**3 ottobre, Roma**
Camminavo per le strade bagnate di Roma, trascinando una valigia pesante come un macigno. Il vento mi sferzava i capelli, la pioggia fredda mi bagnava il viso, e ogni passo sui tacchi alti era una coltellata alle caviglie. Ma il dolore più forte era dentro, nel petto, dove il cuore si era fatto di pietra.
«Come ho potuto crederci?» mormorai, fissando le pozzanghere. «Come ho fatto a essere così stupida?»
Sei anni con Federico. Promesse, viaggi, la sua casa, regali, fiori… E ora? Niente. Solo una valigia, la strada, e zero euro in banca da parte di chi giurava di volermi bene per sempre. Mi aveva buttata fuori con due parole: «Ho incontrato un’altra».
Non piansi. Troppo orgoglio per abbassarmi. Ma dentro, un vuoto che sembrava non finire mai.
Passando davanti a un bar accogliente, cedetti. Volevo solo un po’ di calore. Ordinai un caffè nero e due bignè, mi sedetti vicino alla vetrina. Finalmente, mi fermai. Il locale era pieno: donne che chiacchieravano, coppie, una signora anziana col marito. E poi, accanto alla finestra, un uomo in un completo elegante, concentrato sul laptop.
Quasi mi cadde la tazzina. Era lui. **Matteo.**
Lo stesso Matteo che avevo lasciato sette anni prima per Federico. Allora viveva con la nonna, portava camicie rattoppate, studiava programmazione e mi chiedeva pazienza. «Aspetta, avremo tutto», diceva. Ma io non volli aspettare. Non sopportavo quella casa vecchia con l’odore di medicine e l’orologio a cucù. Volevo la bella vita. Subito.
E ora? Matteo era un uomo fatto, sicuro, elegante. A giudicare dall’aria, di successo. Lo fissai, dimenticandomi del caffè. Tornarono i ricordi: le sere in cucina a bere tè, sua nonna che mi preparava la pasta al forno, lui che mi chiamava «principessa» mentre mi faceva le uova strapazzate.
Strinsi le labbra. Forse era la mia occasione. Forse non era sposato. Forse mi avrebbe perdonata.
Mi alzai. A metà strada, sentii una vocina squillare:
«Papà! Papino!»
Matteo si girò. Una bambina di cinque anni gli correva incontro, seguita da una donna bellissima con i capelli lunghi. Lui abbracciò la figlia, baciò la moglie, e li accompagnò al suo tavolo.
Rimasi impietrita. Tornai al mio posto senza fiato. La valigia, i bignè, il caffè ormai freddo. Il cuore mi si strinse così forte che avrei voluto urlare.
L’errore. Quello vero. Non quando scegli la persona sbagliata, ma quando non capisci chi ti ama davvero.
Ora Matteo è felice. E io? Niente casa, niente amore, niente futuro. Solo ricordi e una valigia in mano.
Uscì dal bar, la porta si chiuse alle mie spalle, e capii: gli errori più grandi non sono le scelte sbagliate, ma non riconoscere chi ci ha amato sul serio.