Un mondo dove non è più spaventoso stare soli

**16 Ottobre, Roma**

La mattina era stranamente silenziosa. Il condominio respirava aria stagnante, un miscuglio di cibo per gatti, plastica vecchia e qualcosa di dolciastro, come bucce di mandarino dimenticate o un profumo economico. Giulia batté la fronte contro il freddo dello stipite e si fermò, ascoltando il balcone dell’appartamento accanto che sbatteva di nuovo. Era la terza volta in una settimana. Un rumore secco, nervoso, non solo per la corrente. Sembrava un grido, l’eco di una lite, come se il muro tra le loro vite si fosse assottigliato troppo.

Si strofinò il naso. Non per il freddo, ma per la stanchezza che ormai le pesava addosso. Infilò le sneaker grigie, consumate sui talloni — la sua «armatura quotidiana». Con quelle era quasi invisibile, ma composta. Intera. Anche se dentro si sentiva a pezzi.

Il vicino del quarto piano, quello con i baffi color polvere di mattone e la tuta blu da ginnastica sempre uguale, le passò accanto come un’ombra. Una volta l’aveva fermata in ascensore con una frase: «Dev’essere noioso, stare da sola, no?». Da allora, la sua voce le graffiava la pelle come un chiodo arrugginito conficcato sotto l’unghia.

L’autobus arrivò in ritardo, come sempre. Dentro odorava di giacche bagnate, birra e una rassegnazione acida. Giulia strinse la maniglia fino a sbiancare le nocche e fissò il vetro appannato. Il suo riflesso — un viso pallido, una piega sotto l’occhio, un cappotto grigio che le scivolava da una spalla. Come se tutto in lei fosse fuori posto. Sua madre avrebbe detto: «Sembri un’ombra». Ma sua madre non sapeva cosa volesse dire vivere quando i giorni non finiscono mai, ma si fondono in una massa grigia e viscosa, senza inizio né fine.

In ufficio era deserto. Quasi tutti lavoravano da casa. Restavano solo quelli come lei, per cui casa era peggio di quel corridoio morto. Lì, almeno, non c’erano rimproveri, piatti lanciati contro il muro, sguardi che trafiggevano. Era sicuro. Freddo. Vuoto. Ma sicuro.

A mezzogiorno uscì nel cortile del palazzo. Non fumava, ma restò in piedi, immobile. Il guardiano passò oltre, facendo finta di non vederla, come sempre. Nel taschino vibrava il telefono. La madre.

«Mamma, sono a lavoro».

«Sei di nuovo da sola. Perché non esci un po’? Fai una passeggiata».

«Ho da fare».

«Giulietta, questa non è vita. Stai sopravvivendo. A trentadue anni…»

«Ciao, mamma».

Riagganciò. Senza rabbia, ma senza più forze per giustificarsi.

Al ritorno entrò in un negozio. Comprò formaggio fresco, panini e tè alla menta. Alla cassa, un uomo anziano le fece un cenno e la lasciò passare avanti.
«Grazie», disse lei. E si stupì di quanto quella parola fosse uscita leggera, naturale.

A casa era già buio, anche se non era sera. Giulia accese non la luce centrale, ma le vecchie lucine di Natale, quelle appese quell’inverno in cui tutto sembrava diverso. Semplice. Allegro. Caldo. Ridevano, mangiavano bruschette bruciate, ascoltavano musica dal telefono. Adesso era sola.

Si sedette per terra, appoggiata al muro. Il frigo fece un click, come per ricordarle che la casa era ancora viva. Non ebbe paura. Solo un sospiro. I suoni non erano più nemici. Erano testimoni.

Prese il telefono. Aprì la cartella delle registrazioni. «La sua voce». Quindici file. Lui diceva: «Sono qui per te, sei la mia unica», «Ce la faremo», «Sei speciale». E l’ultimo file… — frammenti, un urlo, parolacce, un colpo sordo — la porta? un pugno? il cuore?

Giulia cliccò «elimina». La mano non tremò.

Si alzò. Aprì la finestra. Si protese verso l’aria sporca, autunnale, vera. Sul balcone accanto, la porta sbatté di nuovo. Sorrise.

«Lascia pure», sussurrò.

Preparò il tè. Dispose i panini su un piatto bianco. Si sedette al tavolo. Aprì il laptop. Una pagina vuota. Scrisse la prima frase:

«Quel giorno non ebbi paura di essere sola — per la prima volta, sentii di vivere».

E bastò. Il mondo, così rotto e storto, smise di sembrarle ostile. Perché adesso era suo. Non felice, non perfetto. Ma suo.

*Oggi ho imparato che a volte, l’unico posto sicuro è dentro di te.*

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