Ecco la storia adattata alla cultura italiana, con nomi, luoghi e riferimenti culturali appropriati:
“Un segreto rivelato il giorno del mio matrimonio: mia moglie ha una figlia!”
“Marco, non volevo dirtelo proprio oggi, nel giorno del tuo matrimonio… ma sai che la tua nuova sposa ha una figlia?” Le parole del mio collega mi hanno bloccato sul sedile dellauto.
“Ma che dici?” ho risposto, rifiutandomi di crederci.
“Mia moglie, vedendo la tua Beatrice alla cerimonia, mi ha sussurrato allorecchio: ‘È strano, lo sa lo sposo che la sua fidanzata ha una bambina cresciuta in un orfanotrofio?'”
“Ti rendi conto, Marco? Sono quasi rimasto soffocato dallinsalata. Mia moglie, che fa la pediatra, dice di essersi occupata personalmente dellabbandono di quella piccola. Ricorda tua Beatrice per quella voglia sul collo. Pare che la bambina si chiami Sofia e abbia il suo cognome. Saranno passati cinque anni, più o meno,” continuò il mio collega, studiando la mia reazione.
Rimasi immobile al volante. Che colpo! Decisi di vederci chiaro da solo. Non volevo credere a una cosa del genere. Sapevo bene che Beatrice non era una ragazzinaaveva trentadue anni al nostro matrimonioe che prima di me aveva avuto una vita. Ma perché abbandonare un figlio? Come si fa a vivere con un peso del genere?
Grazie al mio lavoro, trovai presto lorfanotrofio dove viveva Sofia.
“Ecco la nostra Sofia Rossi,” mi presentò la direttrice, indicando una bambina sorridente. “Dì al signore quanti anni hai, tesoro.”
Era impossibile non notare il suo strabismo. Mi fece tanta tenerezza, e sentii subito un legame profondo con lei. Dopotutto, era la figlia della donna che amavo! Mia nonna diceva sempre: “Un figlio, anche storto, è un tesoro per i suoi genitori.”
Sofia si avvicinò coraggiosa: “Ho cinque anni. Sei tu il mio papà?”
Mi sentii confuso. Cosa rispondere a una bambina che vede un padre in ogni uomo? “Sofia, parliamo un po… ti piacerebbe avere una mamma e un papà?” La domanda era sciocca, ma già volevo abbracciarla e portarla subito a casa.
“Sì! Mi porti con te?” mi fissò, cercando una risposta nei miei occhi.
“Verrò a prenderti, ma più tardi. Mi aspetterai, tesoro?” Avevo le lacrime agli occhi.
“Ti aspetterò. Non mentirai?” chiese seria.
“Non mentirò,” le baciai la guancia.
Tornato a casa, raccontai tutto a Beatrice. “Non importa quello che è successo prima di me, ma dobbiamo prendere Sofia con noi. Ladotterò.”
“E hai chiesto a me se la voglio? E poi è strabica!” urlò lei.
“È tua figlia! Faremo operare i suoi occhi. È una dolcezza, te ne innamorerai subito,” dissi, sbalordito dalla sua reazione.
Ci volle un anno per convincerla. In quel periodo, andavo spesso allorfanotrofio, e io e Sofia diventammo inseparabili. Beatrice, invece, cercò perfino di bloccare ladozione a metà strada, ma io insistetti.
Finalmente, Sofia entrò in casa nostra. Ogni piccola cosa la riempiva di meraviglia. Con gli occhiali e un po di terapia, il suo strabismo migliorò. Non servì nemmeno lintervento chirurgico.
Mia figlia somigliava sempre di più a Beatrice. Ero felice: due donne meravigliose illuminavano la mia vita.
Ma dopo un anno, Sofia continuava ad andare in giro stringendo un pacchetto di biscotti, persino di notte. Aveva paura di rimanere senza cibo. Questo irritava Beatrice, mentre a me spezzava il cuore.
Cercai di unire la famiglia, ma mia moglie non riuscì mai ad amare sua figlia. “Perché hai portato qui questa selvaggia? Non diventerà mai una persona normale!” urlava.
Amavo Beatrice profondamente, ma mia madre mi aveva avvertito: “Figlio mio, Lucilla è scaltra. Prima o poi ti tradirà.”
Quando sei innamorato, sei cieco. Ma con Sofia, cominciai a vedere la verità. Una volta, mentre era malata, Beatrice le strappò di mano la sua bambola preferita, Ginevra, e la lanciò dalla finestra.
“Mamma, ha freddo! Posso prenderla?” singhiozzò Sofia.
Corsi giù a recuperarla. Lascensore era rotto, e scesi di corsa dallottavo piano. La bambola penzolava da un ramo, coperta di neve che sembrava lacrime. Tornato su, trovai Sofia addormentata, ancora tremante. Beatrice, intanto, leggeva tranquilla in salone.
In quel momento, il mio amore per lei svanì. Capii che era solo una bella scatola vuota.
Divorziammo. Sofia rimase con me, e Beatrice non oppose resistenza. Tempo dopo, la incontrai per strada. “Marco, per me eri solo una tappa,” mi disse con sarcasmo.
“Lucilla, hai gli occhi come smeraldi, ma lanima nera come la fuliggine,” risposi senza rabbia.
Poco dopo, si risposò con un ricco uomo daffari. “Quel poveretto non sa cosa lo aspetta,” commentò mia madre.
Sofia allinizio soffrì molto, ma la mia nuova moglie, Margherita, seppe conquistarla con dolcezza e pazienza. Così, sua madre laveva abbandonata due volte. Per me, era inconcepibile.
Ora, Margherita coccola Sofia e nostro figlio, Matteo, con tutto lamore del mondo.




