La frenesia mattutina vicino a Via Monte Napoleone aveva un ritmo proprio: tacchi che rimbombavano sul selciato, clacson a palla nel traffico sopra, lo stridio lontano della metrò che tagliava l’aria autunnale. Sofia si muoveva come un fantasma nella sua tuta blu sbiadita da custode, con una mano stretta attorno a un bicchiere di carta fumante. Incinta di sette mesi, stremata e appena in piedi, ma si presentava comunque. Ci provava ancora.
Passò sotto il sudicio sottopasso come sempre, scansando venditori ambulanti, carretti di fiori e i pochi effetti personali dei senzatetto. La maggior parte abbassava lo sguardo. Sofia no. Non poteva. Non dopo tutto ciò che aveva superato.
Fu allora che lo rivide.
Accasciato contro il muro di cemento, seminascosto tra le ombre, c’era l’uomo che aveva visto diverse volte: capelli ricci arruffati sulla fronte, una stampella in grembo e un berretto da calcio logoro al rovescio per le monete. Ma c’era qualcosa in lui che non quadrava con gli altri. Non gridava. Non chiedeva. Rimaneva semplicemente lì… a osservare.
Sofia esitò un istante e si avvicinò. Tirò fuori dal tascone del cappotto una banconota stropicciata da cinque euro – la mancia del giorno prima – e gliela offrì.
“Prenditi qualcosa di caldo, va?” disse dolcemente. “Non è molto.”
L’uomo non la prese. Non subito.
Invece, guardò la sua pancia.
“Sei sempre così generosa?” chiese a voce bassa e secca.
Sofia scrollò le spalle. “Credo di aver vissuto da entrambe le parti della strada.”
Lui sorrise, appena, e prese la banconota.
Ma quando le sue dita sfiorarono le sue, qualcosa di strano brillò nei suoi occhi. Un cambiamento. Come riconoscimento. O senso di colpa.
“Ehi,” disse all’improvviso, guardandosi attorno. “Passerai di qui domani?”
Sofia batté le palpebre. “Sì. Passo sempre.”
Lui si sporse in avanti di pochi centimetri. “Forse no. Domani no. Non di qui.”
Le mancò il fiato.
“Perché?” chiese con voce appena un sussurro.
Ma lui si stava già voltando, sollevandosi il cappuccio e sprofondando di nuovo nell’ombra.
Sofia rimase lì, incerta. La città ronzava attorno a lei come se nulla fosse accaduto, come se nessuno le avesse appena sussurrato un avvertimento nella sua mattinata normale.
Era una minaccia? Una trappola?
O qualcosa di completamente diverso?
Più tardi, quella sera, di nuovo nel suo monolocale in Quartiere Stadera, rivisse quell’attimo ancora e ancora. I suoi occhi. L’urgenza nella voce. Quella strana esitazione, come se stesse per dire altro e poi non l’avesse fatto. Si rannicchiò sul suo materasso infossato, una mano sulla pancia e l’altra che stringeva il telefono. Per poco non chiamò qualcuno. Ma chi? Non aveva nessuno. Né famiglia. Né amici abbastanza intimi da disturbare a mezzanotte.
Solo quell’uomo.
Solo le sue parole.
“Forse non passare di qui domani.”
Non lo sapeva ancora, ma quello che intendeva dire… avrebbe cambiato tutto!
Una madre in attesa aiuta un senzatetto con 5 euro!






