Una giovane donna con una casa sogna di sposarsi…

Una giovane donna con un appartamento sogna di sposarsi…

“Beh, eccone un’altra che si è sistemata. Un’altra persona felice. Auguro loro di arrivare alle nozze d’oro!” disse Ginetta Romano, la capa della contabilità, la più anziana e autorevole dell’ufficio, alzando la coppa di prosecco.

“Ma perché solo d’oro? Che arrivino alle nozze di diamante!” aggiunse vivace la sveglia Tiziana.

“Non è detto che sia felice appena sposata,” sospirò triste zia Pina, la donna delle pulizie, sulla porta. “Oggi sposi e domani alcolizzato. Ohi, ragazze, perché non vi accontentate di stare da sole?”

“Zia Pina, ma vada a…” la interruppe Tiziana, infastidita. “Se lei ha avuto sfortuna con gli uomini, non significa che tutte debbano rinunciare al matrimonio! La nostra Simoncina ha trovato un gran bell’uomo: affascinante, con la macchina e con un futuro. Non ascoltare nessuna, Simo, sii felice!” Tiziana fece un brindisi con la coppa.

Simonetta era appena tornata da una settimana di ferie prese per il matrimonio. Aveva portato cioccolatini e prosecco per festeggiare con le colleghe. Sorrideva e brillava come una stella, ma era un po’ nervosa. Certo, aveva avvertito il marito che si sarebbe trattenuta un’oretta in ufficio per il brindisi, ma ormai erano passate tre ore, il prosecco era finito e ne avevano comprato dell’altro. A giudicare dall’aria, nessuna aveva intenzione di tornare a casa. Il marito le mandava messaggi, chiedendo quando sarebbe tornata, che le mancava e che poteva persino venire a cercarla.

“Dai, ragazze, continuate pure. Domani pulisco io,” disse zia Pina.

“Vada pure a casa, non si preoccupi, sistemiamo noi,” promise Ginetta. “Beviamone ancora uno e poi basta. Manca solo Michelina da sposare e abbiamo fatto tombola!”

“Davvero, Michela, perché sei ancora single? Sei carina, hai un appartamento… Nessuno ti piace o aspetti il principe azzurro?” intervenne Tiziana, ormai alticcia.

“Ma che c’entra l’appartamento?” domandò Michela.

“Come, che c’entra? Quanti anni hai? Alla tua età io avevo già due figli, e Luca andava a scuola! Tra me e mio marito non è sempre stato rose e fiori, siamo stati vicini al divorzio due volte. Ma io gli ho detto: li hai fatti, ora li cresci, e poi fai quello che vuoi. Adesso sta qui!” Tiziana mostrò il pugno chiuso.

“La gente si sposa per amore o perché è rimasta incinta. L’amore passa, arrivano i giorni grigi. Figurati i figli! La mancanza di sonno fa accumulare rabbia, iniziano le liti e poi chissà. E il divorcio arriva in un attimo.”

“Se l’uomo è perbene, lascerà la casa alla moglie e ai figli, mentre lui andrà in affitto o in una stanza. Ma non dura. Gli amici sono tutti sposati, non ha dove andare. Allora inizia a guardare in giro: c’è qualche donna single, senza figli? Perché se è scappato dai suoi, mica vuole crescere quelli degli altri. Ed eccoti lì: giovane, con il tuo appartamento, un vero tesoro. Mi stupisco che tu sia ancora sola!”

“Che strana logica,” rispose offesa Michela. “Quindi vado bene solo per divorziati e senza tetto? Secondo te a trent’anni non troverò mai un uomo senza un passato?”

“Non ascoltarla, Michela, è ubriaca e dice cose senza senso. Gli uomini oggi non hanno fretta di sistemarsi, vogliono fare carriera. Però, è vero, hai aspettato un po’ troppo,” sospirò Ginetta. “Non preoccuparti, ti sistemiamo noi.”

“Vedi? Gli uomini di successo sono esigenti, cercano più giovani e più belle. I divorziati invece sono meno schizzinosi. Per loro basta che la donna sia una brava persona… e abbia un tetto sopra la testa.”

“I destini sono diversi. C’è chi si sposa presto, chi tardi. Una mia amica ha un figlio: trentasei anni, mai sposato, intelligente, con un buon lavoro, ma con le donne… sfortunato,” disse Ginetta.

“Perché? Malato o alcolizzato? O magari è…” Tiziana intercettò lo sguardo severo di Ginetta e tacque.

“Tiziana, basta! Hai una lingua lunga un metro. Pensa, Michela, è un bravo ragazzo. Volevo presentarveli da tempo.”

“Ma perché avete tirato fuori questo discorso? Non credo nei matrimoni combinati! Me la caverò da sola.”

“E dove? In ufficio siamo tutte donne, non esci la sera… Se non vi piacete, pace, nessuno vi obbliga. E poi lui ha già casa sua… perché non provare? Potrebbe piacerti!” insistette Ginetta. “Basta ragazze, è tardi, i mariti ci aspettano!”

Le colleghe sistemarono tutto in fretta e se ne andarono.

“Non dire di no subito,” le disse Ginetta alla fermata dell’autobus. “Sabato è il compleanno di mio marito. Ho invitato un’amica e suo figlio. Vieni anche tu. Datevi un’occhiata, magari scatta qualcosa.”

Nei due giorni che la separavano dal sabato, Michela fu combattuta. L’idea iniziale non le piaceva, ma comunque scelse l’abito e si rifò le unghie.

“Quante volte ho promesso di mettermi a dieta? In due giorni non dimagrisco,” si guardò allo specchio. “Chi mi vorrà se non mi piaccio nemmeno io? Che stupidaggine. Non ci andrò proprio!”

Sabato mattina si lavò i capelli, si mise il vestito migliore e si truccò. E il regalo? Non poteva arrivare a mani vuote! Chiamò Ginetta, che le disse di non pensarci troppo: un vino andava benissimo.

Michela andò al supermercato. Mentre stava per mettere i prodotti sul nastro, un uomo le passò avanti con una bottiglia identica alla sua.

“Scusi, ma ero prima io!” protestò.

“Mi perdoni, ho fretta. Io ho solo questo, lei ha la spesa intera,” rispose lui.

“Ha così tanta voglia di bere? Che maleducato!” si infiammò Michela, notando che la cassiera aveva già scansionato la sua bottiglia.

“Signorina, ho chiesto scusa. Non c’è bisogno di urlare.”

La cassiera la fissò con disprezzo.

L’umore di Michela era rovinato. Per chi aveva speso i soldi? Per uno come quell’egoista? A casa, infilò la vestaglia e si mise davanti alla tv.

Poco dopo, Ginetta la chiamò, poi bussò alla porta.

“Lo sapevo! Presto, il taxi ti aspetta giù. Niente scuse!”

Michela dovette cedere. “Tanto con questa giornata non piacerò a nessuno.”

In casa di Ginetta, mentre tutti brindavano, Michela si ritrovò accanto a Valerio… lo stesso uomo del supermercato.

“Ci risiamo,” borbottò.

Ginetta cercò di salvare la situazione, ma Michela, umiliata, scappò via. Fuori, Valerio fumava.

“Mi aspetta per insultarmi?”

“Macché, sono nervoso.”

Michela se ne andò, ma durante il tragitto si chiese se, in altre circostanze, quell’uomo le sarebbe piaciuto. Affascinante, sicuro di sé… proprio come lo immaginava. Perché aveva reagito così?

Il giorno dopo si svegliò tardi, piena di rimorsiMa mentre si rimproverava ancora per il suo comportamento, il campanello suonò di nuovo, e stavolta fu Valerio a portarle un caffè e un sorriso, e in quel momento Michela capì che forse la felicità non era poi così lontana.

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