— Un amore diverso e un addio inaspettato

La luce serale filtrava dolcemente attraverso le tende. Elena posò sul tavolo due piatti con la cena e lanciò un’occhiata all’orologio. Le otto di sera. Marco aveva promesso di essere a casa alle sette, ma le sue promesse negli ultimi mesi valevano meno di niente. Elena chiamò il marito — il numero era irraggiungibile. Sospirò e mise un piatto in frigorifero. Di nuovo a cena da sola.

La loro famiglia, vista da fuori, sembrava perfetta. Più di dieci anni insieme, una bella casa, un reddito stabile. Gli amici li consideravano la coppia ideale, soprattutto rispetto ai loro problemi. La cosa più strana era che anche Elena ci aveva creduto. Fino a poco tempo fa.

Tutto era iniziato con una stupidaggine. A febbraio, Marco aveva dimenticato il loro anniversario per la prima volta in dieci anni. Quella sera, Elena glielo chiese direttamente.
«Ti ricordi che giorno è oggi?»
«Mercoledì», rispose lui, senza alzare gli occhi dal telefono.
Elena non disse nulla, si allontanò cercando di calmare l’ansia che cresceva dentro di lei.

Poi notò che Marco restava sempre più spesso fino a tardi al lavoro. Alle domande rispondeva con monosillabi, evitando il suo sguardo: «C’è un casino in ufficio». Elena voleva capire, cercava di credere al volto stanco del marito e finiva per arrendersi. A poco a poco, le serate da sola e la seconda porzione di cena in frigorifero diventarono la normalità.

A metà marzo, Elena notò dei cambiamenti nell’aspetto di Marco: un taglio di capelli nuovo, camicie costose, un profumo sconosciuto.
«Hai deciso di rinnovare il look?» gli chiese.
«In ufficio c’è una nuova politica: stile business», rispose lui, ma negli occhi Elena vide la paura di un ragazzino colto in fallo.

Poi arrivò quella sera. Il telefono di Marco suonò mentre era sotto la doccia. Elena passò accanto, ma il nome del mittente le balzò davanti agli occhi.
«V.»
E un breve messaggio: «Ci vediamo come al solito oggi?»
Elena non lesse altro. L’intuizione non l’aveva ingannata. Quella sera chiamò l’amica Alessandra, che le consigliò: «O glielo chiedi chiaramente, o decidi tu cosa fare se ti sta tradendo».

Aprile portò una chiarezza definitiva. Marco era diventato silenzioso, educato e completamente estraneo, come un coinquilino. Quel mercoledì, quando tutto si decise, Elena tornò dal lavoro prima del solito. Marco entrò verso le sette e, vedendola, si bloccò.
«Dobbiamo parlare», disse con serietà.
Elena annuì.
«Me ne vado», ammise Marco senza girarci intorno. «C’è un’altra donna. La amo».
Così semplice. Tutto in tre frasi.
«Si chiama Valentina?» chiese Elena.
Marco trasalì.
«Da quanto?»
«Tre mesi», rispose, guardando altrove. «Ho capito che è la donna giusta».
«Bene», disse lei alzandosi. «Sappi solo che non ci sarà un ritorno. Mai. Stanotte dormi qui, domani non voglio più vederti».

Le lacrime arrivarono più tardi, di notte. La mattina dopo, Marco fece le valigie e se ne andò, lasciando le chiavi sul tavolo. La casa sembrava stranamente vuota, ma Elena sentì un senso di sollievo. L’aria era più leggera.

Passarono due settimane. Elena si immerse nel lavoro. Tutto cambiò quando incontrò Davide, un collega di Marco.
«Ciao, Davide. Come sta Marco?»
«Non lo sai? L’hanno licenziato tre settimane fa. Ha mandato a monte il progetto».
«Strano», osservò Elena.
«Forse l’amore gli ha annebbiato la mente. Valentina sa come distrarlo», commentò Davide.
«Tu la conosci da molto, Valentina?» chiese Elena.
«Dai tempi dell’università», rispose lui, interrompendosi subito, capendo di aver detto troppo. Si congedò in fretta e se ne andò.

La verità arrivò due giorni dopo da Noemi, la contabile dell’azienda di Marco.
«È stata una trappola, Elena. Davide voleva il posto di Marco da tempo. Valentina è una sua vecchia amica. L’ha adescato apposta per distrarlo, poi ha passato documenti importanti ai concorrenti. Il progetto è saltato e Marco è stato scaricato. Davide ora è il direttore del reparto, al posto suo».

Quella stessa notte, qualcuno bussò alla porta di Elena. Sulla soglia c’era Marco, pallido e dimagrito.
«Ciao. Posso dormire qui? Non ho altro posto».
Elena lo fece entrare in silenzio.
«Il divano è libero».

La mattina dopo, Marco raccontò tutto: «Valentina mi ha lasciato non appena mi hanno licenziato. Non ho più soldi».
«Valentina e Davide. Si conoscono da tanto, vero?» chiese Elena.
Lo sguardo di Marco si fece vuoto. «Lo sai. Mi hanno incastrato. Ma è colpa mia. Ho distrutto tutto con le mie mani».
«Puoi restare per ora. Sul divano. Ma non credere che io abbia dimenticato o perdonato».

Così andò avanti. Marco viveva in soggiorno, Elena in camera da letto. Non si imponeva, puliva in silenzio, cucinava, sistemava le piccole cose rotte. Era cambiato radicalmente.

Passarono due mesi senza che se ne accorgessero. Marco trovò un nuovo lavoro, meno prestigioso. Elena si iscrisse a un corso di fotografia e iniziò yoga. Una sera, Marco tornò con una scatola. Dentro c’era la sua torta preferita.
«Grazie», disse Elena. «Non pensare che siamo tornati come prima. È solo che mi piace».
«Lo so», rispose lui. «Non ho aspettative».

Una settimana dopo, Elena preparò la cena per due. Per la prima volta dopo tanto tempo, mangiarono insieme. Il dolore bruciante si era attenuato. Passò un altro mese. Una sera, Elena era seduta sul balcone. Marco si avvicinò.
«Ci penso sempre», iniziò lui, «se potrò mai riconquistare la tua fiducia».
Elena rimase in silenzio per un momento.
«Non lo so. La fiducia è difficile da ricostruire. Forse è impossibile. Ma non voglio più vivere nel passato».
«Vuol dire che…»
«Vuol dire che non faccio promesse», lo interruppe Elena. «Forse un giorno potrò perdonare. O forse no. Ma ora la scelta è solo mia».

All’improvviso, Elena si rese conto che per la prima volta da tanto tempo si sentiva salda dentro. Era in piedi sulle sue gambe. E quella sensazione valeva tutto il dolore passato. Qualunque cosa sarebbe successa dopo, sarebbe rimasta con se stessa. Con la nuova se stessa, trovata attraverso la perdita e la sofferenza. E questa era la cosa più importante.

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