Un giorno ho visto mia sorella gemella Rebecca sorridente in un elegante negozio, mentre camminava mano nella mano con un uomo distinto: entrambi indossavano fedi nuziali

Un giorno, mi è parso di vedere la mia soddisfatta sorella in una vecchia salumeria a Firenze, camminare mano nella mano con un signore distinto. Entrambi portavano anelli doro alle dita, che scintillavano come monete di due euro in mezzo ai salumi appesi al soffitto.

Chiara aveva una sorella gemella, di nome Benedetta. Fin da bambine erano sempre inseparabili, come due fili di spaghetti in un piatto troppo piccolo. Giocavano insieme tra i vicoli di Siena, condividevano segreti e nelle notti destate si scambiavano sogni confusi sotto le lenzuola ricamate della nonna. Le punizioni erano sempre in coppia: se la mamma rimproverava una, rimproverava laltra. Crescendo, niente cambiava, nemmeno le gonne svolazzanti o i maglioncini stampati con limoni amalfitani. Orgogliose, sembravano quasi un proverbio: “La fortuna delle gemelle è la somiglianza”.

La loro famiglia viveva una vita modesta in una vecchia casa dai muri screpolati, con uno stipendio che bastava appena a coprire il caffè del mattino e forse i libri per la scuola. Quando Chiara decise di andarsene a studiare a Pisa, Benedetta voleva imitarla ma i soldi non bastavano. Il cuore di Benedetta ardeva di vergogna: si sentiva troppo povera per meritare un futuro diverso, soprattutto perché i genitori, con mille sacrifici, riuscivano a malapena a pagare la retta universitaria di entrambe. Ogni volta che la ricevuta arrivava, era come se un vaso antico si incrinasse dentro di lei.

Una sera, durante una cena con la nonna, dopo troppi bicchieri di Vin Santo, la vecchia spalancò la porta della memoria con parole confuse. Raccontò che, quando nacquero le gemelle, i genitori avevano pensato di dare via la seconda, nei giorni in cui la pioggia sembrava non finire mai. Avevano paura che Benedetta, la più giovane, fosse un peso troppo grande. Questo segreto, caduto come chicchi di riso la sera della vigilia, lasciò Benedetta paralizzata. Per quanto la consolarono, il senso di ingiustizia le mordeva il cuore come un riccio di mare. Decise di vendicarsi: strappò i documenti universitari della sorella e li nascose tra i libri di cucina della mamma.

Da quel giorno, Benedetta raccontò a chiunque volesse ascoltare che, senza Chiara, nessuno avrebbe voluto liberarsi di lei: sarebbe stata la più amata e lunica figlia di cui prendersi cura la preferita. La casa, da allora, diventò una maschera di Carnevale triste: tutti camminavano in punta di piedi e tra le sorelle calò un gelo che nemmeno il sole di Ferragosto riusciva a sciogliere. Cominciarono a vivere come due lune nello stesso cielo, ma mai più insieme.

Chiara trovò marito un dentista con il naso a punta come il Duomo di Milano e presto ebbe un figlio. Le due sorelle non si incrociarono mai più, tranne una volta, per caso, nel salotto in penombra della casa dei genitori, tra il profumo di basilico e la televisione gracchiante. La felicità non era più invitata: Benedetta punzecchiava e criticava ogni dettaglio di Chiara, dal vestito troppo semplice alle scarpe scompagnate.

Il caso, o forse un sogno col cappotto rosso, le fece rincontrare nel centro commerciale di Bologna. Benedetta camminava tra le vetrine accanto a un uomo elegante, dal portamento serio e una camicia stirata come una tovaglia da trattoria di lusso. Chiara pensò fosse il suo nuovo sposo. Cercò di abbracciarla, ma Benedetta fece un passo indietro: sembrava non riconoscerla o far finta, come se Chiara fosse solo lombra di una sconosciuta. La sorella rimase ferma come una statua in Piazza della Signoria, mentre Benedetta si dileguava su una Lancia color argento che luccicava sotto il sole fiorentino.

Di nuovo, il destino volle che si trovassero insieme a casa dei genitori. Benedetta la colpì con frecciate taglienti, sostenendo che Chiara non fosse presentabile agli occhi degli altri: i ricci scompigliati, zero trucco, vestiti ampi come lenzuola pulite. Benedetta invece era curata, con i capelli stirati e le lenti a contatto azzurre, sembrava una diva televisiva.

Parole amare. Chiara si sentì ferita da quella guerra segreta, perché anche lei, con il suo marito e il suo bambino, aveva una famiglia. Si sfogò con la madre, raccontando i mille dolori raccolti in silenzio negli anni, senza mai capire cosa avesse trasformato la sua gemella tanto amata in una sconosciuta capace solo di rabbia e offese. Che vento aveva soffiato il rancore nei loro cuori?

Bastò che la mamma chiedesse a Chiara di non serbare rancore, di non accendere altri fuochi lascia che Benedetta trovi la sua felicità e che i loro sentieri restino separati, come due fiumi che non sincontrano mai.

Così Chiara, da quel giorno, poté visitare i genitori solo dopo aver fatto una telefonata o ricevuto un invito, per non sfiorare nemmeno lombra della gemella che una volta era la sua metà. Una sola rivelazione, sussurrata quasi per caso tra le fiamme del camino, aveva cambiato per sempre il destino della loro famiglia, come nei sogni in cui le strade si sdoppiano allinfinito e nessuno ricorda come tornare indietro.

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