Quando un giorno vedrai che i miei capelli si sono tinteggiati dargento, che le mani tremano mentre allaccio i bottoni e che al pranzo faccio cadere il cucchiaio o mi sporchiamo, ti prego, non arrabbiarti. Sii gentile con me.
Ricorda comero io a insegnarti pazientemente a tenere il cucchiaio e a vestire da sola, quando ancora non sapevi farlo. Se continuo a ripetere le stesse cose, non interrompermi, ascolta soltanto.
Ti rimembri quando mi chiedi di raccontare la stessa fiaba, e la ascolti fino a che ti addormenti, avvolto in un abbraccio? Se a volte rifiuto di andare a fare la doccia, non rimproverarmi; sappi che inventavo storie per convincerti a entrare nella vasca, perché ti ostinavi a non volerlo fare.
Quando non capisco le nuove tecnologie, non riesco a destreggiarmi con il cellulare o la televisione, non riderne. Concedimi un attimo di pazienza. Ricorda che ti ho insegnato a scrivere le prime lettere, che contavamo insieme le mele e mettevamo su i numeri, mentre io lottavo contro la stanchezza.
Se dimentico una parola o perdo il filo del pensiero, sii paziente, non infuriarti. Ciò che conta non è ciò che dico, ma il fatto che tu sia qui, ad ascoltarmi senza voltarti altrove.
Quando le mie gambe saranno deboli e non potrò più camminare al tuo fianco, non pensare che sia un peso. Allunga semplicemente la tua mano, come io ti ho dato la mia quando facevi i primi passi nella nostra casa di Roma.
Un giorno capirai che, nonostante i miei errori, ho sempre voluto solo il meglio per te. Ogni mio passo, ogni decisione, è stata un tentativo di rendere il tuo cammino più leggero del mio.
Regalami un po del tuo tempo, una piccola dose di pazienza. Permettimi di appoggiarmi alla tua spalla, come una volta ti rifugiavi nella mia quando avevi paura o dolore.
Ti voglio bene, Fiorenza. Ti voglio bene, Luca. E prego per voi, anche quando non lo notate più.
