**«Non abbandonate il vecchio»: la storia di un padre che rimase con nulla eppure sperò nel perdono**
Marco entrò da sua madre senza preavviso.
«Figlio mio, ciao! Perché non hai telefonato prima?» si stupì Giulia, appena lo vide sulla soglia.
«Ero di passaggio, ho pensato di farti una visita» rispose lui, scrollando le spalle.
«Vieni, ti offro almeno un caffè» lo invitò la madre.
Entrò in cucina, si sedette. Qualcosa nel suo sguardo era inquieto, turbato.
«Marco, è successo qualcosa?» chiese Giulia con voce timorosa.
«Mamma, papà mi ha mandato un messaggio…» sussurrò, porgendole il telefono.
La donna guardò lo schermo, lesse, e il sangue le si gelò nelle vene.
*«Figlio, dobbiamo parlare. Vieni da me sabato. Porta i tuoi fratelli. Si tratta dell’eredità. Tuo padre.»*
Anni prima, Giulia era arrivata al lavoro in lacrime. Le colleghe non capirono subito, ma lei, asciugandosi gli occhi, aveva detto:
«Mio marito ci ha scambiati, me e i nostri figli, per una donna più giovane.»
«Ma siete stati insieme per una vita! Chi l’avrebbe mai detto…»
«Neanch’io. Disse che in me non vedeva più una donna. Solo una compagna di casa, la madre dei suoi figli. Non una moglie. Non un amore. Chiese il divorzio.»
«Forse lo soffocavi? Agli uomini non piace…»
«Ma no! Non avevo tempo nemmeno per pensare a lui—lavoro, figli, tutto sulle mie spalle. Era un uomo fatto. Solo che… era nel suo carattere. Per tutta la vita cercò altro. Finché non ebbe soldi, tornava. Poi, trovò un buon lavoro e improvvisamente ricordò di aver bisogno di passione.»
Dopo il divorzio, se ne andò con una collega più giovane. Ci furono nuovi amori, una nuova vita, e denaro. Poi… come in una telenovela da due soldi. Il lavoro andò male, i soldi diminuirono, e il suo “amore” trovò rapidamente un sostituto.
«Abbiamo buttato le tue cose oltre il cancello» le disse il nuovo fidanzato di Lucia. «Se fai in tempo, raccattale.»
Sergio, umiliato e perduto, tornò nel vecchio appartamento di sua madre. Lì rimase. Niente famiglia, niente beni—solo amarezza. Provò a rifarsi una vita, ma le donne che incontrava non piacevano a sua madre, diventata scontrosa e gelosa. Non ne accettò nessuna. E così, restò solo.
Intanto, i suoi figli crescevano. Marco, il maggiore—serio e responsabile. Lavorava in edilizia, si sposò, divenne padre. Luca, il secondo—allegro e generoso, studiava medicina e sposò una compagna di università. Matteo, il minore—spensierato e single, diceva chiaramente: «Sto bene così.»
Ed ecco che il padre si fece sentire. Li chiamava. I fratelli, a malincuore, andarono. Ciò che videro nell’appartamento li sconvolse: sporco, umidità, e lui—pallido, curvo, come se gli avessero strappato via gli anni e la dignità.
«Entrate. Sedetevi» gracchiò. «Non c’è verità nei piedi, figuriamoci in me. Vostra madre è morta. Sono solo. Ho capito che non servo a nessuno. Ma voi… siete miei figli. Eredi. L’appartamento è mio. Non abbandonatemi, e dopo la morte sarà vostro. In parti uguali. O come vi accordate.»
I fratelli si scambiarono un’occhiata. Dire che furono commossi sarebbe dire poco. Impietositi, promisero di pensarci. Quella sera, si riunirono da Giulia e le raccontarono tutto—e allora scoppiò la lite.
«Vendetemi le vostre quote» disse Marco per primo. «Ho una famiglia, figli, ne ho più bisogno.»
«Aspetta» fece Luca, accigliato. «Io e mia moglie vogliamo un bambino. L’affitto ci strozza. Vorrei vendere la mia parte per un anticipo sul mutuo.»
«E io? Solo perché non ho famiglia non ho diritto a niente?» sbottò Matteo. «La mia parte è mia. Se voglio, la vendo, se voglio, me la bevo. È un mio diritto!»
Le voci si alzarono. Giulia, seduta accanto, non credeva ai suoi occhi: quei figli un tempo uniti, ora nemici per una promessa di eredità.
«Basta!» gridò. «Ma che state facendo?! Non c’è ancora nessun appartamento! E già litigate!»
«Mamma, scusa…» fu Marco ad arrendersi per primo.
«Tutto a posto» borbottò Luca. «Ce la faremo da soli.»
«Non sono avido, non voglio la vostra parte» aggiunse Matteo. «È solo che mi sono sentito escluso.»
E improvvisamente, Giulia parlò:
«Allora, farò così. Venderò il mio appartamento per uno più piccolo, con un ricavo. E dividerò i soldi fra voi. Perché nessuno abbia rancori.»
«Mamma!» gridarono all’unisono. «No! Sappiamo quanto ti piace qui. Ce la caveremo da soli.»
Giulia scoppiò in lacrime. Non di dolore, ma di felicità. Quei tre figli—diversi, ma con lo stesso cuore. Per quel cuore, aveva lottato tutta la vita.
E quella lotta, finalmente, le diede pace.