Un Uomo Autentico

**L’Uomo Vero**

Caterina e Gianni si frequentavano da due anni. Sua madre, Rosa, aveva cominciato a preoccuparsi, temendo che la figlia sprechasse il suo tempo con lui, senza che mai si arrivasse al matrimonio. Gianni, dal canto suo, diceva che non c’era fretta, che avevano tutto il tempo, e che già così stavano bene…

L’estate passò, le foglie caddero dagli alberi, tappezzando i marciapiedi di un tappeto dorato, e iniziò la pioggia. In uno di quei giorni umidi e grigi d’ottobre, Gianni, goffamente, fece la proposta a Caterina, regalandole un anellino di poco valore.

Lei gli avvolse il collo con le braccia e sussurrò all’orecchio: «Sì», poi infilò l’anello al dito e gridò gioiosa: «Sì!», alzando le braccia al cielo e saltellando sul posto dalla felicità.

Il giorno dopo andarono in comune e, timidi ed emozionati, presentarono la domanda di matrimonio. Le nozze furono fissate per metà dicembre.

A Caterina sarebbe piaciuto sposarsi d’estate, per mostrare a tutti quanto fosse bella nel suo abito bianco. Ma non osò contraddire Gianni. Chissà, se avesse insistito, avrebbe rimandato all’estate successiva, e magari avrebbe cambiato idea. Lei lo amava troppo per sopportare l’idea di perderlo.

Il giorno del matrimonio, una tormenta di neve infuriava. Il vento le scompigliò la pettinatura accurata. L’ampia gonna dell’abito bianco si gonfiava come una campana, e sembrava che la prossima raffica l’avrebbe portata via lontano. Sulla soglia, Gianni sollevò tra le braccia la sua felice sposa e la portò fino all’auto. E nulla, né la neve né i capelli scomposti, riuscì a intaccare la gioia dei due innamorati.

I primi tempi furono un turbinio d’amore e felicità. Caterina credeva che sarebbe durato per sempre. Certo, qualche litigio c’era, ma la notte si riconciliavano e si amavano ancora più intensamente.

Un anno dopo, nella giovane e felice coppia, nacque Dario.

Il bambino era tranquillo e sveglio, fonte di orgoglio per entrambi. Gianni, come tanti uomini, aiutava poco Caterina con il piccolo, temeva di prenderlo in braccio, e quando lo faceva, Dario piangeva, costringendola a riprenderlo subito.

«Fai tu, sei più brava. Quando sarà grande, giocherò a calcio con lui. Intanto, penserò a mantenervi», diceva Gianni, ma lo stipendio bastava a malapena per tre.

Dario crebbe, iniziò l’asilo, e Caterina tornò a lavorare. Ma i soldi non aumentarono, e mettere da parte un acconto per un mutuo era impossibile. Iniziarono i rimproveri, i litigi, con accuse reciproche di sprechi. Riconciliarsi come prima non era più così semplice.

«Basta, sono stanco. Lavoro come un mulo, e per te non è mai abbastanza. Ma dove vanno a finire tutti questi soldi?», sbottò un giorno Gianni, irritato.

«Li mangi tu», ribatté Caterina. «Guarda che pancia che ti sei fatto.»

«Ti dà fastidio la mia pancia? Anche tu non sei più quella di prima. Ho sposato una farfalla, e mi ritrovo un bruco.»

Da lì, la discussione degenerò. Caterina, asciugandosi le lacrime, andò a prendere Dario all’asilo. Tornando, ascoltando il chiacchiericcio del bambino, capì all’improvviso che non poteva perdere Gianni. Una volta a casa, l’avrebbe abbracciato, baciato e chiesto scusa. E lui, come una volta, avrebbe ricambiato il bacio e tutto sarebbe tornato come prima. «Gli amori più dolci sono quelli con più litigi», pensò, rasserenandosi, e affrettò il passo, mentre Dario cercava di starle dietro.

Ma l’appartamento era silenzioso e buio. La giacca di Gianni non era appesa all’attaccapanni, né c’erano le sue scarpe. «Si sarà calmato e tornerà», pensò Caterina, mettendosi a friggere patate con pancetta, il piatto che lui adorava.

Ma Gianni non tornò, né rispose alle chiamate. La mattina seguente, stremata dall’insonnia e dai brutti pensieri, Caterina portò Dario all’asilo e andò al lavoro. A malapena arrivata alla pausa pranzo, chiese di uscire, citando malessere, ma invece di tornare a casa, si diresse verso l’ufficio di Gianni.

Si avvicinò alla sua stanza e, ripetendo mentalmente le parole preparate, aprì la porta. Gianni le era di spalle e stava baciando un’altra donna. Sul suo completo scuro, le sue mani con lo smalto rosso spiccavano come foglie d’acero aperte.

La donna aprì gli occhi e vide Caterina, ma invece di allontanarsi da Gianni o ritirare le mani, lo strinse ancora più forte.

Caterina fuggì dall’ufficio come se avesse il fuoco addosso. Camminò senza vedere dove andava, urtando i passanti, accecata dalle lacrime. Le gambe la portarono quasi automaticamente a casa di sua madre.

«Mamma, perché mi tratta così? Sono tutti gli uomini così?», chiese tra i singhiozzi.

«Tutti come?», domandò Rosa.

«Traditori. Forse lo faceva da tempo, e io non me ne accorgevo. Non può essere successo così, all’improvviso.»

«Non lo so, cara. Quando ami, il mondo è racchiuso in un uomo. Se lui tradisce, ti sembra che tutti gli uomini siano traditori», sospirò Rosa. «Tornerà.»

«E se non torna?», domandò Caterina, con voce strozzata.

«Con il tempo, il dolore passerà. Hai un figlio. Pensa a lui. E se non torna, forse è meglio così. Sei giovane, troverai ancora la felicità.»

«Tu non l’hai trovata.»

«Come fai a saperlo? Avevo paura che con un altro uomo sarebbe successo di nuovo. E poi, tu eri già grande, avevo paura per te. Ma tu hai un figlio, ha bisogno di un padre…»

Un po’ più calma, Caterina andò a prendere Dario all’asilo.

«Mamma, giochiamo?», chiese lui una volta a casa.

«Lasciami in pace», rispose lei bruscamente.

«Non mi piace quando parli così», disse Dario con voce tremante, senza insistere oltre.

Gianni tornò a casa mentre Caterina metteva a letto Dario. Tirò fuori una valigia e cominciò a riempirla con le sue cose.

«Dove pensi di andare?», chiese Caterina, anche se ormai lo sapeva.

«Me ne vado. Basta, ne ho abbastanza. Litigate, questo buco di casa, la tua faccia… mi danno i nervi.» Gianni era agitato, non la guardava negli occhi.

«E noi?»

«Volevi il matrimonio, il bambino? Ora tieniteli.» Gianni chiuse la valigia, lanciò un’occhiata alla stanza, soffermandosi sugli occhi spalancati di Dario, e uscì in fretta nel corridoio. La porta sbatté.

Caterina si sedette sul divano e scoppiò in lacrime. Qualcuno le toccò una spalla, e lei alzò bruscamente la testa, sperando fosse Gianni. Ma accanto a lei c’era solo Dario, in pigiama.

«Mamma, non piangere. Io non ti lascerò mai,Nonostante il dolore, Caterina trovò la forza di sorridere, stringendo tra le braccia il figlio che le aveva appena promesso di non abbandonarla mai.

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