**Diario Personale**
Una scodella di minestra per la suocera non mi dispiace affatto, ma le sue visite mi spingono alla disperazione.
In un piccolo paese vicino a Bergamo, dove le vecchie case sono immerse tra i rami dei meli, la mia vita a 32 anni è diventata un rituale infinito di sottomissione a mia suocera. Mi chiamo Beatrice, sono sposata con Luca, e abitiamo nell’appartamento proprio sopra quello di sua madre, Rosanna. Non mi pesa offrirle un piatto di pasta, e può pure guardare la televisione da noi per ore, ma l’abitudine di venire ogni giorno e trattenersi fino a mezzanotte sta distruggendo la mia pace. Sono sull’orlo di una crisi, e non so come fermarla senza ferire Luca.
**La famiglia in cui mi sono ritrovata**
Luca è l’amore della mia vita dai tempi dell’università. È dolce, premuroso, fa l’elettricista, e con lui mi sono sempre sentita al sicuro. Ci siamo sposati quattro anni fa, ed ero pronta a vivere accanto alla sua famiglia. Rosanna, sua madre, mi sembrava una vedova gentile, che adora il figlio e vuole essergli vicina. Quando ci siamo trasferiti nell’appartamento sopra al suo, pensavo fosse comodo: sarebbe stata lì, pronta ad aiutarci. Invece, al posto dell’aiuto, è arrivata un’invasione quotidiana dalla quale non so liberarmi.
La nostra figlia, Sofia, di due anni, è il centro della nostra vita. Lavoro part-time come contabile per passare più tempo con lei. Luca spesso fa tardi al lavoro, e io gestisco tutto da sola. Ma Rosanna ha trasformato casa nostra nella sua seconda abitazione. Ogni giorno, senza preavviso, sale da noi, e le sue visite non sono una semplice tazza di caffè, ma una vera e propria occupazione.
**La suocera che non se ne va**
Comincia tutto al mattino. Preparo il pranzo, e poi suona il campanello: è Rosanna. «Bea, sono solo passata, come va?» dice, ma un attimo dopo è già seduta a tavola, aspettando il suo piatto di pasta. Non sono tirchia, la pasta non mi costa nulla, che mangi pure. Ma dopo pranzo non se ne va. Accende la nostra televisione, guarda i suoi programmi per ore, commentando ad alta voce. Sofia si intromette tra i nostri piedi, io cerco di pulire o lavorare, ma lei sembra non accorgersi che sono occupata.
Verso mezzanotte, quando sono già esausta, finalmente scende nel suo appartamento al piano di sotto. Ma non è finita: può tornare su, dimenticando qualcosa, o chiamare Luca per lamentarsi di un malessere. La sua presenza è come un rumore di fondo che non posso spegnere. Critica il modo in cui cucino, come vesto Sofia, come tengo la casa. «Bea, ai miei tempi i bambini dormivano di più», dice, e io taccio, anche se dentro ribolle.
**Il silenzio di Luca**
Ho provato a parlarne con Luca. Dopo una giornata in cui Rosanna è rimasta fino all’una di notte, gli ho detto: «Luca, sono stanca, ho bisogno del mio spazio». Lui ha sospirato: «Mamma è sola, le manca la compagnia. Sopporta un po’». Sopportare? Lo faccio ogni giorno, ma le mie energie stanno finendo. Luca ama sua madre, e capisco che lei gli sia cara, ma perché devo sacrificare la mia tranquillità? Il suo silenzio mi fa sentire sola nella nostra famiglia.
Sofia, la mia piccola, ormai si è abituata alla nonna sempre presente, ma vedo come il suo ritmo ne risente. Voglio che la mia casa sia mia, poter riposare, giocare con mia figlia, stare con mio marito senza occhi indiscreti. Ma Rosanna sembra credere che sia suo diritto essere da noi. Il suo appartamento è a due passi, eppure preferisce il nostro divano, la nostra TV, la nostra vita.
**L’ultima goccia**
Ieri è andata peggio del solito. Preparavo la cena, Sofia era irritabile, e Rosanna ha alzato il volume della televisione al massimo. Le ho chiesto di abbassarlo, ma ha fatto un gesto con la mano: «Bea, non brontolare, non ti disturbo». Non disturba? Per poco non scoppiavo a piangere dalla frustrazione. Quando Luca è tornato, lei si è lamentata dicendo che ero «poco ospitale». Lui ha taciuto, e ho capito: se non metto dei limiti, non finirà mai.
Voglio parlare seriamente con Luca. Dirgli che sua madre può venire, ma non tutti i giorni e non fino a tardi. Magari proporle di venire un paio di volte alla settimana, con orari fissi. Ma ho paura che si offenda, che Luca prenda le sue difese. E se mi chiama egoista? E se questo rovina il nostro matrimonio? Ma non posso continuare a vivere così, in una casa che non è più la mia, dove io divento solo un’appendice di mia suocera.
**Il mio grido di pace**
Questa storia è il mio grido per il diritto alla mia casa. Un piatto di pasta non mi pesa, nemmeno la televisione, ma voglio che la mia famiglia sia solo mia. Rosanna forse non fa male di proposito, ma le sue visite mi soffocano. Luca forse mi ama, ma il suo silenzio è come un tradimento. A 32 anni, voglio vivere in un mondo dove mia figlia dorme con orari regolari, dove posso respirare, dove casa mia è il mio rifugio.
Non so come convincere Luca, come non ferire Rosanna. Ma so una cosa: non posso più essere ostaggio delle sue abitudini. Sarà una conversazione difficile, ma sono pronta. Io sono Beatrice, e riavrò la mia casa, anche se dovessi mettere un ultimatum.