Un appartamento senza suocera: Scappare dall’incubo di un bilocale condiviso
Non compreremo un appartamento per vivere con mia suocera: mi rifiuto di prendere un bilocale solo per evitare questo incubo.
Mio marito ed io sognavamo una casa tutta nostra, avevamo chiesto un mutuo e persino preso in prestito dei soldi da mia suocera. Non è cattiva, ma la sua intrusione costante mi soffoca. Da quando suo marito è morto, sembra essersi data la missione di occuparsi di tutti, e questo ci sta strozzando. Possedeva un ampio appartamento nel cuore di Milano, ma la mia decisione era chiara: meglio un piccolo alloggio che fosse solo nostro. Non avrei permesso che la sua ombra oscurasse la nostra casa.
Avevamo trovato un bilocale in un residence nuovo. Una delle stanze era minuscolaperfetta per larmadio dei vestiti che avevo sempre desiderato. Ma mia suocera, Maria Grazia, si era infuriata. Diceva che era stupido trasformarla in un guardaroba. «E dove dormiranno gli ospiti? E se la famiglia viene a trovarci?» ripeteva, con quello sguardo penetrante. Capii subito: pensava a sé stessa. Ultimamente, restava a casa nostra fino a tardi, come se rifiutasse di tornare nel suo appartamento vuoto. Le sue parole suonavano come una condanna: se avessimo preso quel bilocale, avrebbe finito per installarsi da noi, magari per sempre.
Non ero ciecavedevo dove andava a parare. Maria Grazia era sola, e le sue premure si trasformavano in controllo asfissiante. Telefonava tre volte al giorno per «controllare» come stavamo, dispensava consigli non richiesti e cercava persino di decidere come arredare la nostra futura casa. Mi rifiutavo di condividerla con lei! Io e mio marito, Luca, stavamo comprando una casa per costruire la nostra vita, per piegarci ai suoi capricci, per quanto «gentile» potesse sembrare.
Posi un ultimatum: niente bilocale. «Voglio vedere tua madre solo alle feste, dissi a Luca. Se le interessa tanto una camera per gli ospiti, se la prepari a casa sua.» Lui tentò di convincermi, dicendo che voleva solo starci vicino, che invecchiava e la solitudine la opprimeva. Ma rimasi irremovibile. Non avrei sacrificato la mia serenità per le sue «attenzioni» opprimenti. Meglio rinunciare al guardaroba che trasformare la nostra casa in unappendice della sua.
Se fossero venuti ospiti, avrebbero dormito su un materassino gonfiabile. E se mia suocera avesse insistito per restare, avrei trovato mille scuse per riaccompagnarla a casa. Era la nostra casa, la nostra vita, e nessunoneppure leici avrebbe privato del diritto di esserne i padroni.