Un momento di rabbia

**Diario personale**

Oggi ho avuto uno shock. Non riesco ancora a digerirlo.

Era tutto così normale all’inizio. Stavo parlando con nonna Luciana via videochiamata mentre sorseggiavo il mio caffè. Lei si è allontanata per un attimo dalla stanza:

«Aspettami, tesoro, torno subito», ha detto, alzandosi con un gemito dalla poltrona e uscendo nel corridoio.

Il telefono era rimasto sul tavolo, la telecamera e il microfono ancora accesi. Io nel frattempo avevo spostato l’attenzione sullo schermo del mio computer. Poi, all’improvviso, ho sentito una voce provenire dal corridoio.

«Ma chi ti vuole, vecchia rincoglionita? Sei solo un peso per tutti. Ti trascini in giro, puzzi. Fossi in me, ti… Ma no, mi tocca sopportarti. Ti odio!»

Ho quasi rovesciato il caffè. Per un attimo ho pensato di aver immaginato. Ma poi ho guardato di nuovo il telefono. Dal rumore della porta, qualcuno era entrato nella stanza. Sul display sono apparse prima delle mani, poi un fianco, infine un viso.

Era Camilla. La moglie di mio fratello. Sì, la voce era decisamente la sua.

L’ho vista avvicinarsi al letto di nonna, sollevare il cuscino, poi il materasso, frugando sotto con una mano.

«Se ne sta lì a bere il tè… Magari crepasse una volta per tutte, davvero. Che deve tirarla per le lunghe? Non servi a niente, occupi solo spazio e consumi aria…» borbottava.

Mi sono bloccata. Per qualche secondo ho persino dimenticato di respirare.

Camilla è uscita senza accorgersi della telecamera ancora accesa. Pochi minuti dopo è rientrata nonna, sorridendo, ma quel sorriso non ha mai raggiunto i suoi occhi.

«Eccomi qua. A proposito, non ti ho chiesto: com’è il lavoro? Tutto bene?»

Ho annuito a scatti. Dentro di me ribolliva tutto. Volevo correre da lei e cacciare quella sfacciata senza troppi complimenti. Subito.

Nonna Luciana è sempre stata, ai miei occhi, una donna di ferro. Non ha mai alzato la voce, ma aveva quella severità che solo un’insegnante di lunga data può avere. Trentacinque anni a spiegare letteratura alle superiori, adorata dagli studenti perché sapeva rendere anche i classici più noiosi affascinanti.

Quando è morto nonno, non si è lasciata abbattere, ma la sua postura impeccabile si è incurvata un po’. Usciva meno, si ammalava più spesso. Il sorriso non era più lo stesso. Eppure, manteneva un’energia incredibile. Diceva sempre che ogni età ha la sua bellezza e che bisogna godersi la vita, sempre.

Con lei mi sono sempre sentita al sicuro. Niente poteva spaventarmi, perché lei sapeva risolvere qualsiasi cosa. Ai tempi, aveva regalato la casa al mare a mio fratello perché potesse pagarsi l’università, e a me aveva dato i suoi ultimi risparmi per l’anticipo del mutuo.

Quando mio fratello, Riccardo, dopo il matrimonio si era lamentato dell’affitto troppo alto, nonna aveva subito offerto una stanza a casa sua. «Ho un trilocale, c’è spazio per tutti, e poi mi terrete compagnia», diceva con entusiasmo.

Io, dal canto mio, la aiutavo con la spesa, le medicine e le bollette. Lo stipendio me lo permetteva, e la coscienza non mi avrebbe mai lasciato stare a guardare. A volte le davo contanti, a volte le facevo un bonifico, altre volte, sapendo della sua abitudine a risparmiare per le emergenze, le portavo io stessa la spesa: pesce, carne, latticini, frutta.

«Questa roba è per la tua salute, soprattutto con il diabete», le dicevo.

Lei mi ringraziava, ma abbassava lo sguardo. Come se si sentisse in colpa a “disturbare”.

Camilla, la moglie di Riccardo, fin dall’inizio mi era sembrata… strana. Dolcezza falsa, gentilezza eccessiva, ma negli occhi un gelo. Uno sguardo che valutava, senza calore né rispetto. Io non mi immischiai. Erano affari loro. Mi limitavo a chiedere a nonna se andasse tutto bene.

«Tutto a posto, cara», mi rassicurava. «Camilla cucina, tiene la casa pulita. È giovane, certo, ma niente di grave. L’esperienza si fa col tempo.»

Oggi ho capito: era una bugia. In pubblico, Camilla faceva la pecorella innocente. Ma quando nessuno la vedeva…

«Nonna, ho sentito tutto… Cosa diavolo è successo?»

Nonna si è bloccata per un attimo, come se non avesse capito, poi ha distolto lo sguardo.

«Niente, Paoletta», ha sospirato. «Camilla è solo stanca. Hanno un momento difficile, Riccardo è sempre fuori per lavoro. Capita che perda la pazienza.»

L’ho fissata come se la vedessi per la prima volta. Notavo ogni ruga in più, rendendomi conto che nei suoi occhi non c’era più la stessa vitalità. La testardaggine sì, la stanchezza pure. Ma c’era anche qualcosa di nuovo. La paura.

«Perdere la pazienza? Nonna, hai sentito cosa ti ha detto? Non è uno sfogo, è…»
«Paola…», mi ha interrotto. «Per me non è un problema sopportare. Suvvia, ha avuto un momento di rabbia. È giovane, impulsiva. Io ormai sono vecchia, non mi serve molto.»
«Basta. Nonna, non trattarmi come un’idiota», ho sbottato. «O mi dici tutto adesso, o salgo in macchina e vengo da te. Scegli.»

Nonna è rimasta in silenzio per qualche secondo. Poi ha sospirato profondamente, ha abbassato le spalle e si è sistemata gli occhiali. L’illusione si è infranta. Davanti a me non c’era più la donna forte e sorridente di sempre, ma una vecchietta intimorita.

«Non volevo dirtelo», ha cominciato. «Sei già piena di impegni, di preoccupazioni. Perché dovresti occuparti di queste beghe? Credevo che si sarebbero sistemate da sole…»

La storia con Camilla, a quanto pare, era molto più lunga e molto più sporca di quanto immaginassi.

I due giovani erano arrivati a casa di nonna con valigie enormi e il piano ambizioso di mettere da parte i soldi per un mutuo in sei mesi. All’inizio, nonna era pure contenta. L’appartamento si era animato: passi al mattino, profumi di cucina, chiacchiere e risate, anche se un po’ forzate. Camilla all’inizio si dava da fare: preparava dolci, serviva il tè a nonna, l’aveva persino accompagnata un paio di volte dal medico.

Poi Riccardo era partito per un lavoro fuori città, e tutto era cambiato.

«All’inizio era solo irritabile», raccontava nonna. «Pensavo fosse perché le mancava Riccardo. Poi ha cominciato a prendersi il cibo che compravi tu. Diceva che tanto ne portavi troppo, che a lei serviva di più, che era giovane e doveva pensare a un figlio. E io cosa potevo dire? A me serve poco, anzi, perdere peso mi fa bene.»

A quanto pare, Camilla aveva pure chiesto dei prestiti a nonna. Lei le aveva dato i soldi che le passavo io per le medicine. Con quelli, Camilla si era comprata un frigorifero nuovo, lo aveva messo nella sua camera e aveva messo la serratura alla porta. Tutto il cibo migliore che portavo a nonna finiva lì dentro.

I soldi, ovviamente, non liNonna Luciana sorrise mentre accarezzava il gatto che le era saltato in grembo, e io finalmente capii che, anche se il passato era stato difficile, il futuro sarebbe stato pieno di serenità e risate.

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