**La Mamma di Paolino**
“Paolino, vieni a mangiare,” disse dolcemente la tata Maria.
“No,” rispose, fissando la finestra, “no.”
“Paoluccio, vieni.”
“Nooo!” urlò, battendo i piedini magri nelle calze marroni, “nooo, voglio la mamma!”
“La mamma arriverà più tardi, vieni.”
“Che succede qui? Maria Teresa, che combinate? Su, subito a tavola!”
La donna cattiva afferrò Paolino per il colletto della camicia e lo trascinò al tavolo. Gli infilò in bocca pasta fredda e grigia mentre lui urlava e si divincolava.
“Mangia, brutto moccioso, mangia!” sbottò.
Gli altri bambini cominciarono a picchiettare i cucchiai nelle scodelle di alluminio.
“Perché così crudele, Elena? Sono solo bambini,” sussurrò la tata Maria, con le lacrime agli occhi.
“Bambini?!” sputò la donna. “Futuri criminali, come le loro madri! Ladre, assassine!”
“AAAAH!” strillò Paolino, cadendo a terra, rosso in viso, “Voglio la mammaaa! AAAH!”
“Zitto, piccolo demonio.”
“Che schiamazzi è questo?” chiese un’altra donna arcigna. Persino Paolino smise di urlare.
“Quello lì non vuole mangiare.”
“Di chi è?”
“Della Rossetti.”
“Ah, di quella pazza. Portatelo fuori, è arrivata la madre.”
Paolino lanciò un gridolino e si lanciò verso le ginocchia magre e affilate della mamma.
“Mamma, mamma…”
La mamma si sedette per terra, baciando il corpicino di Paolino, stringendolo tra le sue braccia sottili come rami. Sussurrava parole che solo loro due potevano capire.
“Non posso guardare, non posso,” singhiozzava la vecchia tata, nonna Lucia, che aveva visto abbastanza dolore per dieci romanzi. “Come lo ama, e lei? Pazza sì, ma le altre madri dovrebbero imparare da questa ragazzina. È appena uscita dalla terra e lo ama così tanto che trema.”
“Pff, ciò che ama è il trattamento di favore! Presto gli portano via questo, e ne porterà un altro, lo so io…”
“Sei proprio cattiva, Elena.”
“E perché, zia Lucia? Trovato il pollo da spennare, e avrà ancora i suoi privilegi!”
“Sei una donna, Elena, come puoi dire così?”
“Be’, lei non ha figli, non può capire,” disse qualcuno del personale.
“E allora? Maria non ha nessuno, eppure non si è indurita. Scusami, Mariuccia.”
“Siete tutti buonisti, ma io dico che a loro non importa nulla di chi partorisce o no. Siete degli ipocriti!”
Mentre qui lo ama. Ma quando compirà tre anni, perché non si è preoccupata che lo prendessero i parenti invece dell’orfanotrofio? Perché non le importa davvero.
Maria, finito il turno, rifletteva sulle parole di Elena. Aveva ragione? Era stata crudele, ma forse aveva visto il vero. Si era affezionata a quel bimbo, le piaceva tanto Paolino e sua mamma, quegli occhi grandi, Anna Rossetti, condannata per un reato grave.
Ohimè.
Maria aveva lavorato abbastanza, era quasi tempo di pensione. Aveva messo da parte abbastanza soldi. Tornerebbe alla sua casetta, che aspettava la padrona da tempo. Prima ci viveva sua madre, ma ora… zia Lucia aveva ragione. Era sola al mondo, senza sorelle, fratelli, neanche la mamma.
Non si era indurita, no.
Aveva cresciuto i figli delle detenute per anni, senza affezionarsi mai. Ma Paolino le era entrato nel cuore.
Paolino era alla finestra, aspettava la mamma. Con quel suo cuoricino sentiva che sarebbe arrivata, proprio ora.
“Mamma…”
“Paoluccio.”
Si abbracciarono, piangendo. Che fare con loro?
“Anna,” chiamò Maria. La ragazza si voltò, lo sguardo tagliente, il sorriso svanito. “Anna, dobbiamo parlare.”
Non era abituata a fidarsi di nessuno. Questa gente non si fida.
“Che ci guadagni ad aiutarmi?” chiese, ascoltando attentamente, la testa china.
“Non lo faccio per te. Lo faccio per me. Io sono sola, Anna. Mi sono affezionata a Paolino come fosse un nipote. E tu… saresti potuta essere la mia figlia. No, non fraintendere,” aggiunse in fretta, “non voglio impormi. Voglio solo aiutare. Sarà dura per Paolino, e poi è piccolo, si dimenticherà.”
“Ci penserò,” tagliò corto Anna, andandosene.
Due giorni e due notti ci pensò.
“Che hai, Rossetti? Vuoi scappare? Hanno intenzione di portare il bimbo all’orfanotrofio!”
Anna non rispose alla compagna di cella. La guardò pensierosa e tacque, cosa insolita per lei.
“È ammalata?” bisbigliarono le altre.
“Quella cosa che mi hai detto… era vero? O solo parole al vento?”
“Era vero, Annina.”
Anna trasalì. “Nonna”… la chiamava così da piccola.
“Ma come farete? Voi non siete nessuno per me.”
“Ci aiuteranno, Annina. Proviamo. Se non dovesse funzionare, verrò anch’io all’orfanotrofio, mi farò assumere e starò vicino a lui. Per tutto il tempo che servirà.”
“Perché lo fate? Non ho niente da darvi in cambio.”
“Te l’ho già detto, Annina… Paolino mi ripaga con il suo amore.”
“Va bene, proviamo.”
Né un sorriso, né una parola gentile.
Maria fece di tutto, usò ogni conoscenza, e alla fine… ci riuscì. Paolino era salvo.
“Grazie,” sussurrò Anna con le labbra secche.
“Mamma, vado con la nonna a fare ciuf ciuf, poi vengo da te, prometto.”
Anna asciugò le lacrime, cercando di sorridere al figlio.
E i giorni diventarono ancora più grigi per la ragazza. È questa la vita che voleva? È così che l’aveva immaginata?
Un giorno la chiamarono per un colloquio.
“Rossetti, visita prolungata.”
La prima volta in tre anni. Forse… lui?
“È tua madre, vai.”
“Mia madre? No, non ci vado. Dite che sono malata, no, meglio… morta! No!”
“Vai, pazzerella, ti aspettano. O vuoi finire in isolamento?”
Camminava a fatica, la guardiana, una donna robusta, la spinse così forte che cadde nella stanza. E lì…
“Paolino! Paoluccio! Figlio mio…”
Come non aveva capito? Era la tata Maria…
Passarono tre giorni insieme. La sera del terzo giorno, Anna si aprì un po’.
“Vivevo con la nonna, mia madre si era rifatta una vita. Quando la nonna morì, venne a prendermi, vendette la casa, che era mia per testamento, ma io avevo tredici anni, cosa potevo fare? Mi portò con sé.”
“All’inizio era persino divertente. Non mi vietava nulla: se non volevo andare a scuola, bene, se volevo fumare, fumavo… Poi trovò un uomo. All’inizio sembrava normale, ci comprava tutto, ci portava al mare.”
“Poi cominciò a ‘educarmi’. A picchiarmi. Lei e me.”
“A sedici anni conobbi Luca. Lui ne aveva diciotto. Stammo insieme un anno. Poi… poi… quello mi picchiò e…E quella notte, mentre Paolino dormiva sereno tra le braccia della mamma e Maria vegliava su di loro con un sorriso, finalmente capirono che la famiglia non è sangue, ma amore che resiste al tempo.