Una Casa Senza Accoglienza: Quando la Madre Trasforma la Dimora in un Campo di Battaglia

Una casa senza benvenuto: Quando la madre trasforma la casa in un campo di battaglia

Lappartamento in cui non siamo più i benvenuti: Come la madre ha trasformato casa nostra in un campo di battaglia

Luca era seduto nel suo ufficio quando squillò il telefono. Sul display: sua moglie. Si stupì raramente lo chiamava in piena giornata.

«Ciao, Valentina. Che succede? Sono un po occupato», disse, senza staccare gli occhi dallo schermo.

«È successo qualcosa di terribile», la sua voce tremava, soffocata dalle lacrime, «Ci hanno cacciati. Non abbiamo più una casa!»

«Cosa?!», Luca balzò in piedi, «È successo qualcosa allappartamento? Un incendio? Un furto?»

«Lappartamento sta bene ma non possiamo più viverci», sussurrò Valentina.

«Come non possiamo più viverci? Chi può impedirci di vivere nella nostra stessa casa?!»

«E chi, se non tua madre!», le sfuggì, e nella sua voce cera tutto dolore, rabbia, disperazione.

Anni prima, loro e Valentina si erano trasferiti a Roma con i bambini. La maggiore aveva sette anni, la minore cinque. Avevano ricominciato tutto da zero, lavorando sodo. Poi arrivò la fortuna: il padre di Valentina aveva ereditato inaspettatamente un appartamento da un lontano parente in campagna.

«Andateci a vivere», aveva detto il vecchio allora, «sono in pensione, le tasse sono gestibili, lappartamento rimane a mio nome, ma non vi daremo fastidio.»

Loro lo ristrutturarono, comprarono i mobili. Si sentirono a casa. Anche se lappartamento non era ufficialmente loro, era la loro casa. Solo Valentina viveva con un costante senso di insicurezza.

«Stiamo investendo tutto qui, ma non siamo sul catasto», aveva detto a Luca.

«Non preoccuparti. I miei genitori sono qui. Chi mai ci caccerebbe? Siamo famiglia.» Giochi di famiglia.

Ma andò peggio vennero cacciati. Non da estranei, ma dalla loro stessa famiglia.

La scintilla fu il compleanno del padre. Andarono a festeggiare. Ma il giorno dopo, la suocera si presentò improvvisamente davanti a loro:

«Abbiamo deciso: Matteo, vostro cugino, verrà a vivere con voi. Sta studiando, il dormitorio è pieno. Da voi cè spazio. E», aggiunse con freddezza, «lappartamento è comunque nostro, quindi decidiamo noi chi ci vive.»

A Valentina mancò il fiato. Ma Luca annuì soltanto:

«Nessun problema. Cè spazio.»

Lei avrebbe voluto urlare, si morse le labbra. Non era il momento giusto. Ma qualcosa in lei si spezzò quel giorno.

Matteo si trasferì e si comportò come il padrone di casa. Mangiava sul divano, urlava, non metteva mai in ordine. Tutto ciò che toccava diventava sporco. Poi arrivarono i genitori di Luca in visita. Per vedere il «nipote». E cominciò lincubo.

«Le scarpe di Matteo sono sporche!», rimproverò la suocera. «Perché la giacca non è stata lavata?! E perché non cè la torta?!»

Comandava come un sergente. Cucinava, lavava, puliva. Poi, senza preavviso, a Valentina:

«Non capisco come mio figlio possa vivere con una come te! Dovresti andartene. Lascia lappartamento qui.»

«Dove dovrei andare? Gli affitti sono cari, le bambine hanno le loro famiglie»

«Non è un mio problema. Fai le valigie.»

Quando Valentina si rifiutò, alla suocera si esaurì la pazienza:

«Lo convincerò io, Luca. Firmerà il divorzio.»

Valentina fece le valigie in silenzio, mentre le lacrime le rigavano il viso.

Luca lo scoprì e corse da lei.

«Mamma, che stai facendo?! Stai cacciando mia moglie?!»

«È di troppo. E poi beve!»

«Come scusa?!»

«Ho sentito bottiglie tintinnare. Perché nascondi qualcosa? Una così non la lascio vivere sotto il mio tetto. Lappartamento è mio, quindi decido io.»

«Mamma, era Matteo con la spazzatura!»

«Non dare la colpa al ragazzo! Se lei si fa vedere qui ancora una volta poi non lamentarti.»

«Allora me ne vado con lei.»

«Meglio così. Matteo ha una ragazza adesso, verrà a vivere qui.»

Luca strinse i pugni, senza dire una parola.

«Bene. Due giorni.»

A Valentina disse poi: «Non piangere. Svuotiamo tutto Marco ci aiuterà, abbiamo un garage. Andrà tutto bene. Ci compreremo qualcosa di nostro. Forse non come lo avevamo sognato, ma sarà nostro.»

Tre giorni dopo, la suocera arrivò con la figlia Silvia carica come per un assedio. Carne, pesce, scatolame, sacchi di patate

«Sono davvero andati via?!», chiese Silvia sconvolta.

«Vuoto Niente cucina Niente frigo Niente mobili»

«Mettilo sul balcone.»

«Ma sta piovendo! Mamma, qui non si può nemmeno dormire!»

Maria Rossi compose il numero di suo figlio non rispose. Nemmeno le nipoti.

«Maria qui Nonna», provò con una delle nipoti, ma dallaltra parte arrivò solo:

«Non chiamare più!»

Nellappartamento era rimasto solo un vecchio divano sporco. E un secchio nella vasca il simbolo di un sogno infranto.

Sei mesi dopo, Valentina cucinava nel suo nuovo appartamento. Squillò il telefono. Numero sconosciuto.

«Luca, sono io Mamma Non ti sento Mi dispiace. Torna indietro. Vivi qui.»

«Viviamo già. Nel nostro appartamento.»

«Il vostro appartamento? A cosa vi serve un altro? Avete già il nostro!»

«Il vostro è vostro. E il nostro è nostro.»

«E le nipoti? Mi hanno cancellata!»

«Non hanno bisogno di nulla. Abbiamo tutto. Dimenticate quellappartamento. Non torneremo mai più.»

Luca chiuse la chiamata. Quel capitolo era chiuso. E non sarebbe mai più stato riaperto.

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