Ieri sera io e mia moglie siamo tornati a casa dopo una cena di compleanno indimenticabile. Beatrice rientrava con me dal ristorante dove avevamo festeggiato. La serata era andata benissimo. Cerano tante persone: familiari, colleghi di lavoro. Molti Beatrice non li aveva mai visti prima, ma se io li avevo invitati, doveva avere un motivo.
Beatrice non era il tipo che contesta le decisioni del marito; odiava le litigate. Per lei era più semplice assecondarmi piuttosto che difendere il suo punto di vista.
“Beatrice, le chiavi non sono troppo in fondo nella borsa? Puoi prenderle?”
Lei aprì la borsetta, tastando alla cieca. All’improvviso, un dolore acuto la fece sobbalzare e lasciò cadere tutto per terra.
“Perché hai urlato?”
“Mi sono punta con qualcosa.”
“Con tutto il casino che hai lì dentro, che ti aspettavi?”
Beatrice non rispose, raccolse la borsa e tirò fuori con attenzione le chiavi. Entrammo in casa e lei dimenticò presto laccaduto. Stanchissima, con le gambe doloranti, voleva solo una doccia prima di dormire. La mattina si svegliò con un dolore intenso alla mano: il dito era rosso e gonfio. Allora ricordò la sera prima, afferrò la borsa per capire cosa fosse successo. Setacciandola con cura, trovò in fondo un grosso ago arrugginito.
“Ma che diavolo è?”
Non capiva come fosse finito lì dentro. Lo tirò fuori e lo gettò nel cestino. Poi prese il kit di pronto soccorso per disinfettare la ferita. Dopo aver fasciato il dito, andò al lavoro. Ma allora di pranzo iniziò a sentirsi febbricitante.
Mi chiamò:
“Luca, non so cosa fare. Ieri mi sarò beccata uninfezione. Ho la febbre, mal di testa, mi sento tutta dolorante. Indovina? Ho trovato un ago arrugginito nella borsa, ed è quello che mi ha punto!”
“Dovresti vedere un medico, non si sa mai, potrebbe essere grave.”
“Non preoccuparti, ho disinfettato, passerà.”
Ma ora dopo ora, stava sempre peggio. Finita la giornata, prese un taxi perché non reggeva lidea dei mezzi pubblici. Arrivata a casa, crollò sul divano e si addormentò.
Sognò sua nonna Rosa, morta quando lei era piccola. Non sapeva come, ma era sicura che fosse lei. Fragile e curva, il suo aspetto avrebbe spaventato molti, ma Beatrice sentiva che la nonna voleva aiutarla.
La nonna la portò in un campo e le mostrò quali erbe raccogliere, dicendole di farne un infuso per purificarsi. Le spiegò che qualcuno le voleva male, ma doveva resistere per difendersi. Il tempo stringeva.
Beatrice si svegliò sudata. Credeva di aver dormito a lungo, ma erano passati solo pochi minuti. Sentì la porta di casa sbattere: ero rientrato. Scivolò dal divano e venne nel corridoio. Quando la vidi, rimasi sconvolto:
“Che ti succede? Guardati allo specchio!”
Si avvicinò. Il giorno prima aveva visto il viso di una donna sorridente. Ora non si riconosceva: capelli spenti, occhiaie, pelle grigiastra, sguardo vuoto.
“Ma che sta succedendo?”
Ricordò il sogno e mi disse:
“Ho visto la nonna. Mi ha spiegato cosa devo fare”
“Beatrice, vestiti, andiamo in ospedale.”
“No, non ci vado. La nonna ha detto che i medici non potrebbero aiutarmi.”
Scoppiò una lite furiosa. La trattai da pazza, da allucinata. Per la prima volta, litigammo violentemente. Volevo portarla in ospedale a forza.
“Se non vuoi venire, ti ci trascino io!”
Lei si divincolò, perse lequilibrio e cadde sbattendo contro uno spigolo. Infuriato, presi la sua borsa, sbattetti la porta e uscii. Beatrice trovò la forza solo per scrivere al capo, dicendo che era malata e sarebbe rimasta a casa qualche giorno.
Tornai a notte fonda e chiesi scusa. Lunica cosa che lei mi disse fu:
“Portami domani nel paese dove viveva la nonna.”
Al risveglio, Beatrice sembrava più un fantasma che una donna in salute. Continuai a supplicarla:
“Smettila con queste follie, andiamo in ospedale. Non voglio perderti.”
Ma partimmo. Lunica cosa che ricordava era il nome del paese. Non ci tornava da quando i suoi genitori avevano venduto la casa della nonna dopo la morte. Per tutto il viaggio, Beatrice dormì. Non sapeva nemmeno in che campo andare, ma appena arrivammo, si svegliò e disse:
“È là.”
Riuscì a scendere dalla macchina e crollò sullerba, sfiancata. Ma sapeva di essere nel posto giusto. Trovò le erbe che la nonna le aveva mostrato nel sogno e tornammo a casa. Preparai linfuso seguendo le sue indicazioni. Beatrice iniziò a berlo a piccoli sorsi, ogni sorso le dava un po di sollievo.
Si trascinò in bagno e, quando si alzò, vide che le sue urine erano nere. Invece di spaventarsi, capì le parole della nonna:
“Il male sta uscendo”
Quella notte, sognò di nuovo la nonna. Sorrideva e iniziò a parlarle.
“Ti hanno lanciato un malocchio con quellago arrugginito. Il mio rimedio ti ridarà forza, ma non sarà per sempre. Devi trovare chi ti ha fatto questo e rimandargli indietro il male. Non vedo chi sia, ma ha un legame con tuo marito. Se non avessi buttato quellago, avrei potuto dirti di più. Ma”
“Fai così: compra una scatola di aghi e, sul più grosso, recita questa formula: Spiriti della notte, voi che avete vissuto, uditemi, ombre oscure, svelate la verità. Circondatemi! Indicate il mio nemico. Poi infila lago nella borsa di tuo marito. Chi ti ha maledetto si pungerà e sapremo chi è. Così potremo rimandargli il male.”
Detto questo, la nonna svanì come nebbia.
Beatrice si svegliò. Si sentiva ancora male, ma sapeva che sarebbe guarita. La nonna lavrebbe aiutata.
Decisi di restare a casa per curarla. Ma quando disse che doveva uscire da sola, rimasi scioccato:
“Beatrice, non stai in piedi! Vengo con te.”
“Preparami una minestra, dopo questo malanno ho una fame da lupo.”
Fece esattamente come la nonna le aveva detto. Quella sera stessa, lago incantato era nella mia borsa. Prima di dormire, le chiesi:
“Sei sicura di farcela da sola? Forse dovrei restare.”
“Ce la faccio.”
Stava meglio, ma il male era ancora dentro di lei, cresceva. Però linfuso che prendeva da tre giorni agiva come antidoto. Sembrava che non piacesse a ciò che la infestava.
Attese con ansia il mio ritorno dal lavoro. Mi accolse sulla porta con una domanda:
“Comè andata oggi?”
“Tutto bene, perché?”
Iniziò a dubitare, ma poi aggiunsi:
“Ti sembrerà pazzo, ma oggi Irene dellufficio accanto ha voluto aiutarmi a cercare le chiavi nella mia borsa. Si è punta con un ago dentro. Mi ha guardato con tale odio, sembrava volermi uccidere.”
“Luca, che rapporto hai con questa”È Irene che ha messo quellago nella mia borsa,” sussurrò Beatrice mentre stringeva il braccio di Luca, guardandolo negli occhi con la certezza che la vendetta della nonna si stesse già compiendo.