„Una luce d’addio: Storia di un ultimo gesto di bontà”

«A cosa ti serve una casa, se nemmeno vedrai l’estate…» — queste furono le ultime parole di Marco quando lasciò Anna, abbandonandola nell’ombra della sua malattia. Ora, sei mesi dopo, era di nuovo davanti alla sua porta, e lei, nascosta dietro il chiavistello, con profonde occhiaie, non trovava la forza di aprire.

La malattia, che un tempo sembrava essersi ritirata, era tornata con ostinata vendetta — e stavolta non aveva intenzione di andarsene.

Ricordava il medico che l’aveva guardata negli occhi e le aveva detto: «Le resta al massimo un mese.» Nessuna lacrima, nessun panico — solo vuoto e silenzio, con cui vagava per le strade di una città dove la vita continuava imperturbabile.

Ed eccolo di nuovo — Marco, l’ex marito — alla sua porta. Ieri era un peso per lui, oggi soltanto un passo verso l’eredità. Sicuro di sé, impregnato di profumo costoso, disse:

— Firma il passaggio dell’appartamento a me. Tanto non ti servirà più…

Anna lo guardò con occhi vuoti. Sembrava non avere più forze per opporsi. Ma la mattina seguente, nell’ufficio del notaio, incontrò un’anziana donna di nome Lucia. Suo nipote — un bambino gravemente malato — aveva bisogno di un miracolo, o almeno di una casa da vendere per pagare le cure.

E Anna fece la sua scelta. Definitiva. E sincera.

Firmò i documenti non per Marco, ma per Lucia. La sua casa sarebbe diventata una speranza di vita — non per lei, ma per il piccolo Michele.

Marco urlava, imprecava, agitava i pugni nell’aria. Ma Anna taceva.

All’alba, sotto i teneri raggi del sole primaverile, il suo cuore si fermò silenziosamente. E nella sua mano c’era quella calda e tremante di Lucia.

— Accogli quest’anima pura nel Tuo Regno, Signore… — sussurrò Lucia tra le lacrime.

E nel corridoio, dove il giorno prima risuonavano rabbia e avidità, ora si udiva solo il pianto sommesso di un bambino — e una gratitudine, quasi angelica nella sua purezza.

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