Un giorno mio marito tornò da sua madre, sospirò e propose di fare il test di paternità alla nostra bambina di due anni: Non per me, per mia madre.

Un giorno, mio marito è tornato da sua madre, ha sospirato e ha proposto di fare un test di paternità alla nostra figlia di due anni: “Non per me, per mia madre!”

“— Per sei mesi prima del nostro matrimonio, ripeteva a mio marito: ‘Non ti sposare, lei non fa per te!’ — racconta Marina, una trentenne con la voce tremante per la rabbia. — Diceva che ero troppo bella e che l’avrei tradito! Allora ridevamo, scherzavamo dicendo che Dario avrebbe dovuto scegliere un ‘coccodrillo’ per essere sicuro. Ma ora non c’è più niente da ridere. Assolutamente niente!”

Marina non si considera una bellezza sfolgorante. È una ragazza normale della periferia di Milano, si cura come tante altre. Snella, curata, veste con semplicità, è sempre stata esigente nelle relazioni e ha avuto rispetto per se stessa. Perché sua suocera, Grazia, aveva deciso che Marina fosse frivola e inaffidabile, rimane un mistero. Ma quella donna ha trasformato la vita della nuora in un incubo.

Sono sposati da quattro anni e hanno una figlia. Marina è in maternità, le sue giornate sono un susseguirsi infinito di cucina, pulizie e pannolini. Le uniche persone con cui parla sono le altre mamme al parco giochi. Ma la suocera non la smette. La sospetta di tradimenti, la segue come un detective di una soap opera scadente.

“— Mi ha sempre spiata! — sospira Marina, gli occhi lucidi di lacrime. — Mi chiamava per controllare, arrivava senza preavviso, voleva controllare ogni mio passo. All’inizio cercavo di prenderla con ironia, ne parlavo con Dario e ridevamo. Ma è estenuante! Ho perso le staffe più volte, litigandoci seriamente. Si calmava per un po’, ma poi riprendeva con più forza.”

Il primo scandalo scorso pochi mesi dopo il matrimonio. Grazia apparve all’ingresso dell’ufficio di Marina senza preavviso, senza motivo. Voleva verificare se davvero la nuora lavorasse lì o se mentisse a Dario, fingendo di essere in ufficio mentre correva da un amante.

“— Non so nemmeno come sia riuscita a entrare! — ricorda Marina, la voce carica di indignazione. — Abbiano un centro business con sicurezza, gli ospiti solo su appuntamento. Sono quasi svenuta quando la segretaria me l’ha presentata: ‘C’è una signora per lei’. Le chiedo: ‘Grazia, cosa ci fa qui?’ E lei: ‘Sono venuta a vedere dove lavori’. E si guardava intorno! Abbiamo un open space, tutti al computer, tutto in vista. Non oso immaginare cosa avrebbe fatto se avessi avuto un ufficio privato!”

Più tardi, la segretaria, Elena, le sussurrò che quella strana donna le aveva fatto mille domande. Da quanto tempo lavorava lì? Arrivava in ritardo? Con chi parlava? C’era qualcuno che le interessava? “Le ho detto che siete sposata, che avete un marito!” aggiunse Elena, strizzando gli occhi perplessa. Marina era furiosa. Tornata a casa, raccontò tutto a Dario: “Tua madre ha superato ogni limite! Parlale, questo è assurdo! Manca solo che mi guardi sotto il tavolo in cerca di un amante. Anche se, chissà, magari l’ha già fatto!”

Dario sembrò parlare seriamente con la madre. Per un po’ ci fu tranquillità. Grazia chiamava solo la sera, chiedeva notizie, portava torte fatte in casa. Marina sperò che la tempesta fosse passata. Ma si sbagliava.

L’episodio successivo accadde quando Marina era incinta ma ancora lavorava. Prese un giorno di malattia dopo un raffreddore e dormiva a casa con il telefono spento, quando all’improvviso un martellare alla porta e un campanello incessante la svegliarono. “Mi sono alzata di colpo, pensando a un incendio o un’evacuazione! — ricorda. — Ho guardato dallo spioncino e c’era lei, mia suocera! Con la faccia contorta, picchiava la porta con il piede e continuava a premere il campanello. Avevo paura di aprire, ho chiamato Dario: ‘Lascia tutto e vieni, non so cosa sta succedendo!’ Lui è arrivato in venti minuti. Lei era lì, davanti alla porta, ad aspettarmi!”

Litigarono pesantemente con Grazia. Marina minacciò di chiamare la polizia e un manicomio se si fosse ripetuto. “Tienila lontana da me!” chiese al marito. E di nuovo, una tregua.

Marina partorì una bambina, ma la suocera non le diede nemmeno un’occhiata. Più tardi capirono perché: non credeva fosse sua nipote. “Certo, io che vado in giro con chiunque, come potevo avere un figlio di Dario?” ride amaramente Marina. La ragione? Nella famiglia di lui nascevano solo maschi. Una femmina, secondo Grazia, era la prova del tradimento. “Ho ignorato questa follia — dice Marina. — Non parlo più con lei. Dario la vede una volta al mese, ma senza di noi. Forse è meglio. Non le affiderei mai mia figlia.”

Ma il peggio doveva ancora venire. Un giorno, Dario tornò da sua madre, sospirò e con imbarazzo propose di fare il test di paternità alla bambina. “Non per me, Marina, no! — agitò le mani. — Io non dubito. È per mia madre! Voglio che finalmente si calmi. Sta diventando pazza e io sono costretto a sentirla!”

Marina rise amaramente in faccia al marito. “Per tua madre? — chiese, la voce tremante di rabbia. — Dimmi la verità, hai creduto alle sue follie? Sai bene che non si fermerà mai. Faremo tre test in cliniche diverse e dirà che i dottori sono corrotti e i risultati falsi! Non ballerò al suo suono, punto!”

“— Non è così difficile, fare un test — insistette Dario.

“— A che pro? — Marina lo fissò, trattenendo le lacrime. — Io so di chi è questa bambina. E tu? Se ti serve un test, facciamolo. Ma prima chiediamo il divorzio. Non vivrò con un uomo che non si fida di me!”

Le sue parole rimasero sospese nell’aria come una condanna. La fiducia nella loro famiglia si sta sgretolando, tutto per colpa di una suocera le cui paranoie avvelenano la loro vita. Marina si sente sull’orlo del baratro e non sa come salvare la sua famiglia da questa follia.

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Un giorno mio marito tornò da sua madre, sospirò e propose di fare il test di paternità alla nostra bambina di due anni: Non per me, per mia madre.