Una corsa in pausa pranzo al salone per un manicure

Durante la pausa pranzo, mi precipitai in un salone di bellezza a Milano per fare una manicure. Accanto a me c’era una ragazza snella e carina, sui trent’anni, a giudicare dall’accento – italiana come me – che si faceva acconciare i capelli e raccontava qualcosa di animato. A causa del phon acceso, parlava a voce alta e, senza volerlo, ascoltai…

Riuscii a cogliere la storia a metà, così la racconto da quel punto, perdonatemi.
«Non sapevo cosa regalarle per il suo compleanno! Ha già tutto, è impossibile sorprenderla, è una bellezza e può comprarsi tutto da sola, dopotutto è avvocato. Siamo amiche da circa sette anni, sin dai tempi dell’università, le ho già regalato di tutto. Un altro scialle? No, volevo davvero sorprenderla. Ma cosa regali a qualcuno che in pratica ha tutto, Annetta?» – chiese alla parrucchiera. La parrucchiera rifletté: “Beh, forse un set di creme, servono sempre…”

“Esattamente, Annetta! E così, mentre girovagavo in centro, proprio vicino a qui, mi imbatto in un negozio – così bello, tipo La Perla. Entro e trovo lingerie e accessori per la vita intima. Tutto molto elegante. Decido di comprarle un set di creme profumate perché, anche se è avvocato, la sua vita sentimentale non va troppo bene. E sai, le creme profumate attirano! Ma – non è andata come pensavo. In negozio, subito mi avvicina un bellissimo ragazzo latino. Ascolta la mia idea delle creme e mi propone tutt’altri articoli.

Non so come, Annetta, ma da parlare di creme sono finita a comprare… un vibratore!»
Il salone di bellezza si azzittì. Annetta spense il phon e disse – ti metto un olio sulle punte dei capelli per cinque minuti… La mia estetista scollegò la lampada per asciugare le unghie e mi disse severa – non serve asciugarle, si asciugheranno da sole. Tutti si avvicinarono, visto che lo spazio era piccolo, e io portai la sedia il più vicino possibile.

Beh, devo dire che mi piacque subito: era grande, di colore viola, molto sofisticato. Il ragazzo latino mi mostrò come funzionava. No, non pensare male – lo mosse in aria, ovviamente. Brontolava un po’ forte a mio parere, ma era fantastico. Con molte funzioni». Nessuno nel salone faceva finta di niente, tutti trattenevano il fiato.

«Si accompagnava con una grande scatola di velluto e un voluminoso manuale di istruzioni», continuò la ragazza. «Insomma, l’ho comprato, l’ho chiamato Viola Giuseppe, l’ho adornato con nastri rosa, ho chiuso gli occhi e l’ho regalato.
Beh, mi sono detta, vediamo come va.

La mia amica è stata felicissima. Non aveva mai visto niente di simile. Uff!
Lo portò a casa. Arrivata, passa attraverso il controllo doganale. Lì le chiesero di passare la borsa ai raggi X – la grande scatola aveva attirato l’attenzione. ‘Che cos’ha lì dentro?’ chiese severo il doganiere.

Orologi, forse, Breguet, Hublot? Un tourbillon? Come si chiama? Sulla scatola campeggiava orgogliosamente il nome del produttore. ‘Non conosco questi orologi, è qualcosa di nuovo?’
La mia amica si confuse, le venne caldo: ‘No, non sono orologi… è… un apparecchio elettronico’, mormorò a malapena.

Che tipo di apparecchio elettronico in una scatola così? insistette ancora più severo il doganiere. Raccontamelo! Un bollitore? Bigodini, forse, ah-ah?
Apri la scatola!

Così, che scelta aveva – l’ha aperta.
Tutti si animarono. Il doganiere arrossì. Quelli dietro di lei nella fila all’area raggiante allungarono il collo. Eppure il mio Viola Giuseppe fece una bella impressione!
‘Lo dobbiamo controllare’, insistette il doganiere, ‘non si sa mai cosa c’è dentro. Tiralo fuori dalla scatola!’

Ok, rimisero il tutto sul nastro. Sia la scatola che Giuseppe. Lui, con espressione malinconica e solenne, riprese il suo viaggio sul nastro. E all’improvviso – con terrore assoluto della mia amica, Viola Giuseppe, fuori dalla scatola, magari per le vibrazioni del nastro, prese vita e iniziò a vibrare allegramente! E così, vibrando, contorcendosi e girandosi, mostrando tutta la sua bellezza, se ne andò al controllo. ‘Dio, terra, inghiottimi’, pregava tra sé e sé la mia amica.

Si radunò una piccola folla. Un giovane in fila dietro di lei sussurrò ardentemente al suo orecchio: ‘Perché ti serve quello, io sono anche meglio. E sono pure pronto a vibrare.’

In quel momento, un Giuseppe vibrante e lampeggiante tornò nelle mani del doganiere. Sì, aveva anche un lucetta, che sorpresa. Sentì ridacchiare forte dietro di sé. ‘Che cos’è? Spegnilo, finalmente! Prendi le tue cose’, gridò irritato il doganiere.

Alla fine, rossa e sudata, riuscì a uscire dalla folla con la sua scatola mezza aperta senza riuscire a infilare di nuovo dentro il Viola Giuseppe. Col suo naso viola che sporgeva dal coperchio di velluto. Si sentiva molto celebre con quel giovane che le era restato attaccato, pronto a vibrare. Per liberarsene, si scambiarono i numeri di telefono.

‘Posso accompagnarti?’ chiese un altro passeggero dietro di lei. Il mio autista mi sta aspettando… Non ti preoccupare, sistema pure… lui, ti aspetto.
Le avventure di Viola Giuseppe nella città non si conclusero lì.

Mi chiama due giorni dopo e mi dice, con tono di rimprovero, che il tuo Giuseppe non funziona. Come non funziona? mi risentii per il Viola Giuseppe. La prima cosa che mi venne in mente – forse è diventato impotente – magari è stato troppo tempo in negozio senza essere usato, forse per loro è come per le persone – se non serve, si dimentica.

Forse portarlo in un laboratorio? In quale?!
Le consigliai di andare da Salvatore in un’officina, conosco uno che è bravo in tutto – è lì che dovrebbe andare.

Arrivò da Salvatore. Salvatore si emozionò molto. Ero orgogliosa del mio Viola Giuseppe – diffondeva subito gioia e amore per la vita!
Gli occhi di Salvatore brillavano, disse: ‘Lasciamelo per un paio d’ore, sei una ragazza splendida, riparo frigoriferi e aspirapolvere e attacco lampadari – a casa tua tutto a posto con gli apparecchi elettronici? Posso passare, basta che me lo dici.’

Insomma, finché riparavano Giuseppe (si scoprì che serviva un altro adattatore), la mia amica si trovò sommersa da ammiratori e Giuseppe rimase in disparte.

Tutti nel salone di bellezza rimasero pensierosi… Rimasero in silenzio. Il phon riprese a suonare, la lampada per unghie riprese a funzionare – tutti tornarono alle loro cure.
‘Dove hai detto che si trova il negozio?’ chiese sottovoce una delle clienti…

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