**10 maggio, Roma**
Stavo correndo allaeroporto per il mio volo, come al solito, mentre fuori scrosciava una pioggia battente. Tutto sembrava procedere normalmente, finché non la vidi: una donna sotto lacqua, con un bambino piccolo tra le braccia. Per un attimo pensai di ignorarli e continuare, ma qualcosa mi fermò.
Scesi dalla macchina e mi avvicinai.
«Buongiorno, posso aiutarvi? Perché siete qui sotto questo diluvio?» le chiesi.
«Non ho dove andare,» rispose lei, gli occhi lucidi. «Mio marito ci ha cacciato di casa, e ora siamo senza nulla.»
Senza esitare, estrassi le chiavi del mio appartamento e dissi allautista di portarli a casa, assicurandosi che avessero tutto il necessario fino al mio ritorno. Lui li accompagnò, mentre io ripartii per laeroporto.
Due settimane dopo, tornai a Roma e mi diressi verso casa. Bussai, ma nessuno aprì. La porta era socchiusa, così entrai.
Quello che vidi mi lasciò senza fiato.
In salotto cera una donna con un bambino, ma non erano loro. I giocattoli erano ordinati sul pavimento, la cena fumava sul tavolo, e sul pianoforte cera un biglietto: *«Grazie per la tua gentilezza. Siamo a casa.»*
Poi notai unombra nellangolo: un altro bambino, avvolto in una coperta, accoccolato su sé stesso.
Non lo conoscevo, eppure quegli occhi erano gli stessi del piccolo sotto la pioggia, ma ora aveva sette anni.
La donna alzò lo sguardo e sorrise, anche se nei suoi occhi leggevo preoccupazione. «Ci ha trovati da solo. Lo chiamiamo… il nostro miracolo.»
Sentii un nodo sciogliersi nel petto, ma qualcosa di più profondo emergeva. Non era solo gratitudine. Era un mistero, un segreto che custodiva qualcosa di straordinario.
**Lezione di oggi:** a volte, fermarsi può cambiare tutto. E quello che sembra un gesto semplice, forse, nasconde un destino che nemmeno immaginiamo.