«Un Sogno di Matrimoni»

“Lo Sposo Perfetto”

Alessia stava alla finestra guardando il cortile deserto. La neve calpestata era cosparsa di scintillii dai petardi, e sui rami spogli degli arbusti restavano brandelli di fili natalizi. La città sembrava morta. Tutti dormivano dopo la lunga notte di Capodanno. Dentro di sé, Alessia sentiva lo stesso vuoto.

Come aveva potuto ingannarsi così? Perché non aveva percepito la menzogna? Ora tutto le appariva chiaro, ma allora… Niccolò le era sembrato intelligente, affettuoso, un po’ risentito con suo padre. Sembrava, appunto. E lei aveva creduto che l’amasse davvero.

Il suono della serratura la fece sussultare. Aveva preparato un discorso pieno di accuse, ma ora ogni frase le sfuggiva. Passi leggeri si fermarono alle sue spalle. Alessia aspettò tesa, trattenendo il fiato. Un brivido le corse lungo il collo al calore del respiro di Niccolò.

“Ale,” disse lui, avvicinando la testa alla sua spalla.
Lei si scostò. “Sei ancora arrabbiata con me?” chiese lui con voce suadente. “Non so cosa mi sia preso. Ti guardava in quel modo… Sono stato sopraffatto dalla gelosia.” Aspettò una risposta, ma Alessia tacque.

“È colpa tua. Sorridevi, ti avvicinavi a lui, non lo lasciavi un attimo. Non ho resistito.”

“Smettila di inventare. Stavamo solo ballando,” rispose lei freddamente.

“Va bene, scusami. Sono stato geloso. È naturale, quando si ama.” Niccolò cercò di girarla verso di lui, ma Alessia scrollò le spalle, liberandosi dalle sue mani.

“Ale, su, dai. Ho chiesto scusa,” disse lui in tono conciliante.

“Devi chiedere scusa a lui, non a me.” Finalmente lo guardò, poi distolse di nuovo lo sguardo.

“Sì, sono andato all’ospedale, ho chiesto scusa al tuo marinaio.” Un lampo di cattiveria gli attraversò gli occhi, ma Alessia non lo vide. Continuava a fissare la finestra. “Non ha sporto denuncia, mi hanno rilasciato. Dimentichiamo tutto. Quando uscirà, verrà da noi, faremo pace.”

Alessia si voltò di scatto.

“Da noi? Dimenticare? Faremo pace? Non c’è più un ‘noi’. E non ci sarà mai. Lascia le chiavi e vattene.”

“Ah sì? Lo porterai qui lui?” La voce melliflua era sparita, ora era piena di rabbia.

“Vattene. Non voglio più vederti. Mi hai mentito.” Per quanto cercasse di trattenersi, la delusione e la collera traboccavano.

“Avrei dovuto punire anche te, non solo lui. Ti ricordi cosa mi hai detto?” Niccolò le afferrò il braccio sopra il gomito, stringendolo forte, la tirò a sé fino a sfiorarle il viso. Alessia vide l’odio nei suoi occhi.

“Lasciami, mi fai male,” implorò.

“Ho speso troppo tempo con te. No, cara, non me ne vado. Tu mi sposerai!” Con la mano libera, Niccolò tirò fuori un anello. “Non ho fatto in tempo a dartelo.” Le sollevò la mano per infilarglielo, ma Alessia cercò di divincolarsi.

“Lasciami! Non ti sposerò mai!” Le lacrime le rigarono il viso.

“Sposerai me, se vuoi che il tuo marinaio rimanga vivo e sano.”

“Non oserai mai fare nulla.”

“Oh, sì che oserei…”

***

“Parto domani,” disse Daniele.
Alessia gli piaceva. Molto. Ma aveva paura di dirle che se ne andava. Avevano appena iniziato a frequentarsi.

“Dove?”

“A Livorno. Sono stato ammesso all’Accademia Navale. Scusa se non te l’ho detto prima. Non ero sicuro di entrare.”

“Mi chiamerai almeno?” chiese lei con tono offeso, abbassando lo sguardo.

“Non fare il broncio. Che possiamo fare? Qui non c’è il mare. Ale, non voglio che ti senta obbligata ad aspettarmi. Gli studi sono lunghi, poi andrò in mare, missioni di sei mesi o più. Non immagini quanto sia difficile aspettare.”

“Non decidere per me,” ribatté Alessia alzando la testa.

“Ale, anche tu andrai all’università. Ci saranno tanti ragazzi…”

“Allora vai pure!” urlò lei, girandosi e allontanandosi.

“Ale!” Daniele fece per seguirla, ma poi cambiò idea. Rimase fermo un attimo, poi si avviò lentamente verso casa.

Quanta gioia aveva provato Alessia quando lui era tornato per le vacanze di Capodanno. Erano andati al cinema, avevano passeggiato. Daniele le raccontava della città, dello studio, del mare e degli amici, e lei ascoltava, sperando che prima o poi l’avrebbe baciata.

Ma si era limitato a un frettoloso bacio sulla guancia gelata, poi era andato via. Il giorno dopo era ripartito per l’Accademia.

Sì, all’università c’erano tanti ragazzi. Le rivolgevano attenzioni, la corteggiavano. Ma a lei non interessava nessuno. Daniele chiamava poco, chiedendole solo dell’università con tono amichevole. Ma se lei accennava alla sua nostalgia, lui cambiava subito argomento.

In primavera morì la zia paterna. Suo marito era mancato cinque anni prima. Era stato un funzionario del partito, sempre in ruoli di potere. Non avevano figli. In vita, la zia aveva tagliato i ponti con i parenti. Forse temeva che chiedessero soldi o favori.

Per questo, il padre rimase sbalordito quando scoprì che l’ampio appartamento del centro era stato lasciato in eredità ad Alessia. L’aveva vista solo un paio di volte. Prima non voleva crederci, poi si era rallegrato.

“Quell’appartamento è enorme, in centro. Non serve nemmeno ristrutturarlo. Quando ti sposerai, ci vivrai con tuo marito,” sognò la madre.

Alessia decise di non parlare dell’appartamento all’università. Perché suscitare invidie? Ma finì per lasciarsi sfuggire qualcosa. Qualcuno invidiò, altri la accusarono di superbia. Il rappresentante d’istituto chiese se potevano fare feste lì.

All’inizio del secondo anno, Alessia conobbe Niccolò Savini, uno studente più grande. Un giorno si sedette accanto a lei in mensa, iniziarono a parlare. Iniziarono a frequentarsi. Daniele era lontano, non le aveva chiesto di aspettarlo né promesso amore. A Livorno c’erano tante ragazze. E lui, non usciva con nessuna?

“Savini… Non è il figlio del vice-sindaco?” chiese il padre una volta.

“Non lo so,” rispose lei scrollando le spalle.

“Chiediglielo. Sembra un ragazzo serio, uno sposo perfetto.”

Alessia rise, ma poi glielo chiese.

“Sì. Non l’ho mai detto a nessuno. Come l’hai capito?”

“Non io, mio padre. Gli piaci.”

“È una persona semplice, il tuo. Il mio… mi sta stretto. Non ho vita. Appena mi laureo, me ne vado. Voglio affittare un appartamento e andarmene di casa.”

Quella sera, Alessia chiese al padre se potevano affittare l’appartamento della zia. Quando scoprì a chi, acconsentì subito.

“Che ci viva. Non gli chiederemo tanto, ma non è povero, può pagarti qualcosa,” rise il padre.

Niccolò esultò. La sollevò, la fece girare, la baciò.

“SeAlessia chiuse gli occhi, sorridendo mentre il vento del mare le accarezzava il viso, sapendo che finalmente aveva trovato la felicità accanto a Daniele e lasciandosi alle spalle ogni ombra del passato.

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