**L’Incendio della Speranza**
L’odore acre di bruciato invase la stanza senza preavviso, come un ladro che non bussa ma irrompe nella notte.
Giacomo si sollevò di scatto dal letto, il cuore che batteva così forte da sembrare sul punto di esplodere. La notte, fuori, era insolitamente chiara: un bagliore tremulo e angosciante illuminava la stanza, proiettando ombre lunghe sulle pareti.
Corse alla finestra e rimase paralizzato. Era tutto in fiamme. Non un semplice incendio, ma un fuoco vorace, rabbioso, che divora ogni cosa. La stalla, gli attrezzi, i suoi sogni, i ricordi… tutto stava venendo inghiottito dalle lingue di fuoco.
Il suo cuore si fermò un attimo, poi riprese a battere in gola. Capì all’istante: non era un incidente. Era stato appiccato. E quel pensiero fece più male delle fiamme stesse. Il suo primo istinto fu primitivo, animalesco: tornare a letto, chiudere gli occhi e lasciare che tutto bruciasse. Tanto, ormai era finito.
Ma in quel momento, udì un muggito lungo e straziante delle mucche. Le sue bestie, quelle che lo nutrivano, che gli davano la forza per andare avanti, erano rinchiuse lì dentro. La disperazione si trasformò in rabbia. Giacomo uscì di corsa dalla casa, afferrò un’ascia lungo il percorso e si lanciò verso la stalla. La porta di legno era già avvolta dalle fiamme, sprigionando un calore che gli ustionava il viso.
Con pochi colpi secchi, il chiavistello cedette. Le porte si spalancarono, liberando la mandria terrorizzata. Le mucche, muggendo e spingendosi l’una con l’altra, corsero verso l’angolo più lontano del recinto, fuggendo dall’inferno.
Quando furono al sicuro, le forze abbandonarono Giacomo. Si lasciò cadere sulla terra umida e fredda, osservando il fuoco divorare dieci anni della sua vita. Dieci anni di fatica, dolore e speranza. Era arrivato lì solo, senza un soldo, con solo una cieca fiducia in se stesso. Aveva lavorato fino allo sfinimento, col sudore della fronte. Ma gli ultimi anni erano stati una maledizione: siccità, malattie del bestiame, conflitti con il paese.
E ora… il colpo finale. Un incendio doloso.
Mentre Giacomo rimaneva lì, immerso nei suoi pensieri amari, vide movimento tra il fumo e le fiamme. Due figure, come ombre, si muovevano con sorprendente coordinazione. Una donna e un ragazzo. Trasportavano secchi d’acqua, buttavano sabbia, soffocavano le fiamme con coperte vecchie. Come se sapessero esattamente cosa fare.
Giacomo li osservò per un po’, stupito, poi si riprese e corse ad aiutarli. Senza parole, disperati, i tre combatterono il fuoco finché l’ultima fiamma non fu spenta. Caddero a terra esausti, ustionati, ma vivi.
«Grazie» ansimò Giacomo, cercando di riprendere fiato.
«Non c’è di che» rispose la donna. «Mi chiamo Lucia. E questo è mio figlio, Matteo.»
Si sedettero accanto ai resti carbonizzati della stalla, mentre l’alba dipingeva il cielo di toni tenui, quasi beffardi.
«Lei… non avrebbe bisogno di una mano?» chiese all’improvviso Lucia.
Giacomo rise amaramente.
«Lavoro? Adesso ce n’è per anni… ma non ho i soldi per pagare. Pensavo di andarmene. Vendere tutto. Andare via.»
Si alzò e camminò per il cortile, pensieroso. Un’idea folle gli attraversò la mente, nata dalla stanchezza, dalla disperazione e da una strana speranza.
«Sa cosa? Rimanete voi. Badate alla fattoria per un paio di settimane. Le mucche, quello che è rimasto. Io andrò in città. Proverò a vendere tutto. È improbabile, ma devo andare. Almeno per un po’.»
Lucia lo guardò, e nei suoi occhi c’era paura, sorpresa e una timida speranza.
«Noi… siamo scappati» confessò a bassa voce. «Da mio marito. Ci picchiava. Non abbiamo nulla. Né soldi, né documenti.»
Matteo, che fino a quel momento era rimasto in silenzio, borbottò:
«È vero quello che dice.»
Qualcosa si ruppe dentro Giacomo. Vide in loro un riflesso di se stesso: persone che la vita aveva trascinato nel fango, ma che ancora cercavano di rialzarsi.
«Va bene» disse con un gesto. «Vedremo.»
Rapidamente, mostrò loro dove si trovava tutto, come usare gli attrezzi, dove era conservato il foraggio. Poco prima di partire, già seduto in macchina, abbassò il finestrino:
«State attenti alla gente del paese. Sono cattivi. Sono stati loro. Di sicuro. Rompono sempre qualcosa. E ora… questo.»
E se ne andò, lasciando dietro di sé le macerie fumanti e due sconosciuti ai quali aveva affidato quel poco che gli rimaneva della vita.
Appena la macchina si perse dietro la curva, Lucia e Matteo si scambiarono un’occhiata. Nei loro occhi non c’era paura né confusione, solo determinazione. Era la loro occasione. L’unica.
Si misero subito al lavoro. Prima calmarono e abbeverarono le mucche, poi le mungerono e filtrarono il latte. Ripulirono le macerie e sistemarono la parte della fattoria ancora in piedi. Lavoravano senza sosta, senza lamentele, con l’energia feroce di chi sa che non ha un posto dove andare se fallisce.
Passarono alcuni giorni. La fattoria cominciò a trasformarsi sotto i loro occhi. Il cortile divenne ordinato, gli attrezzi furono riparati e le mucche, ben curate, producevano più latte. Da un vecchio frigorifero che prima era più un mobile che un elettrodomestico, ora spuntavano vasetti di panna acida, ricotta e forme di formaggio fatto in casa.
Un giorno, mentre puliva la casa, Lucia trovò una cartella con i documenti di Giacomo. Tra fatture e ricevute c’erano certificati veterinari dei prodotti.
Le venne un’idea. Prese un vecchio quaderno e cominciò a chiamare caffè e negozi locali, offrendo prodotti caseari naturali. La maggior parte rifiutava, ma un giorno ebbe fortuna.
«Pronto? È la caffetteria “Dolce Vita”?» chiese al telefono.
«Sì, mi dica.»
Dopo una breve conversazione, la proprietaria del caffè, signora Elisa, accettò di passare. Il giorno dopo, una macchina elegante si fermò davanti al cancello. Una donna sofisticata di mezza età osservò il cortile con diffidenza, ma dopo il primo assaggio di formaggio, il suo volto si illuminò di entusiasmo.
«Mia cara, questa è una meraviglia! Un sapore autentico! Lo prendo tutto! E continuerò a ordinare!»
Così ebbero il loro primo cliente. E il primo passo verso una nuova vita.
Nel frattempo, Matteo fece amicizia con una ragazza del posto, Giulia. Un giorno, passeggiando lungo il fiume, si lamentò degli abitanti del paese.
«Cosa, non lo sapevi?» si stupì Giulia. «Lo zio Giacomo è burbero, sì, ma nessuno gli vuole male. Tre anni fa, quando le sue mucche si ammalarono, mezzo paese ebbe lo stesso problema. Alcuni uomini volevano persino aiutarlo, dargli consigli, ma lui li cacciò con un fucile. Da allora, nessuno si avvicinò più.»
Quelle parole rimasero impresse nella mente di LuciaE quando Giacomo tornò, vide non solo la fattoria rinata, ma una famiglia che lo aspettava, pronta a costruire insieme un futuro che nessun incendio avrebbe mai potuto distruggere.