Un terribile segreto scoperto per caso: mia sorellina Luisa, di soli 4 anni, aveva un’ernia ombelicale. I medici ci hanno avvertito: ‘Non perdete tempo, prima si opera meglio è’. Luisa, senza papà, si rifiutava categoricamente di andare in ospedale. Abbiamo atteso il suo ritorno dal viaggio, e lui l’ha accompagnata fino alla sala operatoria.

**5 Marzo 1987**

Un macabro scoperta è venuta alla luce per puro caso. Mia sorella minore, la piccola Chiara di quattro anni, aveva unernia ombelicale. I medici dissero che non bisognava aspettarepiù presto si operava, meglio era. Senza papà, Chiara si rifiutava categoricamente di andare in ospedale. Aspettammo che tornasse dal suo viaggio di lavoro, e fu lui ad accompagnarla fino alla sala operatoria.

«Papà, mi aspetterai qui?» singhiazzava la sorellina.
«Dove vuoi che vada, tesoro? Certo che ti aspetto. Perché piangi? Sei sempre stata così coraggiosa.»
«Non piango! Sto solo soffiando forte!»

E se la portarono via. Un intervento semplice, di routine. Ma i genitori dovettero donare sangue alla banca del sangueera un requisito obbligatorio.
«Ma la sua sarà compatibile solo con uno di noi, no?» chiese papà. «Non potreste fare prima le analisi, così non doniamo inutilmente?»
«Il sangue non è mai inutile!» rispose il medico con fermezza.

Mamma e papà donarono. Mamma era pallida, sembrava sul punto di svenire. Poi non riusciva a stare fermaandava avanti e indietro, parlava con le infermiere. Quando finalmente portarono fuori Chiara, papà andò ad aspettarla come promesso. Passò tutto il weekend con lei. Mamma sembrò finalmente calmarsi, venne a vedere la bambina, poi mi portò a casa, anche se mi opponevo.
«Posso stare con lei anchio,» insistevo.

Avevo undici anni. Chiara, la mia sorellina bionda, era la persona che amavo di più al mondo. Forse più di mamma e papà. E come non amarla? Un angelo. Un angelo biondo in carne e ossa.

Immaginate un piccolo paese di provincia con il suo ospedale locale. Nuovo, sì, ben attrezzatoavevano perfino una banca del sangue. Ma un paesino resta un paesino. Passarono tre giorniChiara era già a casa, papà si preparava per un altro viaggio. Uscì a comprare sigarette per la strada. Tornò… con una faccia da temporale.

«Papà…» strillò Chiara dalla sua stanza (era ancora a riposo a letto). «Mi hai portato i marshmallow che mi piacciono?»

Papà lasciò la busta della spesa nel corridoio. Mi ordinò di andare da Chiara. Prese mamma per un braccio e la trascinò in cucina.
«Marco… Marco, che cè?»

In cucina ci fu una discussione che capii solo anni dopoio e Chiara, allora, non comprendemmo nulla. Lei era troppo piccola, io ubbidii a papà. In camera di Chiara, lei iniziò a piagnucolare, chiedendo papà e i marshmallow. Le proposi di leggere qualcosa e, per fortuna, accettò.

In cucina, Marco, con gli occhi fuori dalle orbite, si avvicinò a Gina così tanto che lei si schiacciò contro il muro. Non aveva più spazio per scappare.
«È vero? Che Chiara non è mia?»
«Ma come… che dici… Marco, hai perso la testa?»
«Ti dico io cosho perso. Io ho sangue A+, tu hai 0+. E lei» fece un cenno verso la porta «ha B-. Se hanno sbagliato, possiamo rifare le analisi.»

Gina spinse via il marito, si avvicinò al tavolo, si sedette. Appoggiò la testa sulle mani e gemette:
«Bastardi. Te lavevo chiesto! Ma perché? Ci invidiano, Marco. Abbiamo tutto. E i bambini così belli…»
«Ah, lavevi chiesto… capisco.»

Uscì dalla cucina, lasciando Gina in lacrime. Solo una volta aveva sbagliato… per noia… con un ingegnere di passaggio. Il marito sempre in viaggio. Nei film, un camionista è romantico. Nella realtà, è solo freddo e triste. Gina pensò che doveva reagire! Lui, in fondo, chissà quante ne combinava in giro. Saltò su e corse dietro a Marco, ma lui era già sparito. Sul tavolo, una scatola di marshmallow restò abbandonata.

Dopo il viaggio, papà parlò seriamente con me. Mi chiese di andare via con lui.
«Papà, e Chiara? E mamma? Non puoi restare?»

Mi sentii come se avessero messo una montagna di cemento sulle spalle. Le montagne sono fatte di roccialavevo visto in un documentario. E anche quella che sentivo io era disomogenea. Cera la paura di perdere papà. La paura di scegliere. Qualcuno, comunque, lavrei perso. Facendo due calcoli, decisi di restare. Chiara + mamma erano di più, numericamente, di papà da solo. Anche se, forse, mia sorella da sola valeva più di tutti.

Papà ci vedeva spesso. Di Chiara, sembrava essersi dimenticato. Non capivo, ma sapevo una cosa: se avesse potuto spiegarmi, lavrebbe fatto. Allinizio, Chiara era triste e piangevaera straziante vederla. Poi smise di chiedere di lui. Si chiuse in sé stessa, giocando con le sue bambole. Non capivo esattamente perché questa punizione fosse caduta su di lei, ma potevo immaginarlo. Quanto a mamma…

Mamma impazzì. Cominciò a portare a casa spazzatura dalla discarica. Prima cose innocue, quasi utili. Poi di tutto. Smise di occuparsi di noi. Se ne stava lì, tra i suoi tesori di immondizia, sussurrando e rimestando. Come una donna giovane e bella avesse potuto trasformarsi in quello in un anno e mezzonon lo capivo. Ma non dissi nulla a papà. Di me, e a volte di Chiara, si occupava la vicina. Con i soldi degli alimenti di papà, riuscivo a cavarmela per il cibo. Ma lodore che impregnava la casa… a scuola, tutti mi prendevano in giro, ma evitavo le risse.

«Zia Rosaria, mi insegni a stirare?» bussai alla sua porta.
«Lorenzo, dovresti prima imparare a lavare…» disse storcendo il naso.
«Non serve. Ho lavato. Ma domani vado da papà e devo presentarmi decente…»
«Allora lui… non sa niente di Gina?»
«Non glielo dirò. Se ne è andato, non è più affar suo!»

Mi fece entrare, poi ci ripensò.
«Porta anche Chiara. Vi sistemo io. E portatemi i vostri vestiti. Potete cambiarvi qui. Farò quel che posso…»

Così feci. A scuola, almeno, non puzzavo più come un barbone. Ma la buona zia Rosaria non si fermò lì. Andò da papà e lo rimproverò. Lui mi aspettò alluscita di scuola.
«Perché non mi hai detto niente?»
«A che serve? Saresti tornato?»
«No. Ma puoi vivere con me.»
«E Chiara.»

Papà tacque. Scossi la testa e mi avviai verso casa.
«Aspetta! Chiara può stare dalla nonna.»
«La nonna ha un nuovo marito. Non ha tempo per noi.»
«Capisco da chi hai ereditato…» iniziò papà, poi si bloccò.

Provò comunque a parlare con lex suocera.
«Marco, sei pazzo? Cosa me ne faccio di bambini piccoli? Ho una seconda giovinezza!»
«Ma Chiara è tua nipote!»
«Peccato.»
«Cosa?!»
«Peccato che la madre sia certa, ma il padre no. Se avessi un figlio maschio

Rate article
Add a comment

;-) :| :x :twisted: :smile: :shock: :sad: :roll: :razz: :oops: :o :mrgreen: :lol: :idea: :grin: :evil: :cry: :cool: :arrow: :???: :?: :!:

three + 13 =

Un terribile segreto scoperto per caso: mia sorellina Luisa, di soli 4 anni, aveva un’ernia ombelicale. I medici ci hanno avvertito: ‘Non perdete tempo, prima si opera meglio è’. Luisa, senza papà, si rifiutava categoricamente di andare in ospedale. Abbiamo atteso il suo ritorno dal viaggio, e lui l’ha accompagnata fino alla sala operatoria.