Una Famiglia del Cuore

**Una Famiglia del Cuore**

Il divorzio aveva schiacciato Beatrice come un macigno. Aveva adorato suo marito e non si aspettava quel pugnale alle spalle. Ma lui laveva traditacon la sua migliore amica. In un giorno, aveva perso due persone a cui aveva aperto il cuore. La sua fiducia negli uomini era crollata. Prima, quando sentiva dire che «tutti gli uomini tradiscono», scrollava le spalle: «Il mio Luca non è così». Ora, il tradimento laveva consumata dentro, e aveva giurato di non aprire più lanima a nessuno.

Beatrice cresceva da sola sua figlia, Ginevra. Il suo ex versava regolarmente gli alimenti e la vedeva di tanto in tanto, ma senza alcun vero interesse. Beatrice aveva accettato il suo destino: una solitudine senza fine. Ci trovava persino unamara soddisfazionela vita senza un uomo le sembrava più semplice. Ma il destino ama scombussolare i piani.

Durante il compleanno di una collega in un piccolo bar a Firenze, Beatrice incontrò Matteoil fratello della festeggiata. Anche lui aveva vissuto un divorzio e, con sua sorpresa, suo figlio, Dario, viveva con lui e non con la madre. Matteo le spiegò: il ragazzo aveva scelto il padre, mentre lex moglie, presa da una nuova storia, non aveva protestato. Un adolescente le sarebbe solo stato dintralcio.

Quella serata aveva risvegliato in Beatrice un calore dimenticato. Come una ragazzina, sentì le farfalle nello stomacounemozione che non provava da anni. Matteo, dal canto suo, non rimase indifferente. Entrambi, segnati dai loro divorzi, temevano nuovi sentimenti, ma una scintilla era scoccata tra loro, impossibile da ignorare.

Matteo ottenne il numero di Beatrice dalla sorella e, facendosi coraggio, la chiamò. Evitando la parola «appuntamento»troppo ridicola alla loro etàle propose semplicemente di vedersi per una chiacchierata. Scelsero un accogliente bistrot e parlarono fino allora di chiusura, senza accorgersi del tempo passare. Seguì un altro incontro, poi un altro ancora

Un giorno, Ginevra andò dal padre, e Beatrice invitò Matteo a casa sua. Dopo quella notte, capirono che non volevano più separarsi. Il loro amore, tenero e maturo, sembrava una salvezza rispetto al passato. Ma cera un ostacolo: i loro figli.

Entrambi avevano adolescenti. Dario, il figlio di Matteo, aveva un anno più di Ginevra. Caratteri, passioni, amici diversi. Allinizio, Beatrice e Matteo si vedevano da soli, a volte con i ragazzi, ma notavano con amarezza che Ginevra e Dario non erano solo indifferentinascondevano a malapena lantipatia.

Dopo un anno e mezzo, Matteo cedette. Chiese Beatrice in moglie. Lamava così tanto da sentirsi di nuovo un ragazzino, ma voleva una vera famiglia, non come quella del primo matrimonio. Gli incontri clandestini non gli bastavano più. Beatrice, stupita, accettò. Anche lei sognava di addormentarsi accanto alluomo che amava, di preparare la colazione insieme, di guardare film la sera.

Parlarono di tutto. Vivere nei loro piccoli appartamenti milanesi era impossibiledue adolescenti di sesso opposto avevano bisogno di camere separate. Vendendo i loro beni e aggiungendo i risparmi di Matteo, comprarono una casa spaziosa in periferia. Restava il più difficile: dirlo ai ragazzi.

Decisero di parlarne separatamente. «Non voglio vivere con Matteo e suo figlio!» protestò Ginevra. «Continuate a vedervi come prima! A che serve questo matrimonio e questa casa?» Beatrice capiva sua figlia, il cuore le si stringeva di pietà. Per colpa sua, Ginevra avrebbe dovuto abituarsi a degli estranei. Ma Beatrice sapeva che tra qualche anno sua figlia se ne sarebbe andata, e poi? Il vuoto? Intorno a lei, tante madri si erano sacrificate per i figli per poi chiedere la stessa cosa in cambio. Beatrice rifiutava quel destino. Con voce ferma ma dolce, rispose: «La decisione è presa. Ma ti ascolterò sempre, e tu rimarrai la mia priorità».

Ginevra fece il broncio, ma non insistette. Suo padre, da poco risposato, la chiamava sempre meno, e lei si sentiva abbandonata. Dopo una lunga conversazione, accettò a malincuore, consolandosi col fatto che sua madre non lavrebbe mai tradita.

Con Dario, la discussione fu altrettanto dura. «Perché dovrei vivere con questa ragazza e sua madre?» borbottò. «Perché amo Beatrice» rispose con calma Matteo. «Allora vado da mamma!» sbottò il figlio. «Come vuoi» replicò Matteo. «Ma mi dispiacerebbe se scappassi quando le cose si fanno difficili. E poi, lì saresti stretto nel suo monolocale, mentre qui abbiamo una casa. Pensavo di montare una porta da calcio per giocare con te». Alla fine, Dario cedette. «Ma non contare che la consideri mia sorella». «Chiedo solo rispetto» concluse Matteo.

Ginevra dichiarò che non le importava nulla di Dario e che non gli avrebbe più rivolto la parola. Il matrimonio fu semplice, in famiglia. Al ristorante, i ragazzi fecero capire con le loro espressioni imbronciate quanto disprezzassero lidea.

Una settimana dopo, la famiglia si trasferì. Le camere furono decorate secondo i loro gustiopposti come i loro caratteri. Ginevra, mattiniera, si svegliava allalba e gironzolava per casa mentre tutti dormivano. Dario, nottambulo, passava le notti al computer e dormiva fino a mezzogiorno nei weekend. Ginevra odiava il pesce, Dario lo mangiava tre volte al giorno. Lei adorava la J-pop e i manga, lui ascoltava punk e guardava film dazione. Niente in comune. I loro scambi finivano sempre in litigio.

Ma, senza volerlo, Ginevra si affezionò a Matteo. Suo padre era quasi sparito, e le mancava una figura maschile. Matteo, anche se severo, la trattava come una figlia, a volte persino più coccolata di Dario. «È una ragazza» diceva. Dario, invece, si avvicinò a Beatrice. Sua madre si era sempre occupata poco di lui, e ora che aveva una nuova storia, lo aveva dimenticato. Beatrice sapeva ascoltare senza giudicare, e Dario iniziò a confidarle i suoi segreti.

Beatrice e Matteo speravano che i ragazzi si avvicinassero, ma dopo sei mesi nulla era cambiato. Tornavano a casa separati, frequentavano gruppi diversi a scuola, passavano le serate chiusi in camera. I genitori si rassegnarono: non chiedevano amicizia, solo rispetto.

Poi tutto cambiò un pomeriggio. Un ragazzo insistente si era fissato con Ginevraun tipo di unaltra classe. Lei non lo amava, e il suo comportamento era inquietante. Messaggi assillanti, biglietti nel suo armadietto, inviti continui. Gli aveva chiesto chiaramente di lasciarla in pace, ma senza risultato.

Un giorno, dopo lezione di teatro, Ginevra si attardò a scuola. Uscendo, incontrò il suo spasimante. «Vieni a fare un giro» disse, bloccandole il passo. «Possiamo andare al bar?» «Lasciami stare! Non uscirò mai con te!» sbottò Ginevra. «Non ti piaccio?» fece lui, offeso. «No! E mi dai fastidio!» Lui le afferrò il braccio: «Vieni, decido io!» Lei cercò di liberarsi, ma lui era più forte.

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