Una donna tranquilla parlò forte
Vincenzo Rossi! Ma quanto dobbiamo ancora sopportare?! È la seconda volta questa settimana che allagate il mio appartamento! gridava la vicina di sotto, agitando uno straccio bagnato sotto il naso di Elena Bianchi.
Ho già chiesto scusa! Il termosifone perde, ho chiamato lidraulico! si difendeva il marito, in piedi sulla soglia in mutande e canottiera.
Scuse! E io cosa faccio con il soffitto? Ho appena messo la carta da parati nuova! Ma voi pensate a qualcosa, sì o no?
Elena stava dietro al marito, con le mani strette a pugno. La vicina, signora Lucia Marini, aveva ragione, ma Vincenzo, come al solito, non voleva ascoltare. Il termosifone perdeva da un mese, e lui rimandava sempre.
Ma smettila di urlare come una pescivendola! sbottò Vincenzo. Lo aggiusto, te lho detto!
Quando? Quando lappartamento sarà sottacqua? Lucia era furiosa, i capelli grigi scomposti, le guance rosse.
Elena si avvicinò al marito, gli sfiorò una spalla.
Enzo, domani mattina chiamo un idraulico bravo. Ho il numero di uno.
Lascia stare! Me ne occupo io! la respinse, senza nemmeno girarsi.
Lucia guardò Elena con pena. Si conoscevano da otto anni, da quando i Bianchi si erano trasferiti in quel palazzo, ma in tutto quel tempo la vicina non aveva mai sentito Elena alzare la voce. Sempre silenziosa, sempre remissiva, sempre pronta a scusarsi per il marito.
Va bene, Elena, so che non è colpa tua. Ma risolvete, per favore! Lucia si voltò e se ne andò.
Vincenzo sbatté la porta e andò in cucina, dove sul fornello cera una pentola di pasta al pomodoro. Elena lo seguì, come sempre, senza parlare.
Perché quella faccia? borbottò lui, sedendosi. Versami da mangiare.
Elena prese il mestolo, ma le mani le tremavano. Qualche goccia di sugo cadde sulla tovaglia, stirata quella mattina.
Accidenti! brontolò Vincenzo. Non sai nemmeno servire a tavola!
Scusa, sussurrò lei, asciugando in fretta la macchia.
A pranzo, lui parlava del lavoro, si lamentava del capo, dei colleghi, di tutti. Elena annuiva, ogni tanto diceva: «Sì, certo» o «Hai ragione». Così da ventitré anni di matrimonio.
Dopo pranzo, Vincenzo si sdraiò sul divano a guardare la partita, Elena lavò i piatti. Dalla finestra vide Lucia stendere il bucato in terrazza. La vicina la notò e le fece un cenno. Elena rispose timidamente.
Quella sera, mentre il marito russava davanti alla TV, Elena uscì e scese da Lucia. La vicina aprì in vestaglia, con una tazza di tè in mano.
Elena! Entra, entra! Vuoi un tè?
Grazie, no. Volevo solo vedere il danno.
In bagno, la situazione era brutta. Una macchia gialla sul soffitto, e la carta da parati che si staccava.
Che disastro! esclamò Elena. Lucia, scusaci! Domani chiamo lidraulico, pago io!
No, Elena, non è questione di soldi. Sono stanca di sopportare. Tuo marito è sempre così… Incapace di assumersi le responsabilità.
Elena abbassò lo sguardo. Lucia aveva ragione, ma ammetterlo ad alta voce era difficile.
È stanco dal lavoro, è nervoso, si giustificò.
Elena, ma tu come stai? chiese improvvisa Lucia. Ti conosco da anni, e non ti ho mai vista sorridere. Sei sempre così triste.
Io sto bene. Che dici…
Avete figli?
No. Non è mai successo.
Li volevi?
Elena esitò, poi annuì.
Li volevo. Ma Enzo diceva che era troppo presto, poi che non avevamo soldi, poi che non era pronto. E ora è tardi.
Lucia posò la tazza, le si avvicinò.
E tu cosa vuoi? Non Vincenzo, tu.
Non lo so, rispose Elena. Non ricordo più cosa voglio. Ho sempre pensato a cosa serviva a lui…
Elena, sei una donna bellissima. E non sei vecchia, quarantacinque anni non sono niente! Perché ti sminuisci così?
Elena si guardò allo specchio. Il viso ancora fresco, gli occhi vivi, la figura slanciata. Ma lespressione… spenta.
Non mi sminuisco. È solo che… non so parlare forte. Mia madre diceva che una brava moglie obbedisce.
Tua madre era felice?
Elena ci pensò. La mamma, sempre silenziosa, sempre allombra di papà. Lui comandava, lei annuiva. Ma felice? Non ricordava.
No, ammise piano.
Ecco. E tu ripeti la sua vita.
Quando Elena tornò a casa, Vincenzo russava sul divano. Puzzava di vino aveva bevuto dopo che lei era uscita. In cucina, piatti sporchi e briciole ovunque.
Cominciò a pulire, poi si fermò. Guardò il marito, il caos che aveva fatto in mezzora. Qualcosa dentro di lei si spezzò, come una corda tesa.
La mattina dopo, Vincenzo si svegliò di malumore.
Dovè la colazione? borbottò.
Fattela tu, disse Elena, senza alzare lo sguardo dal caffè.
Cosa?
Fatti la colazione da solo. Non sono la tua domestica.
Vincenzo sgranò gli occhi. In ventitré anni, lei non aveva mai rifiutato di preparargli la colazione.
Ma sei impazzita? Hai la febbre?
No. Sono stanca di fare la sguattera.
Ma ti rendi conto? diventò rosso. Chi ti mantiene, chi ti veste, chi ti dà un tetto?
Lavoro in ufficio, ho il mio stip