Un caso che ha cambiato tutto: come il destino è arrivato con gli schizzi di una pozzanghera
Nella cucina, tra una tazza di tè e una fetta di torta al cioccolato, Caterina e sua nonna Giuseppina si godevano una serata tranquilla. Un compleanno importante, dopotutto: 75 anni, una festa in famiglia già passata, gli ospiti se ne erano andati, e quel momento intimo tra loro due era il più prezioso.
“Nonna, dici sempre che gli uomini amano con gli occhi…” iniziò improvvisamente Caterina, abbassando lo sguardo. “Allora dimmi, cosa c’è che non va in me?”
“Non c’è niente che non vada, tesoro,” rispose fermamente Giuseppina. “Sei intelligente, bella, gentile, educata. Cosa vuoi di più?”
“Allora perché sono sola? Ho già venticinque anni, nonna… Le mie amiche hanno famiglie, figli, io… mi sento bloccata.”
“Semplicemente non hai ancora incontrato la persona giusta, tutto qui,” sorrise la nonna con dolcezza. “E poi, c’era quel ragazzo, come si chiamava… Davide?”
“C’era,” annuì Caterina. “Finché non ho scoperto che era sposato. Se n’è andato così in fretta com’era arrivato.”
“Hai fatto bene a mandarlo via,” borbottò Giuseppina, strizzando un tovagliolo tra le dita. “Gli sposati non sono amore, sono solo dolore altrui. Hai agito bene. Ma la tua felicità ti troverà, vedrai.”
Il mattino seguente iniziò con un lieve freddo. Caterina si affrettava verso il lavoro con un cappotto chiaro nuovo, schivando pozzanghere e lastre di ghiaccio. I suoi pensieri erano altrove, finché un’ondata di fango non le schizzò addosso all’improvviso.
Fradicia fino alle ossa. Il cappotto chiaro diventò grigio-marrone in un istante. Caterina rimase immobile, sentendo le lacrime salirle alla gola.
“Mi scusi!” Le corse incontro un uomo con un cappotto elegante. “Per l’amor del cielo, non l’avevo vista. L’ho quasi travolta, vero?”
“Le sue scuse non mi riscaldano!” singhiozzò lei. “Come faccio ad andare al lavoro così?”
“Lasci che l’accompagni. E poi andiamo in tintoria, prometto di far pulire il cappotto. A proposito, mi chiamo Riccardo.”
“Caterina…”
Lui la aiutò ad attraversare la strada, le aprì la portiera della macchina e la portò prima in ufficio, poi il cappotto direttamente in tintoria. La giornata passò in un attimo nell’attesa, ma Caterina si morse le labbra: non aveva chiesto il numero a Riccardo. Come l’avrebbe ritrovato?
Quella sera, mentre aspettava un taxi davanti all’ufficio, sentì una voce:
“Caterina!”
Davide, quello stesso di prima, le correva incontro con un mazzo di fiori.
“Dobbiamo parlare!”
“Non abbiamo più niente da dirci!” ribatté decisa. “Torna da tua moglie!”
“Non me ne vado così,” le afferrò il braccio. “Devi ascoltarmi…”
“Lasciarla!” risuonò una voce alle sue spalle.
Davanti a lei c’era Riccardo. Sicuro, determinato, severo. Le mise sulle spalle il cappotto ormai pulito e si rivolse a Davide:
“Questa donna è mia. Non osare toccarla.”
“Cosa?” balbettò Davide. “Da quando?”
“Tutto a posto, Riccardo,” sorrise Caterina. “Non lo conosco nemmeno.”
Salirono in macchina, e lei sussurrò:
“Grazie. Mi hai salvato.”
“Sciocchezze,” sorrise lui. “Ma speravo almeno in una cena, in cambio del cappotto.”
“E io pensavo a un matrimonio, come minimo,” rispose lei.
Sei mesi dopo, nella stessa casa dove Giuseppina aveva festeggiato il compleanno, tutta la famiglia si riunì di nuovo, questa volta per il matrimonio di Caterina e Riccardo.
E solo una sorrideva con una luce speciale negli occhi: Giuseppina.
“Che ti avevo detto, Caterina?” sussurrò alla nipote. “Il destino ti trova anche in una pozzanghera.”