

— Eccolo! — esclamò Simona, avvicinandosi a uno dei due. Lui la salutò con aria distratta, mentre l’altro fissava Giovanna. Era più alto degli altri, atletico, con occhi grigi intelligenti. Giovanna abbassò lo sguardo, imbarazzata.

— Ciao. Ti annoi? — Le si sedette accanto. Da vicino sembrava ancora più maturo. — Non ti ho mai vista prima. Vuoi ballare?

La sua mano era grande, calda.

Si misero a danzare lentamente. La musica era discreta, e lui le chiese del suo corso, della facoltà, se viveva ancora con i genitori… Intanto arrivavano altri ragazzi. Giovanna si chiese se l’appartamento nascondesse stanze segrete.

Poco dopo, Simona si avvicinò sconvolta: — Me ne vado.

— Anch’io devo andare — disse Giovanna, guardando con rammarico il suo partner.

— Vi accompagno — propose lui.

Uscirono.

— Che stronzo — borbottò Simona, riferendosi a Marco.

Giovanna era distratta quando lui uscì e si presentò: — Allora, ci conosciamo? Sono Carlo.

— Carlo Visconti? Il capitano della squadra di calcio? Ecco dove ti avevo visto! — esclamò Simona eccitata.

— Ti piace il calcio? — chiese lui, sorpreso.

— Sono uscita con un tuo fan. Non perdeva una partita! — strillò lei, cercando di attirare la sua attenzione. Carlo capì il gioco.

— Abiti lontano? — chiese a Giovanna, ignorando Simona.

— Ti indico io! — intervenne lei, parlando senza sosta per tutto il tragitto.

Giovanna camminava in silenzio. Arrivarono prima a casa di Simona, poi alla sua.

— Ci vediamo? — chiese Simona speranzosa.

— A domani — rispose Giovanna, voltandosi.

— Aspetta! — la raggiunse Carlo, lasciando Simona delusa.

Rimasero a parlare sotto casa, riluttanti a separarsi. Carlo le raccontò del suo lavoro in un piccolo giornale, del sogno di diventare giornalista televisivo.

— Sarò famoso, vedrai — disse con sicurezza. — Tu invece vuoi insegnare, immagino. Per passione o per ripiego?

— Che c’è di male? — si irritò Giovanna.

— Niente, era solo una domanda — si scusò lui. Poi le chiese il numero.

— Non ce l’hai? — Gli passò il telefono. Lui compose il suo, e il cellulare nella sua tasca squillò.

Quella sera, Simona la chiamò: — Ma guarda te! La timida che si porta a casa Carlo Visconti! Racconta, vi siete baciati?

— No, sono tornata subito a casa. Devo studiare. — Non menzionò lo scambio di numeri.

Carlo chiamò due giorni dopo, quando ormai Giovanna aveva perso le speranze. L’invitò a fare un giro in barca, poi in un bar…

Cominciarono a vedersi ogni giorno. Giovanna si innamorò. Lui aveva una macchina vecchia, e partivano per la campagna a nuotare nei laghi…

Una volta, sotto la pioggia, lui la portò a casa di un amico. Giovanna si irrigidì quando aprì la porta con le sue chiavi.

— Dov’è l’amico? Porti spesso ragazze qui? — chiese, pronta a scappare.

— Stiamo qui al riparo. Prendiamo un caffè e parliamo. L’amico è al mare, mi ha lasciato le chiavi — spiegò Carlo.

Alla fine restò. Era innamorata, e se fosse successo qualcosa… tanto prima o poi sarebbe accaduto. Bevvero il tè, ma la tensione era palpabile. Poi tutto accadde naturalmente. Carlo fu dolce e attento…

Da allora si videro spesso lì. Poi lui partì per un viaggio di lavoro.

Un pomeriggio noioso, Simona le fece visita: — Ti manca? Vi ho visti insieme. Sai che è sposato?

— Stai mentendo per invidia!

— No, ha un bambino piccolo.

Giovanna non volle crederle, ma poi ricordò i dettagli: si vedevano solo di giorno, lontano dalla città, di sera lui era sempre occupato con il “lavoro”.

Gli scrisse un messaggio furioso, poi spense il telefono.

E poi scoprì di essere incinta. Si erano sempre protetti… tranne la prima volta.

Cosa fare? Aveva appena finito il primo anno. Un bambino era impensabile. Andò in ospedale, sopportando gli sguardi giudicanti del medico.

“Se non posso avere figli dopo? Dovrei dirlo a mia madre?”

Con il terrore nel cuore, si addormentò sotto anestesia. Al risveglio, era tutto finito.

La madre non seppe nulla, solo che era pallida. Poi ripPoi, dopo anni, quando ormai aveva costruito una vita serena con un uomo che la amava davvero, capì che le vere storie d’amore sono quelle che ti fanno crescere, non quelle che ti spezzano il cuore.

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

thirteen − ten =

Un altro ostacolo da superare…