UNA LUNA CHE NASCONDE UN TESORO: IL SACCO DI FARINA CHE SALVÒ LE LORO VITE

La fame ci stringeva la gola, ma lui, ogni notte, sotto la luna, nascondeva un sacco di farina che ci salvò la vita.

Mi chiamo Lucia Lombardi, e mio padre, Don Tommaso, era un uomo di poche parole, ma con una forza incrollabile. Nacqui nei duri anni ’40, quando il dopoguerra pesava come un cappio invisibile su ogni famiglia. La miseria si sentiva nell’aria, e la fame era un’ombra che si aggirava dietro le nostre porte. Eravamo tanti fratelli, e mia madre, stremata, faceva miracoli con quel poco che avevamo per mettere qualcosa in tavola. Mio padre, un bracciante, lavorava dall’alba al tramonto, ma spesso il compenso era misero, o addirittura inesistente.

Ricordo le notti di silenzio, quando lo stomaco brontolava e il sonno fuggiva. Mia madre, con lo sguardo perso nel vuoto, cercava di nascondere la disperazione. Mio padre, invece, si alzava a mezzanotte. Pensavamo andasse in bagno, o forse a bere un bicchiere d’acqua. Non glielo chiedemmo mai: eravamo troppo piccoli per capire la gravità della situazione, o per sospettare il suo segreto.

Anni dopo, quando la vita cominciò a concederci una tregua e la tavola si riempì un po’ di più, mia madre ci rivelò la verità. Negli anni peggiori della fame, quando il pane era un lusso irraggiungibile, mio padre si era dedicato a un compito clandestino. Ogni notte, dopo la giornata sfiancante, percorreva chilometri fino a un mulino abbandonato, dove, protetto dall’oscurità e dalla luna, riusciva a procurarsi—chissà come—un piccolo sacco di farina. La nascondeva in un posto segreto nell’orto, e pian piano, con quella farina “in più”, mia madre preparava pane o polente che ci davano la forza per sopravvivere un altro giorno.

Lui non disse mai nulla. Nessuna lamentele, nessuna parola sul pericolo che correva, o sulla stanchezza che lo consumava. Le sue mani, screpolate e robuste, erano le uniche testimoni del suo sacrificio silenzioso. Non ci fece discorsi sulla speranza—ce la cucinò ogni giorno, in quel pane impastato di nascosto. Non era farina rubata, era farina della sua stessa disperazione, trasformata in amore.

Mio padre ci salvò dalla fame, non con gesti eclatanti, ma con un atto d’amore puro, ripetuto notte dopo notte, nel più assoluto silenzio. Oggi, ogni volta che vedo un campo di grano, ricordo le mani di mio padre che seminavano, non solo chicchi, ma la speranza nel cuore dei suoi figli.

“L’amore più grande non si urla mai. A volte si impasta in silenzio e si serve all’alba.”

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